PERCHÉ BOOKLAND
(Frequently Asked Questions)
Questo gioco didattico esiste da 9 anni,
precisamente dall’anno scolastico 1992/93. In questo periodo ha ricevuto
autorevoli approvazioni, ma anche numerose critiche. Voglio rispondere ora a
queste ultime.
In sintesi, le osservazioni che Bookland ha ricevuto riguardano 4 punti:
1. L’ASPETTO AGONISTICO. Alcuni insegnanti ritengono che si potrebbero raggiungere risultanti altrettanto notevoli senza contrapporre classe a classe, ma semplicemente esaminare una singola classe (o addirittura un singolo alunno) e valutarne a fine anno il livello di comprensione della lettura mediante le stesse domande che ora vengono utilizzate per la gara. La classe (o l’alunno) potrebbe riempire un questionario che verrebbe poi esaminato con calma, come avviene per gli altri “compiti in classe”. Non ci sarebbero così né vinti né vincitori, ma solo delle valutazioni sul registro (ed eventuali premi per i più bravi).
2.
L’ELENCO
PREDETERMINATO DEI TESTI. Di conseguenza, si è osservato, non sarebbe più
necessario un elenco uguale per tutte le classi: l’insegnante
potrebbe preparare un elenco per la propria classe (al limite, un elenco per
ogni singolo alunno) valutando in partenza che certi romanzi o certi racconti
sono inadatti, perché troppo facili o troppo difficili, e cercando nei limiti
del possibile di venire incontro ai gusti degli alunni.
3.
TROPPI
CLASSICI? Molti insegnanti hanno consigliato di “svecchiare” gli elenchi, introducendo
autori più moderni e scartando romanzi o racconti troppo datati. In
particolare è stato notato che nell’elenco delle classi seconde (TORNEO SILVER)
la maggior parte dei testi (13 su 25) è stata scritta prima del 1920.
4.
GLI
SPOSTAMENTI DELLE CLASSI. Nella fase finale del gioco le classi finaliste si
devono spostare, a volte tra un comune e l’altro. Ciò complica la vita agli
insegnanti e alle segreterie (naturalmente è un aspetto piacevole per gli
alunni, ma questo non è il nostro punto di vista…), mentre sarebbe
molto più semplice far gareggiare le classi on-line (in attesa della
videoconferenza), o addirittura rinunciare a confrontare le classi dei diversi
istituti. E questo ci riporta al punto 1…
Ho elencato le domande. Ora elenco le risposte, in attesa di riprendere la discussione.
· Punto primo. Se togliessimo la competizione tra classi, BOOKLAND perderebbe ogni sapore. L’esperienza insegna che le gare di lettura suscitano interesse e motivano anche casi apparentemente disperati proprio perché sono caratterizzate, come ogni gara, dall’imprevedibilità dei risultati. In caso contrario diventano una materia scolastica in più e chiunque sia (o sia stato) insegnante sa cosa significhi. Inoltre, BOOKLAND è un gioco di squadra. Nel logo che potete trovare nella nostra home page si rappresenta una gara di tiro alla fune, in cui ognuno dà il suo contributo: chi è più dotato legge di più, chi ha problemi di comprensione si limiterà magari a un raccontino di trenta righe, ma anche lui avrà la soddisfazione di aver contribuito all’eventuale vittoria. Ciò rafforza l’unità della classe, mentre è altamente sconsigliabile dividere la classe in gruppi e metterli in competizione, o semplicemente valutare i singoli casi evidenziando le spesso abissali differenze tra i soliti secchioni (generalmente di sesso femminile) e gli “ultimi della classe”, il cui patrimonio lessicale è talmente ridotto da impedire (con tutta la loro buona volontà) ogni possibile confronto. È non è colpa loro se provengono da un ambiente culturalmente svantaggiato o se sono nati a Dar El Beida o nel Kosovo… Quanto ai motivi psicologici per cui l’agonismo piace a tutti i giovani (bambini e adolescenti, maschi e femmine), in attesa di un ulteriore approfondimento rimando agli studi di Konrad Lorentz e di molti altri etologi sull’aggressività rituale. In conclusione, tutti sappiamo che solo un traguardo accessibile può suscitare entusiasmo, mentre il galleggiare nella routine, l’accontentarsi della mediocrità (del 6 sulla pagella…) genera solo noia e demotivazione.
· Punto secondo. Di conseguenza è necessario che il confronto tra una classe e l’altra avvenga su una base comune, cioè l’elenco dei testi. Che però è molto meno rigido di quanto possa sembrare. Anzitutto esiste la possibilità di sostituire uno o due testi con dei jolly che ovviamente riguardano solo la classe che li ha scelti; inoltre, anno per anno, ho sottoposto i singoli testi alla spietata critica degli alunni che li avevano letti e, sommando i loro giudizi, ne ho cancellati molti: L’isola del tesoro, Heidi, Alice nel paese delle meraviglie, Dracula, Il cavaliere inesistente, L’amico ritrovato, Arrivederci ragazzi, L’Agnese va a morire,… Contemporaneamente ho introdotto negli elenchi molti dei testi jolly che erano stati proposti: Matilde, Il principe e il povero, Diario segreto di Adrian Mole, Macabro quiz, Balla coi lupi e la saga di Harry Potter. Riassumendo, i testi sono il risultato di una sintesi tra le proposte degli insegnanti e quelle degli alunni. Gli insegnanti rischiano di proporre dei testi troppo difficili o seriosi, gli alunni di essere condizionati dalle mode o semplicemente dai colori di una copertina: la virtù sta nel mezzo.
·
Punto terzo. Proprio i giudizi positivi degli
alunni hanno confermato negli elenchi molti classici: Agatha Christie e
Tolkien, Poe e Verne, Stevenson e Jack London, tanto per citarne qualcuno.
Mentre si salvano a stento (mi dispiace dirlo, ma è la cruda verità) opere più
moderne come Il barone rampante o Il tesoro del bigatto. D’altra
parte è stato proprio Italo Calvino a esortare gli insegnanti a proporre i
classici ai giovani: …un classico ha sempre qualcosa da dire…
Marco Frangini, bibliofilo