Camera Penale di San Remo

Anno 2001
Sentenza n° 332/01
Emessa il 03/10/2001
R.G.T. n° 186/98
R.G.N.R. n° 614/96
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Sanremo, in composizione monocratica in persona dei Dr. Massimiliano RAINIERI ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento penale a carico di: (omissis)
IMPUTATI
del reato di cui agli artt. 110 c.p., 26,73 c.1,4 e 6 D.P.R. 309/90, perché in concorso tra loro, coltivavano, senza autorizzazione, piante di canna indiana e illecitamente detenevano foglie di cannabis indica già triturate e semi di canapa indiana, fatto aggravato perché commesso da tre persone, in San Remo tra l'aprile e il giugno 1996.
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In esito all'orale pubblico dibattimento tenuto in contumacia sentito il P.M. chiede: condanna finale anni 1 di reclusione e lire 7.000.000 di multa.
Il difensore degli imputati chiede: assoluzione completa del reato ascritto meglio visto per tutti.
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L'accusa non può ritenersi fondata.
Il fatto è rappresentato dalla coltivazione attribuita in concorso ai tre imputati di alcune piantine di canapa indiana, di alcune foglie di cannabis indica già triturata e semi della stessa pianta.  Gli undici vasi contenenti le piantine sono stati sequestrati al OMISSIS e si trovavano in un terreno in disponibilità dell'OMISSIS.  Piantine, foglie e semi, sono rappresentati dai documenti fotografici realizzati dal Gabinetto di Polizia Scientifica del Commissariato di San Remo.  L'analisi chimica ha individuato nello stupefacente un titolo in tetraidrocannabinolo pari allo 0,011 %.
La lettura del dato normativo da cui si può muovere è quella suggerita dalla Corte Costituzionale nella sentenza n 360 del 24.7.1995. Si tratta di sentenza interpretativa di rigetto, come tale non vincolante.  Ma i principi in essa enunciati, sorretti da passaggi logici stringenti e rigorosi, non si possono che condividere.
"La scelta della non criminalizzazione del consumo in sé - si chiarisce - implica necessariamente anche, in qualche misura, la non rilevanza penale di comportamenti immediatamente precedenti essendo di norma la detenzione (spesso l'acquisto e talvolta l'importazione) l'antecedente ultimo dell'assunzione ... ma si tratta ... di una sorta di cintura protettiva del nucleo centrale (id est il consumo) per evitare il rischio che l'assunzione di sostanze stupefacenti possa indirettamente risultare assoggettata a sanzione penale. La coltivazione invece è esterna a quest'area contigua al consumo e ciò già di per sé rende ragione sufficiente di una tutela differenziata ... nel caso della coltivazione non è apprezzabile ex ante con sufficiente grado di certezza la quantità di prodotto ricavabile dal ciclo più o meno ampio della coltivazione in atto, sicchè anche la previsione circa il quantitativo di sostanza stupefacente alla fine estraibile dalle piante coltivate, e la correlata valutazione della destinazione ad uso personale, piuttosto che a spaccio".  La coltivazione è reato di pericolo e, in astratto, quindi, "ben può valutarsi come pericolosa, ossia idonea ad attentare al bene della salute dei singoli per il solo fatto di arricchire la provvista esistente di materia prima e quindi di creare potenzialmente più occasioni di spaccio di droga; tanto più che ... è destinata ad accrescere indiscriminatamente i quantitativi coltivabili". Ma si è altresì puntualizzato: "Diverso profilo è quello dell'offensività specifica della singola condotta in concreto accertata; ove questa sia assolutamente inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato ... viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta, proprio perché la indispensabile connotazione di offensività in generale di quest'ultima implica la necessità che anche in concreto la offensività sia ravvisabile almeno in grado minimo, nella singola condotta dell'agente, in difetto di ciò venendo la fattispecie a rifluire nella figura del reato impossibile (art 49 cp)".  Ed inoltre “costituisce questione meramente interpretativa, rimessa altresì al giudice ordinario, l'identificazione, in termini più o meno restrittivi, della nozione di coltivazione che, sotto altro profilo, incide anch'essa sulla linea di confine del penalmente illecito".
Deve pertanto ritenersi acquisito che, se la coltivazione è incriminabile a prescindere dalla destinazione ad uso personale, come ribadito anche di recente dalla Suprema Corte (cfr Cass sez IV sent n 4209 del 5.4.200, ud. del 10.3.200; id n 4928 del 5.2.2001, ud. 30.5.2000), diviene, nondimeno, necessario identificare la nozione normativa della stessa e valutare la sua concreta valenza offensiva (id n 9984 del 22.9.2000, ud. del 6.7.2000).
In proposito, pare tuttora condivisibile quell'orientamento (cfr id l2 luglio 1994, Gabriele, in CED Cass. n. 199152) che - pur riconducendo la coltivazione non incriminabile all'uso personale - si sforza di elaborare una nozione di coltivazione aderente al dato normativo.  E sostiene che si ha la coltivazione voluta dall'art 26 Dpr 309/90 solo in presenza di determinate condizioni, quali la disponibilità di un terreno, la sua preparazione, la semina e il governo dello sviluppo delle piante, i locali destinati alla custodia del prodotto. Queste condizioni sono infatti, espressamente indicate nell'art. 27 Dpr cit, norma strettamente collegata all'art. 26, che disciplina i requisiti della richiesta di autorizzazione, appunto, alla coltivazione. Ed è quasi superfluo sottolineare che si tratta di condizioni ex se dimostrative di una destinazione finale - anche parziale - al mercato.  La condotta modesta e rudimentale di coltivazione domestica di qualche piantina, idonea a produrre quantitativi scarsamente apprezzabili di sostanza stupefacente, invece, si colloca al di fuori della nozione normativa di coltivazione, anche se, naturalisticamente, costituisce pur sempre coltivazione.
Nel caso in esame non si è superata la soglia di rilevanza penale.  La destinazione all'autoconsumo - che, sia detto per incidens, è logicamente incompatibile con lo spaccio assume valenza di indizio e, unicamente all'esiguo numero di piante e all'assenza di tecniche particolari di coltivazione - certamente non ravvisabili in un comune concime per piante da appartamento, un timer ed uno spezzone di tubo di plastica - induce ad escludere che sia integrata una coltivazione incriminabile.  Senza contare che il principio attivo scarsamente apprezzabile della sostanza, rivelato dalla sua analisi chimica, solleva dubbi non lievi sull'offensività della condotta.
L'epilogo, pertanto, non può che essere il proscioglimento degli imputati per insussistenza del fatto.
PTM
Visto l'art 530 cpp,
assolve OMISSIS dal reato a loro ascritto perché il fatto non sussiste.
San Remo, 3 ottobre 2001.
Il Giudice
Massimiliano Rainieri