Tribunale di Sanremo
Sezione penale
Riunito in Camera di Consiglio e composto dai seguenti magistrati:
dott. Eduardo Bracco - presidente estensore
dott.ssa Ilaria Guarriello - giudice
dott. ssa Barbara Merialdo - giudice
in relazione al procedimento penale n. 1030/2001 R. G.
esaminati gli atti e dovendo decidere in ordine al ricorso
presentato dal difensore di XY, avverso il provvedimento del G.I.P. di
questo Tribunale in data 9 novembre 2001, con il quale venne rigettata
istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, osserva quanto
segue.
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La questione che si dibatte è se possa essere ammesso
al patrocinio a spese dello Stato lo straniero non residente in Italia
(nella specie XY).
Il tenore letterale della norma, attesa la sua incerta
formulazione, non offre significativi elementi di valutazione (art. 1,
sesto comma della legge 30 luglio 1990 n. 217, ove leggesi che il gratuito
patrocinio, riconosciuto al cittadino italiano, "è assicurato altresì
allo straniero e all'apolide residente nello Stato". Non è
chiaro se il parametro della "residenza" sia riferito al solo apolide od
anche allo straniero).
Non v'è dubbio che, in linea di principio, lo
straniero fruisca di tutte le garanzie costituzionali in ordine ai diritti
fondamentali, ivi compreso il diritto di difesa; è evidente, tuttavia,
che di ingiustificato disparità di trattamento o di violazione al
principio di ragionevolezza possa parlarsi solo in presenza di situazioni
uguali o assimilabili, regolate dalla legge in modo differente.
E' pacifico che la legge 217/90 sia applicabile allo
straniero residente in Italia, il quale trovasi in una situazione analoga
a quella del cittadino italiano.
Non così per lo straniero non residente, che,
a parere del Collegio e per le ragioni che seguono, non potrà essere
ammesso al patrocinio a spese dello Stato.
1) Lo straniero non residente in Italia, se ammesso al
gratuito patrocinio, verrebbe a trovarsi in una ingiustificato posizione
di privilegio, rispetto sia all'apolide che al cittadino italiano. La sua
posizione non sarebbe dissimile a quella dell'apolide non residente nello
Stato, al quale, pacificamente, non è applicabile la legge in questione.
Quanto al cittadino, va rimarcato che lo Stato italiano,
prevedendo per lui il gratuito patrocinio, attiva però dei rigorosi
controlli, volti a verificare l'effettiva sussistenza dei presupposti di
reddito, sanzionando penalmente le falsità o le omissioni riscontrate
nelle autocertificazioni; nel caso dello straniero non residente tali controlli
risulterebbero estremamente limitati, se non inesistenti, posto che il
carattere "non mendace" (v. art. 5 terzo comma della legge) dell'autocertificazione
sarebbe attestato soltanto dall'autorità consolare competente, senza
la garanzia di penetranti ed effettivi accertamenti e, soprattutto, con
esclusione di potestà di controllo dell'autorità italiana.
2) Il presupposto per l'ammissione al patrocinio a spese
dello Stato è correlato ad un limite di reddito, reputandosi "non
abbienti" coloro che non raggiungono la soglia di reddito prefissata; dette
persone, cioè, non sono ritenute in condizioni di potersi pagare
un avvocato ed allora interviene lo Stato per assicurare loro il diritto
alla difesa.
E' intuitivo che tale presupposto reddituale abbia un
significato se riferito alle condizioni economiche di vita in Italia e
quindi ai residenti nel nostro Stato; il parametro non può invece
valere per i cittadini residenti altrove e non avrebbe senso la generalizzata
applicazione nei loro confronti della normativa in questione (ad esempio,
la fascia dei non abbienti determinata dalla legge potrebbe individuare
situazioni di benessere o di ricchezza, se riferita ad abitanti di Paesi
del cd. terzo mondo).
3) Il già citato art. 5 terzo comma della legge
prevede che "se l'istante è straniero, per i redditi prodotti all'estero
... l'istanza deve essere accompagnata da una certificazione dell'autorità
consolare competente che attesti la veridicità di quanto in essa
affermato". La disposizione, soprattutto per l'inciso "per i redditi
prodotti all'estero", sembra riferirsi all'ipotesi dello straniero residente
in Italia che debba certificare i redditi prodotti nel nostro Stato, mentre
per quelli eventualmente conseguiti all'estero dovrà munirsi di
certificazione dell'autorità consolare.
4) Sostiene il difensore che una possibile soluzione
potrebbe essere quella di riconoscere il gratuito patrocinio anche agli
stranieri non residenti in Italia, purchè siano cittadini comunitari
(con esclusione quindi degli extracomunitari).
Si osserva, di contro, che la legge, riferendosi agli
stranieri, non opera distinzioni tra comunitari ed extracomunitari, onde
non appare corretta una discriminazione sotto tale profilo.
*****
In definitiva, per le ragioni esposte, ritiene il Tribunale
che la volontà del legislatore - pur espressa in modo non certo
chiaro - sia stata quella di non ammettere al patrocinio a spese dello
Stato gli stranieri che non siano residenti in Italia.
Lo straniero risiedendo altrove, e quindi appartenendo
ad altra comunità, dovrà ad essa far riferimento per eventualmente
ottenere sussidi o sovvenzioni per potersi pagare la difesa.
Potrebbe obiettarsi che, seguendo tale ragionamento,
verrebbe privato del beneficio lo straniero che viva clandestinamente nel
nostro Stato, il quale sarebbe privo di residenza anagrafica; a parere
del Collegio tale discriminazione è soltanto apparente, atteso che
la non ammissione al gratuito patrocinio sarebbe conseguenza di una situazione
di illegalità di cui lo straniero deve farsi carico.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso presentato nell'interesse di XY.
Si notifichi al difensore.
Sanremo, 29 gennaio 2002.
IL PRESIDENTE EST.
dott. Eduardo Bracco
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