Camera Penale di San Remo

Cassazione penale Sezioni Unite

sentenza 29 maggio - 26 luglio 2002 n. 28807

 

(OMISSIS)

 

Fatto

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano ha proposto ricorso per cassazione contro l'ordinanza del 28 settembre 2000 con la quale quel tribunale, in composizione monocratica, ha dichiarato la nullità del decreto di citazione emesso nei confronti di e ha disposto "la restituzione degli atti al pubblico ministero perché curi la rinnovazione della citazione".
Il tribunale ha rilevato che, tenuto conto della sospensione per il periodo feriale, la notificazione del decreto di citazione all'imputato era avvenuta senza osservare il termine di 60 giorni, stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p., e ha ritenuto che in conseguenza di ciò si fosse verificata una nullità ex art. 178 comma 1 lett. c) c.p.p. e che, secondo quanto avevano affermato le Sezioni unite con la sentenza 24 marzo 1995, gli atti dovessero essere restituiti al pubblico ministero perché provvedesse alla rinnovazione della citazione.
Il Procuratore della Repubblica ricorrente ha sottolineato che l'art. 552 c.p.p. non prevede tra le cause di nullità del decreto di citazione a giudizio il mancato rispetto del termine di 60 giorni dalla data della notificazione all'imputato a quella dell'udienza fissata per la comparizione, tant'è che il giudice aveva dovuto individuare la nullità ai sensi della lett. c) dell'art. 178 c.p.p. Perciò, non essendo riscontrabile una nullità del decreto di citazione, il giudice avrebbe dovuto provvedere alla rinnovazione della citazione, a norma dell'art. 143 disp. att. c.p.p., anziché procedere alla restituzione degli atti al pubblico ministero e determinare in tal modo un'anomala regressione del procedimento.
Perciò secondo il ricorrente il provvedimento del tribunale era abnorme e per sostenere il contrario non era utile richiamare la decisione delle Sezioni unite 24 marzo 1995, perché questa decisione si basava sulle norme abrogate del processo davanti al pretore, che nel periodo intercorrente tra la data della notificazione del decreto di citazione e quella fissata per il giudizio riconoscevano all'imputato la facoltà di chiedere i procedimenti speciali (giudizio abbreviato, applicazione della pena su richiesta od oblazione).
La terza sezione penale della Corte ha rilevato che la decisione implica la soluzioni di tre questioni sulle quali nella giurisprudenza della Corte esiste contrasto e ha quindi rimesso il ricorso alle Sezioni unite.
La prima questione riguarda l'applicabilità della disciplina della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale al termine stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p., dato che, come ha rilevato il Procuratore generale nella sua requisitoria, secondo Sez. II, 7 marzo 1991, "l'istituto della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale non può trovare applicazione con riferimento alla notificazione del decreto di citazione a giudizio" ma esiste anche una decisione in senso contrario.
La seconda questione riguarda l'applicabilità dell'art. 143 norme att. c.p.p. nel caso in cui la notificazione del decreto di citazione sia avvenuta senza osservare il termine stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p.: occorre stabilire se in questo caso il giudice del dibattimento sia tenuto a provvedere alla rinnovazione della notificazione o debba trasmettere gli atti al pubblico ministero.
La terza questione concerne il caso in cui si ritenga che la rinnovazione della notificazione debba avvenire ad opera del giudice del dibattimento e richiede che si stabilisca se deve o meno considerarsi abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento, invece di provvedere direttamente, restituisca gli atti al pubblico ministero imponendogli di rinnovare la notificazione.

Diritto

La prima questione è stata posta dal Procuratore generale nella sua requisitoria, ma non forma oggetto dei motivi di ricorso (che non mettono in discussione la ritenuta inosservanza del termine di comparizione) e quindi non richiede una decisione da parte della Corte di cassazione, perché l'eventuale errore di diritto relativo all'applicazione della disciplina della sospensione dei termini processuali non sarebbe rilevabile di ufficio. Comunque è pregiudiziale la seconda questione, perché se dovesse concludersi che anche nel caso di inosservanza del termine in questione alla rinnovazione della notificazione del decreto di citazione deve provvedere il giudice del dibattimento sarebbe inutile stabilire se si è o meno verificata l'inosservanza della normativa sulla sospensione dei termini nel periodo feriale, posta a base del provvedimento di restituzione degli atti, al pubblico ministero: in ogni caso infatti alla notificazione dovrebbe provvedere il giudice del dibattimento.
Per mettere a fuoco le questioni occorre prendere le mosse dalla sentenza delle Sezioni unite 24 marzo 1995, richiamata sia nel provvedimento impugnato sia nel ricorso.
Il caso sottoposto alle Sezioni unite era analogo a quello in esame: il pubblico ministero aveva proposto ricorso per cassazione contro un provvedimento con il quale il pretore aveva dichiarato la nullità del decreto di citazione per l'inosservanza del termine per comparire e aveva disposto che il decreto venisse nuovamente notificato a cura del pubblico ministero.
La questione che aveva dato luogo alla rimessione alle Sezioni unite era quella relativa all'applicabilità dell'art. 143 norme att. c.p.p. nel procedimento pretorile e la sentenza aveva affermato che: 1) a norma dell'art. 449 c.p.p doveva ritenersi che la disposizione dell'art. 143 fosse applicabile anche nel procedimento davanti al pretore, sempre che la rinnovazione della citazione non fosse stata resa necessaria da una nullità che aveva impedito un valido passaggio dalle indagini preliminari al giudizio; 2) che nel caso di inosservanza del termine di comparizione stabilito per il procedimento pretorile dall'art. 555 comma 3 c.p.p. il valido passaggio era escluso, tenuto conto del fatto che nel procedimento pretorile dopo la notificazione del decreto di citazione l'imputato aveva un termine per chiedere una definizione anticipata (con il giudizio abbreviato, il patteggiamento o l'oblazione), che comportava, tra l'altro, l'intervento del giudice per le indagini preliminari e non del giudice del dibattimento.
In seguito alla riforma con cui è stato introdotto il giudice unico il quadro normativo è cambiato e rispetto al nuovo procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica si sono nuovamente formati orientamenti giurisprudenziali diversi.
Il termine di comparizione è ora stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p., che prevede sessanta giorni, senza però fissare all'interno di tale periodo un temine più breve per la richiesta da parte dell'imputato dei tre procedimenti speciali: questi non rientrano più nella competenza del giudice per le indagini preliminari ma sono riservati al giudice dei dibattimento. È quindi venuto a mancare l'argomento posto a fondamento della sentenza.
Nel nuovo quadro normativo alcune sentenze hanno continuato a ritenere che l'inosservanza del termine imponga la restituzione degli atti al pubblico ministero perché provveda a una nuova notificazione del decreto di citazione (Sez. IV, 3 aprile 2001, Proc. Rep. Oristano c.; Sez. I, 5 aprile 2001, Proc. Rep. Oristano c.; Sez. II, 25 settembre 2001, Proc. Rep. Oristano c.);
altre hanno ritenuto che alla rinnovazione debba provvedere lo stesso giudice del dibattimento e che tuttavia il provvedimento di dichiarazione della nullità della citazione e di restituzione degli atti al pubblico ministero non possa considerarsi abnorme (Sez. III, 9 ottobre 2001, Proc. Rep. Larino c.);
altre infine hanno ritenuto che la restituzione illegittima degli atti al pubblico ministero comporti una indebita regressione e quindi l'abnormità del provvedimento (Sez. V, 16 gennaio 2001, Proc. Rep. Temi c.).
In quest'ultimo senso sono numerose decisioni che hanno giudicato errata la dichiarazione di nullità della citazione per l'inosservanza del termine di sessanta giorni stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p. e la restituzione degli atti al pubblico ministero, in casi in cui era stato osservato il termine di quarantacinque giorni stabilito dall'art. 555 comma 3 abrogato, ma ancora vigente al momento della notificazione (Sez. II, 25 ottobre 2000, Proc. Rep. Gorizia c.; Sez. III, 10 novembre 2000, Proc. rep. Pistoia c.). Anche in questi casi però altre decisioni hanno ritenuto che il provvedimento benché illegittimo, in quanto applicativo dello ius superveniens ad una situazione ormai esaurita, non fosse abnorme, perché non si colloca al di fuori dei poteri conferiti al giudice dall'ordinamento né provoca una situazione non rimediabile di stasi processuale (Sez. II, 12 dicembre 2000, Proc. Rep. Pistoia c.; Sez. V, 24 ottobre 2000, Proc. Rep. Palermo c.).
È opinione delle Sezioni unite che nel nuovo quadro normativo non ci sia più ragione di ritenere inapplicabili l'art 143 norme att. c.p.p. e le altre disposizioni relative al procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale nel caso di inosservanza del termine di comparizione, in quanto non si può più ritenere che la conseguente nullità incida sul passaggio dalla fase delle indagini a quella del giudizio.
Nel procedimento pretorile il passaggio infatti era subordinato alla mancata richiesta dei procedimenti speciali nel termine previsto dall'art. 555 comma 1 lett. e) c.p.p. o al mancato consenso del pubblico ministero, sicché l'effetto propulsivo verso il giudizio rimaneva sospeso, tanto che soltanto in un momento successivo il pubblico ministero formava il fascicolo per il dibattimento, lo trasmetteva al giudice unitamente al decreto di citazione a giudizio e disponeva la citazione della persona. offesa (art. 558 comma 1 c.p.p.). È proprio in considerazione di questa situazione che la sentenza aveva ritenuto che l'inosservanza del termine impedisse l'effetto propulsivo e, rendendo inapplicabile l'art. 143 norme att. c.p.p., imponesse, a norma dell'art. 185 comma 3 c.p.p., la regressione del procedimento per la rinnovazione della notificazione.
Venuta meno quella speciale disciplina non c'è alcuna ragione per differenziare il procedimento con citazione diretta da quello con udienza preliminare, in cui, secondo la giurisprudenza di questa Corte l'inosservanza del termine di comparizione e anche la nullità della notificazione importano, invece della regressione, una. nuova notificazione del decreto che dispone il giudizio a cura dello stesso giudice del dibattimento. In questo senso si sono espresse Sez. I, 15 aprile 1997 e Sez. I, 9 luglio 1991, la quale ha correttamente ritenuto che "il mancato rispetto dei termini di comparizione non costituisce nullità del provvedimento, dato che il vizio non refluisce affatto sulla validità dell'atto e non inerisce in realtà alla peculiare funzione di atto propulsivo che è propria del decreto che dispone il giudizio".
Ad analoga conclusione deve pervenirsi per il decreto di citazione a giudizio, che è l'atto con il quale il pubblico ministero esercita l'azione penale (art. 550 comma 1 c.p.p.). Si tratta infatti di un atto che (come la richiesta. di rinvio a giudizio, prima, e il decreto che dispone il giudizio, poi) produce effetti anche indipendentemente dalla sua notificazione, tanto che, come è stato precisato in giurisprudenza, "interrompe la prescrizione dalla data della sua emissione e non già dalla data della sua notificazione" (Sez. un. 28 ottobre 1998, in Cass. pen., 1999, p. 1740).
Secondo la regola che si trae dall'art. 484 bis comma 2 c.p.p. (attraverso il rinvio all'art. 420 quater e poi da questo all'art. 420 comma 2 c.p.p.) il giudice, tanto quello collegiale che quello monocratico, dopo aver provveduto agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, deve ordinare "la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara. la nullità", e l'ordine è rivolto alla propria cancelleria (come si desume chiaramente dall'art. 420 comma 2 c.p.p.) e non al giudice per le indagini preliminari o al pubblico ministero. Il vigente codice di procedura, in applicazione della fondamentale direttiva contenuta nell'art. 2, n. 1 L. 16 febbraio 1987 n. 81, della "massima semplificazione nello svolgimento del processo", ha previsto che la citazione per l'udienza stabilita per il giudizio sia effettuata, a seconda dei casi, dal giudice delle indagini preliminari, dal giudice dell'udienza preliminare o dal pubblico ministero, anziché dal giudice del dibattimento, come avveniva nel sistema del codice abrogato, ma una volta pervenuto il processo al giudice del dibattimento sarebbe causa di una complicazione irragionevole l'imposizione della regressione al solo scopo di far rinnovare la notificazione del decreto di citazione. Per evitare la complicazione è stato dettato l'art. 143 norme att. c.p.p., che già nella fase degli atti preliminari al dibattimento prevede la possibilità che il presidente disponga la rinnovazione della citazione o della notificazione, fermo rimanendo il dovere di disporla nel dibattimento, a nonna. del combinato disposto degli art. 484, comma 2 bis, 420 quater, comma 1 e 420 comma 2 c.p.p.
Come si è detto, non vi è ragione per non applicare queste disposizioni nei casi di citazione diretta, e una conclusione diversa contrasterebbe anche con il principio della ragionevole durata del processo, contenuto nell'art. 111 comma 2 Cost., per il necessario e ingiustificato prolungamento che si determinerebbe se, come è avvenuto nel caso in esame, il giudice dovesse dichiarare la nullità del decreto di citazione e restituire gli atti al pubblico ministero, invece di dare egli stesso gli opportuni provvedimenti, che si risolvono normalmente nella fissazione della nuova udienza, negli avvisi alle persone presenti e nell'ordine di rinnovazione delle notificazioni nulle. Diverso è il caso limite in cui l'ufficio del pubblico ministero omette l'attività di notificazione; in questo caso infatti la trasmissione degli atti al giudice del dibattimento avviene in violazione dell'art. 553 c.p.p. e si giustifica la restituzione degli stessi al pubblico ministero perché curi lo svolgimento dell'attività indebitamente omessa, senza però che ciò comporti anche la dichiarazione di nullità del decreto di citazione. In conclusione deve affermarsi il seguente principio di diritto: "nei casi di nullità della notificazione del decreto di citazione e di inosservanza del termine stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p. alla rinnovazione della notificazione deve provvedere il giudice del dibattimento".
Ciò posto rimane da stabilire se sia o meno abnorme (e quindi impugnabile autonomamente con il ricorso per cassazione) il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento, invece di provvedere direttamente, restituisce gli atti al pubblico ministero, imponendogli di rinnovare la notificazione, posto che, come già si è detto, mentre per alcune decisioni un provvedimento siffatto esula dai poteri del giudice del dibattimento e determina una. non consentita regressione del procedimento, per altre il provvedimento, benché illegittimo, non è abnorme perché non si pone fuori del sistema e non determina una stasi insuperabile
È il primo orientamento quello che le Sezioni unite ritengono di dover condividere.
Il provvedimento che tipicamente determina la regressione è quello che si collega a una nullità del decreto di citazione, a norma dell'art. 552 comma 2 c.p.p., e la rilevazione di questa nullità, poiché rientra nei poteri del giudice, non può di regola. dar luogo all'abnormità del provvedimento, anche quando è originata da un errore del giudice.
Dalla nullità del decreto di citazione si differenziano la nullità della notificazione del decreto e la nullità conseguente all'inosservanza del termine per comparire, come è stato messo in evidenza da numerose decisioni, che tra l'altro hanno fatto notare (ved. in particolare Sez. un., 24 marzo 1995) come il codice vigente, diversamente da quello abrogato, non le abbia ricomprese tra le nullità del decreto di citazione. A tali differenti nullità, come si è detto, deve porre rimedio lo stesso giudice del dibattimento; egli non ha il potere di restituire gli atti al pubblico ministero imponendogli di rinnovare la notificazione. Nei casi in questione provvedimento di restituzione è fuori del sistema e determina inoltre una indebita regressione; infatti, anche se il decreto di citazione resta fermo e gli atti ritornano al pubblico ministero solo per la notificazione una regressione comunque si verifica, come risulta dalla considerazione che per l'art. 554 c.p.p. eventuali atti urgenti devono essere compiuti dal giudice per le indagini preliminari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo, non è nuovamente trasmesso al giudice per il dibattimento.
Sono quindi presenti nel provvedimento in questione le caratteristiche tipiche del provvedimento abnorme. Del resto queste Sezioni unite già altre volte hanno avuto occasione di affermare, con riferimento al procedimento pretorile, che i casi di indebita regressione del procedimento sono qualificabili in termini di abnormità (ved. Sez. un., 18 giungo 1993; Sez. un., 9 luglio 1997).
Per concludere sulla questione deve affermarsi il seguente principio di i diritto: "nel caso di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dell'art. 552 comma 3 c.p.p. è abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento, invece di provvedere egli stesso a rinnovare la notificazione, restituisca gli atti al pubblico ministero imponendogli la rinnovazione".
altre volte hanno avuto occasione di affermare, con riferimento al procedimento pretorile, che i casi di indebita regressione del procedimento sono qualificabili in termini di abnormità (ved. Sez. un., 18 giungo 1993; Sez. un., 9 luglio 1997).
Per concludere sulla questione deve affermarsi il seguente principio di diritto: "nel caso di nullità della notificazione del decreto di citazione o di inosservanza del termine stabilito dall'art. 552 comma 3 c.p.p. è abnorme il provvedimento con il quale il giudice del dibattimento, invece di provvedere egli stesso a rinnovare la notificazione, restituisca gli atti al pubblico ministero imponendogli la rinnovazione".
Pertanto l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Oristano per l'ulteriore corso.

P.Q.M.

la Corte di cassazione annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Oristano per l'ulteriore corso.

Roma, 29 maggio 2002

Depositato in cancelleria 26 luglio 2002