SAFARI FOTOGRAFICO IN MESSICO (prima parte)
(di Elio D'Arcangeli e Arturo Guidoni)

 

Non ricordo per quale ragione abbiamo cominciato ad interessarci di piante grasse, a parte una generica predisposizione per le scienze naturalistiche.

Sicuramente, nei numerosi anni di "impegno" per questo hobby siamo arrivati a dedicare quasi tutto il tempo libero, che peraltro non è molto, alla loro coltivazione. Non stiamo qui a ripercorrere tutte le fasi del nostro "impegno", che sicuramente sono le stesse di quasi tutti gli entusiasti, ma ci piace ricordare come il salto di qualità più esaltante sia avvenuto in corrispondenza dell'adesione all'AIAS.

Per predisposizione personale abbiamo, nel tempo, sempre più circoscritto la sfera del nostro interesse ai cactus, principalmente del Nord America. Nonostante questa specializzazione, le nostre collezioni non sono state impostate su criteri sistematici, quanto piuttosto estetici. Questo significa che cerchiamo di acquisire solo gli esemplari che ci piacciono, spesso di specie che abbiamo in collezione da tempo.

Già da qualche anno però, sentivamo il bisogno di andare oltre... vedere cioè le "nostre" piante in habitat. Si trattava naturalmente di poco più di un sogno che nel 1987 abbiamo potuto cominciare a realizzare e, come prima cosa, si trattava di concordare un itinerario. Per fare questo abbiamo consultato tutto il materiale reperibile: appunti di viaggio, note di campo, testi. Alla fine di tutto questo faticoso lavoro si è materializzato il nostro obiettivo: il Messico!

L'organizzazione del viaggio subisce una battuta d'arresto a causa di un'opportunità di lavoro che uno di noi non ha potuto rifiutare nel giugno 1988.

Comunque il più era stato fatto: avevamo i riferimenti, l'itinerario e tutto quello che ci sembrava necessario per affrontare un viaggio così impegnativo. Si trattava solo di pazientare un po' e, finalmente, nel marzo 1989 il sogno si avvera: tutto è pronto per la partenza! Prenotiamo un volo e dopo un pernottamento a Parigi eccoci, frementi, in mezzo all'Oceano Atlantico.

Arriviamo a Città del Messico come previsto, intorno alle 23 e immediatamente "subiamo" l'impatto con la città più popolosa della terra. La temperatura è tiepida e dopo aver svolto con un po' di lentezza le formalità burocratiche ed essere venuti in possesso, dopo qualche apprensione, dei bagagli, ci mettiamo alla ricerca di un telefono per contattare un ingegnere tedesco che avrebbe dovuto procurarci l'alloggio e l'auto. Il suo recapito l'avevamo ottenuto durante la preparazione dell'itinerario da un amico austriaco che aveva visitato più volte il Messico e che ci aveva consigliato di fare tappa presso di lui per ridurre al minimo il disagio della breve permanenza a Città del Messico. Il Senior Lorenzo, questo è il nome dell'ingegnere, ci spiega che può affittarci una camera di casa sua, proposta che accettiamo prontamente. Giungiamo a destinazione in circa 45 minuti percorrendo strade molto larghe, e comunque sufficienti per smaltire il traffico caotico di Città del Messico. Scopriamo con sollievo che la casa di Lorenzo si trova praticamente sulla strada federale 57 che costituirà l'ossatura del nostro itinerario verso il nord-est del Messico.

La mattina seguente ci alziamo già elettrizzati dall'idea di poter coronare un sogno, ma dovemmo attendere le 10,30 circa prima che l'agenzia contattata da Lorenzo ci faccia avere l'auto. Si tratta di una Volkswagen Jetta in ottimo stato. Lo sguardo quasi istintivamente si posa sul chilometraggio... 17.000 km.

Non ci convince il cambio automatico che si rivelerà estremamente difficoltoso nei sorpassi di TIR infinitamente lunghi (da considerare inoltre che sulle strade federali messicane il rapporto di autotreni e macchine è di circa 3 a 1). Non notiamo altresì la marmitta molto bassa che ci limiterà un po' negli spostamenti su strade bianche più simili a carrarecce e sentieri per muli. Per chi si volesse avventurare su simili strade è consigliabile un fuoristrada o una berlina abbastanza alta. Concluse le formalità legate al noleggio e acquistate un po' di provviste, riusciamo a metterci in marcia poco prima delle 12,00.

Trovandoci già nella periferia nord della città, non fatichiamo ad uscirne rapidamente e a dirigerci verso Querétaro. La strada è molto ampia e ci permette di mantenere medie piuttosto elevate. A San Juan del Rio abbandoniamo la strada federale 57 per addentrarci nello stato di Querétaro. L'ambiente già ci sembra adatto a qualche escursione anche se non è propriamente arido come ci aspettavamo. Ci fermiamo nei pressi della cittadina di Tequisquiapan e, praticamente sulla strada, in prossimità di un laghetto, troviamo Coryphantha retusa (senza spine centrali), Echinofossulocactus phyllacanthus, Ferocactus latispinus, Echinocereus cinerascens, Coryphantha erecta, Myrtillocactus geometrizans. Particolarmente attraenti sono i gruppi di Coryphantha erecta, formati da molte decine di fusti. Le piante sembrano danneggiate dal fuoco, probabilmente appiccato per stimolare la crescita di erba adatta al pascolo. Ad ogni modo sembrano sopportare abbastanza bene questo trattamento in quanto la vegetazione di un anno basta quasi a nascondere del tutto le ferite causate dal fuoco. Questo ci fa supporre che le precipitazioni debbano essere relativamente abbondanti, almeno sufficienti a garantire un tasso di crescita annuale notevole. Notiamo anche che le piante si trovano con maggiore frequenza alla base dei cespugli che fungono probabilmente da "trappole" per i semi dilavati dalla pioggia e forniscono riparo dal sole cocente nei primi anni di vita.

Soddisfatti da questo primo impattocon i "nostri" cactus ci avviamo verso Bernal, dove le nostre fonti segnalano lo Strombocactus disciformis e la Neolloydia pseudomacrochele. In effetti abbiamo riferimenti precisi solo per la prima specie, mentre per la seconda non ci facciamo illusioni, sia per le informazioni approssimative in nostro possesso ("in prossimità della cittadina, in terriccio di foglie che si accumula nelle sacche di roccia calcarea"), sia per il suo portamento estremamente elusivo. Ben presto però ci rendiamo conto che anche i riferimenti che ritenevamo precisi, una volta sul luogo diventano evanescenti. Facciamo più tentativi fino a quando la luce ce lo consente riuscendo solo a trovare rari cespi di Coryphantha erecta, Echinocereus cinerascens, Coryphantha retusa e Ferocactus latispinus. Inoltre, il terreno da noi esplorato è coperto da fitti cespugli, spesso armati da spine che nulla hanno da invidiare a quelle dei cactus, e contrasta con la descrizione del habitat dello Strombocactus disciformis il quale si dovrebbe incontrare sulle pareti verticali di canyons alluvionali in terreni argilloso-calcarei, coperti da una vegetazione molto rada. Abbandoniamo le ricerche e troviamo una sistemazione per la notte a Bernal anche se per mangiare dobbiamo raggiungere Ezequiel Montes. La sistemazione non è delle più comode, in compenso è molto a buon mercato: 7000 lire per una doppia con...bagno!!!

Il giorno seguente ci alziamo presto e dopo aver fatto colazione decidiamo di esplorare le pendici del "Pico Bernal" che domina l'omonima cittadina. Non ci facciamo illusioni anche se, in fondo, speriamo ancora di trovare lo Strombocactus disciformis. Oltre alle specie già individuate il giorno precedente, incontriamo bei esemplari di Mammillaria magnimamma e vari esemplari di Ferocactus latispinus carpiti ed abbandonati; ma la delusione ormai incomincia ad impadronirsi di noi. Ben presto decidiamo di proseguire ritenendo chiuso il capitolo Strombocactus. La giornata è molto calda e stiamo attraversando una zona molto arida quando dall'auto notiamo cespi di una specie che ancora non abbiamo incontrato. Decidiamo immediatamente di fermarci per controllare. Si tratta di Thelocactus leucacanthus, una forma con fusti piuttosto piccoli rispetto alla descrizione in nostro possesso. Il terreno è formato da scaglie di roccia sedimentaria con una evidente componente calcarea. Rintracciamo inoltre splendidi esemplari di Coryphantha retusa (?) con belle spine centrali, uncinate, Opuntia microdasys, Coryphantha erecta, Ferocactus echidne. Il posto sembra promettente ed infatti, in un caldo infernale, troviamo ben presto anche Mammillaria parkinsonii e Astrophytum ornatum nella sua forma nana. L'individuazione di queste due ultime specie ci fa ricordare che in questa regione sono riportate in associazione con lo Strombocactus disciformis. Ovviamente decidiamo di proseguire le ricerche che non si preannunciano facili. Ad un certo punto ci troviamo sul fondo di un piccolo canyon dopo averne discesa una delle pareti, lungo la quale abbiamo potuto ammirare alcuni bei cespi di Mammillaria parkinsonii ed altri esemplari di Astrophytum ornatum. Uno di questi era curiosamente adagiato sui rami di un cespuglio con il colletto completamente esposto a causa del dilavamento prodotto dalle precipitazioni. Sul fondo del canyon, dove il caldo diventa letteralmente opprimente, troviamo alcuni esemplari di Lophophora echinata var. diffusa, accestiti, ed uno di questi esibisce un bel fiore giallo verde! Decidiamo di proseguire scalando la parete opposta a quella da dove siamo venuti quando, improvvisamente, rinveniamo, increduli, il primo Strombocactus disciformis! Si tratta di un esemplare di circa 7 cm di diametro che scatena in noi un entusiasmo quasi incontenibile.

Prestissimo ci accorgiamo che l'intera parete è coperta da numerosissimi esemplari di tutte le dimensioni, alcuni dei quali in fiore. Molte piante sono morte, apparentemente per cause naturali in quanto il luogo non sembra disturbato né dagli incendi né dalla pastorizia. Il posto sembra incontaminato, né alcun segnale ci indica una precedente visita umana.

Notiamo che, curiosamente, sulla parete dove abbiamo scoperto il primo esemplare la popolazione è fittissima, con le piante che in alcuni punti sono letteralmente stipate le une accanto alle altre, e che hanno dimensioni medie limitate, non più di 3-4 cm. Su quella opposta la densità è di molto minore ma le dimensioni medie superano abbondantemente i 6-7 cm.

Finalmente soddisfatti, decidiamo di abbandonare questo luogo che meriterebbe più tempo per essere esplorato, ma il programma ci impone già scadenze ravvicinate. Raggiungiamo la cittadina di Rio Verde dopo esserci fermati un paio di volte in luoghi poco interessanti e ci procuriamo una comoda sistemazione per la notte. L'indomani decidiamo di cercare a sud di Rio Verde un vecchio cimitero nei pressi del quale sono riportati un Ariocarpus, con tutta probabilità retusus, che qui ha l'estremo meridionale del suo areale, ed una Neolloydia probabilmente schmiedikeana. Le nostre ricerche sono vanificate dalla difficoltà di individuare il cimitero che in effetti non riusciamo a trovare, nonostante il nostro tentativo di ottenere informazioni dalla gente del luogo. Ci dirigiamo quindi verso San Luis Potosi dove abbiamo come principale obiettivo la localizzazione della Pelecyphora aselliformis. La prima sosta la effettuammo dopo circa 25 km, in una zona caratterizzata da una rada boscaglia alta circa 3 metri attualmente priva di foglie. Individuiamo grossi gruppi di Mammillaria compressa crescere insieme ad Echinocereus pentalophus in una bellissima associazione, qua e là ecco emergere esemplari accestiti di Ferocactus echidne ed una Opuntia dalle grandi pale quasi inermi che produce radi fiori di un giallo lucente. Riusciamo a rintracciare anche un piccolo esemplare (non più di un centimetro di diametro) di Mammillaria schiedeana. Proseguendo verso San Luis Potosì ci troviamo a dover superare una catena montuosa che ci riserva paesaggi suggestivi. La vegetazione è molto fitta e ricorda da vicino quella del nostro Appennino settentrionale. Dalla nostra auto possiamo notare come una miriade di differenti varietà di Tillandsia alberghino sugli alberi. Finalmente superiamo il colle: fino a San Luis Potosì solo strada in discesa o pianeggiante. Appena la vegetazione si dirada, facendo posto a prati molto bassi e secchi, decidiamo di fermarci. Spesso le nostre soste non sono programmate, ma ci vengono suggerite dal nostro fiuto.

In questo caso non abbiamo fortuna imbattendoci solo in pochi esemplari dei fin qui onnipresenti Ferocactus latispinus e Coryphantha retusa e molte Opuntia dall'aspetto però poco attraente.

Dove il prato si dirada notiamo il colore rosso cupo del terreno che tradisce una forte componente ferrosa.

Tutto sommato il posto si rivela, dopo una breve escursione, poco interessante. Riprendiamo la nostra marcia verso San Luis Potosì quando, circa 30 km prima della città, ci troviamo ad attraversare una pianura assolata ed arida dominata da milioni di esemplari di Yucca. La tentazione di fermarci nuovamente è forte, e ben presto decidiamo di cederle. Un sinistro sibilo stridente ci consiglia prudenza: temiamo infatti per la presenza del serpente a sonagli che per fortuna (del serpente) non vedremo mai durante l'intero viaggio. Il terreno fine, argilloso e scoperto è disseminato da dense popolazioni di Echinocereus, Ferocactus, Mammillaria formosa, Mammillaria microthele, Echinofossulocactus, Opuntia leptocaulis. Le Mammillaria, alcune delle quali con frutti rosso vivo, e gli Echinofossulocactus sono completamente infossati nel terreno. Spesso la presenza di esemplari di queste specie è rivelata dall'impronta lasciata dalle piante durante il periodo vegetativo.

L'ambiente sembra tutto sommato poco disturbato da attività umane, nonostante la vicinanza di una grande città. Superiamo San Luis Potosì dovendo cercare una cava nei pressi della quale è riportata la presenza della Pelecyphora aselliformis. Ben presto ci accorgiamo che la strada è fiancheggiata per chilometri da sentieri sterrati che conducono in luoghi le cui caratteristiche bene si adattano alle descrizioni in nostro possesso. Decidiamo di visitarne uno, lasciandoci guidare praticamente solo dal nostro intuito. Dopo aver lasciato l'auto, ci addentriamo ulteriormente per circa 1 km in un terreno aperto, compatto, coperto da radi cespugli, bassi alberi ed imponenti Yucca; gli arbusti sono spogli e solo dove il terreno forma degli avvallamenti cominciano a germogliare le prime gemme. In questo ambiente individuiamo: Opuntia microdasys, Ferocactus latispinus, Ferocactus haematacanthus, Echinocereus sp., Coryphantha palmeri, Mammillaria compressa, Mammillaria formosa, enormi Echinocactus ingens, Echinocereus pectinatus che in questa località è presente in una graziosa forma nana, ed un solo esemplare di Mammillaria sp. Quest'ultima è molto piccola, con tubercoli verde chiaro molto sottili e pronunciati, che terminano in una sottile spina centrale uncinata lunga 1 cm, di colore giallo pallido.

Queste caratteristiche ci fanno pensare alla Mammillaria wildii il cui areale è però circoscritto agli stati di Hidalgo e Querétaro. Riteniamo esaurita questa prima escursione e ci scegliamo una nuova cava per tentare nuovamente. Rispetto alla precedente, ci troviamo in un ambiente ancora più spoglio, con molte meno specie, anche se abbiamo la fortuna di poter ammirare molti esemplari di Thelocactus hexaedrophorus. Alcuni sono molto grandi, fino a 15 cm di diametro, tutti estremamente retratti nel terreno. L'epidermide è di colore verde glauco talvolta interrotto da venature rosso bruno. Scorgiamo anche due esemplari virosati coperti da fitte macchie bianche che conferiscono loro un aspetto curiosamente simile ad Astrophytum asterias. Il sole comincia a tramontare, ma di Pelecyphora aselliformis neppure l'ombra. Decidiamo quindi di procedere non più a caso, ma di esplorare il terreno camminando lentamente nella stessa direzione ad una ventina di metri l'uno dall'altro. Dopo circa una decina di minuti rimaniamo increduli, accorgendoci di camminare letteralmente su alcuni esemplari di Pelecyphora aselliformis completamente incassati e mimetizzati nel terreno. Una volta individuate le prime piante, ci è facile scoprirne molte altre, concentrate in un'area di non più di 100 mq Scopriamo anche che i rarissimi esemplari cresciuti all'ombra dei pochi e bassi cespugli presenti, sporgono decisamente dal terreno mostrando l'epidermide verde chiaro fra i caratteristici tubercoli ovali. Quelle esposte in pieno sole hanno invece i tubercoli così compressi gli uni contro gli altri che è impossibile scorgerne l'epidermide. Quasi tutti gli esemplari più vecchi sono molto accestiti, anche a causa delle capre che, in mancanza di meglio, ne rosicchiano gli apici quando questi sporgono dal terreno. Durante il periodo vegetativo, le poche piante singole non superano i 3-4 cm di diametro. Facciamo anche una ricognizione al di fuori dell'area dove abbiamo scoperto questa fitta popolazione riuscendo ad individuare solo un piccolo esemplare a più di 500 m di distanza. Sulle ali dell'entusiasmo per la scoperta appena fatta, quasi non ci accorgiamo che il sole è tramontato e che è ora di cercarci una sistemazione per la notte. Per trovarla dobbiamo tornare all'estrema periferia di San Luis Potosì, riuscendo comunque ad evitare il centro cittadino. Il mattino successivo decidiamo di tornare sul posto per poter usufruire di una luce migliore e scattare delle foto decenti. Decidiamo di fare un'altra piccola escursione ma senza trovare altro di interessante, eccetto la netta sensazione che qualcuno di recente aveva prelevato degli esemplari di Pelecyphora a 200 m circa dalla prima scoperta.

La nostra tappa successiva è Cerritos, da dove speriamo di individuare il paese di Buenavista che non è indicato sulla nostra carta. Ci basiamo sulle note di alcuni personaggi di nostra conoscenza sperando di avere più fortuna nella ricerca del Turbinicarpus laui.

A Cerritos ci troviamo per la prima volta in difficoltà per la marmitta eccessivamente bassa. Dovendo attraversare una ferrovia che incrocia la strada per Villa Juarez, ben presto ci accorgiamo che si tratta di una vera e propria impresa. La ferrovia infatti è costruita su una generosa massicciata che forma un dosso troppo alto per la nostra auto.

Impieghiamo circa mezz'ora per trovare il punto adatto per attraversarla senza danni. Arriviamo quindi senza difficoltà a Villa Juarez da cui si può raggiungere Buenavista su 16 km di strada sterrata e polverosissima. L'auto non ci permette una media elevata, e questo, unito al caldo torrido, ci rende il tragitto faticosissimo. Dopo aver acquistato delle bibite fresche ci fermiamo a 4 km prima di Buenavista all'ombra di un albero per mangiare. Il posto è dominato da una bassa collina calcarea che decidiamo di visitare, attratti da alcuni cespi di Echinocereus pentalophus in fiore. L'escursione ci conferma come questa specie considerata poco fiorifera in coltivazione, lo sia anche in natura. Individuiamo inoltre Mammillaria compressa, una popolazione caratterizzata da spine molto lunghe, Ferocactus echidne, Mammillaria chionocephala ed alcuni esemplari di Astrophytum myriostigma, dalle coste piuttosto acute. Nei pressi di Buenavista ci "scegliamo" una collina fortemente calcarea da esplorare, in mancanza di riferimenti più precisi. Rispetto alla precedente locazione sono scomparsi l ‘Astrophytum myriostigma, e la Mammillaria chionocephala, sostituiti da Mammillaria schiedeana, Mammillaria candida, Coryphantha villarensis, Echinofossulocactus pentacanthus. Ci sorprende rintracciare questa ultima specie in un terreno ricco di humus coperto da una vegetazione piuttosto fitta. Abbandoniamo la ricerca del Turbinicarpus laui abbastanza presto, preoccupati dalla durata del viaggio di ritorno. Raggiungiamo Cerritos dove troviamo alloggio all'hotel Centrale, durante una vera e propria tempesta di polvere, e finalmente riusciamo a telefonare in Italia (4 aprile 1989).

Continua....

 

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