DAL FIORE ALLA PIANTA - LA FIORITURA
(di Giancarlo Sleiter, tratto da "Piante grasse", rivista dell'AIAS)

 

Non molti anni orsono, specialmente dai più piccini, veniva cantata una simpatica filastrocca che voleva sottolineare I' importanza del fiore ai fini dell'ottenimento del legno necessario per la fabbricazione di un tavolo: "per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare il legno ci vuole l'albero, per fare l'albero ci vuole il seme, per fare il seme ci vuole il frutto, per fare il frutto ci vuole il fiore...per fare un tavolo ci vuole un fiore".

Anche per noi, amanti delle piante succulente, delle quali apprezziamo forme, colori e stile di vita, i fiori rappresentano un elemento di grandissima importanza. Infatti, il momento della fioritura delle nostre piante non solo costituisce un'emozione straordinaria ma ci riempie anche di gioia e, perchè no, di orgoglio e soddisfazione in quanto è la dimostrazione che siamo riusciti, magari dopo anni di attenzioni e di paziente attesa, a portare a termine un'avventura, spesso ardua e impegnativa, iniziata con l'acquisto di una piantina o la nascita di un minuscolo semenzale.

Ma oltre a essere importante per le sensazioni che è in grado di regalarci, la fioritura ci permette di realizzare un'altra grande aspirazione di un vero amatore, quella di riuscire a riprodurre e a moltiplicare per seme le nostre piante.

Queste note, frutto di un'esperienza quasi trentennale, vogliono dare alcuni suggerimenti a coloro che desiderino cimentarsi nell'impresa di riprodurre da se le proprie piante.

Per poter ottenere dei frutti e, quindi, dei semi dalle nostre piante, è generalmente necessario poter disporre di almeno due (meglio se di più) esemplari della stessa specie (sottospecie o varietà) in "forza da fiore" e che appartengano a "cloni" diversi (che siano, cioè, nati da semi diversi). Questo perchè la natura, per favorire al massimo la variabilità genetica (grazie alla quale gli individui sono in grado di adeguarsi più agevolmente al mutare delle condizioni ambientali), adotta tutta una serie di strategie atte a impedire l’autogamìa (il processo di autofecondazione) che porterebbe la discendenza ad avere lo stesso patrimonio genetico dell'unico genitore. Queste strategie possono essere di natura fisica (ad esempio, la lunghezza dello stilo supera quella dei filamenti degli stami) o biochimica (ad esempio, sullo stigma è presente un inibitore della germinazione dei granuli pollinici prodotti dalla stessa pianta) o fisiologica [ad esempio, le antere maturano prima che lo stigma diventi "ricettivo" (protoandrìa) o viceversa (protoginìa); i fiori maschili e femminili sono prodotti da piante diverse (diecìa)].

E’ ovvio che, come tutte le regole, anche quella della eterogamìa ha le sue brave eccezioni (sono autogame, ad esempio, alcune specie di Notocactus, alcune Asclepiadaceae, qualche Ferocactus, Setiechinopsis mirabilis, le specie di Melocactus, alcune Aloe, ecc.), che l'amatore attento sarà ben presto in grado di scoprire da se (la letteratura specializzata non sempre fornisce questa informazione). Vi sono poi delle specie, dette cleistogame ("che si congiungono di nascosto in matrimonio") in cui, per autofecondarsi, il fiore non ha nemmeno bisogno di schiudersi, per cui si passa direttamente dal boccio al frutto. Famosi a questo riguardo sono i generi Frailea (la maggior parte delle specie è cleistogama) e Anacampseros. Comunque, anche nel caso delle specie in cui è possibile l'autofecondazione, è preferibile ricorrere alla fecondazione incrociata che produce seme più abbondante e vitale e una discendenza più robusta. Potrebbe, tuttavia, accadere che si disponga di un unico esemplare di una specie autosterile di pregio e rara che si desideri moltiplicare per seme; ebbene, anche in questo caso è possibile fare qualche cosa per abbattere alcune delle barriere che si oppongono all'autofecondazione. Ma di questo parleremo in seguito.

 

 

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