associazione

Cristoforo Beggiami

Savigliano

LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

UN'ASSOCIAZIONE CHE SI OCCUPA DI EDITORIA SIN DALL'ORIGINE

In ricordo di Luigi Baccolo

INCANTATO DALLA SUA CITTÀ

Cade un mese dalla morte di Luigi Bàccolo. Beppe Mariano ha qui degnamente commemorato le grandissime doti dell'uomo di cultura e di lettere. Con lui lo hanno fatto, su giornali nazionali, firme prestigiose: ricordando che ormai celebri sue biografie di Casanova, del Marchese di Sade, di Restif de la Bretonne; ed insieme la sua opera di romanziere e di giornalista.

Nulla, a tutto ciò, io sono in grado di aggiungere. Bàccolo scriveva in modo delizioso, certo. Ricordo le sue cose minori, che io amavo molto: quei suoi articoli che erano gioielli, pensati e poi sgorgati dalla sua penna senza una parola men che appropriata, senza un concetto che non fosse di rilievo, essenziale ai temi che andava svolgendo.

Non lo posso ricordare neppure come insegnante, e anche come tale fu grandissimo: ma dispensò sapere vivo, principi, e valori, a generazioni più giovani della mia. E comunque non più a Savigliano.

Mi è caro ricordarlo, invece, come amico, e mi onora il pensiero di aver goduto di tanto privilegio. A sfondare le porte del suo cuore furono comunione di sentimenti e di pensieri, certo. Ma io credo che una ragione abbia su di ogni altra prevalso: il mio essere saviglianese, come lui; ed il mio vivere a Savigliano -fortuna che egli considerava immensa, ed io ... anche- mentre lui ne era lontano.

Arrivavo a casa sua, mi facevo strada tra i suoi libri, ed eccolo rischiararsi, per me come per chiunque gli portasse aria di Savigliano: «Dimmi, dimmi della mia città».

Eppoi a parlare era lui: la vedeva con gli occhi della giovinezza o, meglio ancora, con gli occhi del sogno. Ricordava le persone, conosceva i luoghi meglio di me, li amava più di quanto io stesso li ami: perché io credo che qui, nella sua Savigliano ideale, egli trasfigurasse ricordi della sua vita, e qui continuasse a vivere i suoi incanti di poeta.

«Dimmi, dimmi ... quella casa vicino alla chiesetta, c'è ancora? E quell'androne, quel portone...».

Vi era ritornato alcuni anni fa, per pochissimi giorni troppo veloci. Passo dopo passo aveva seguito tutti i percorsi della sua memoria, rivisitato tutta la città vecchia; e mentre avresti creduto che la realtà, come quasi sempre accade, cozzasse con il sogno, fino a romperlo o quantomeno a disgelarlo per tale, no: ne era tornato più preso che mai, più attaccato che mai. «Io camminavo, sostavo, riprendevo il cammino, ed ogni pietra evocava, mi parlava, diceva...».

Avrei dovuto ricordare, dell'amico, mille e mille altre doti: l'intransigente sentire democratico e sociale, che lo aveva collocato nella cerchia degli spiriti cuneesi più illustri: Piero Camilla, Nuto Revelli, gli altri cuneesi insigni della Resistenza e delle battaglie civili; l'intelligenza brillante e l'umorismo gentile; la dolcezza affettuosa, la galanteria affascinante dei signori di un tempo, e di cui si è persa la razza.

Tutto questo era Gino, e molto altro, e molto di più.

Ma io -che scrivo a nome, anche, dei molti amici di qui; che ne ebbero affettuosa frequentazione; che ne piangono la scomparsa, amico carissimo, amico che ci manchi così tanto e che mai dimenticheremo- io ho voluto ricordare, su questo nostro foglio di Savigliano, il Saviglianese straordinario che egli era.

Ed amo pensare -a consolazione mia; e perché so che ne sarebbe felice- che egli sia tornato finalmente tra noi. E passeggi, ormai senza limiti di tempo, per le vecchie sue vie, tra le antiche contrade, lungo i palazzi sontuosi e le umili, bellissime case di cui il tempo e la storia ci hanno fatto dono. Dove ogni pietra continua a parlargli. In questa città che se lo è ripreso, e di cui ormai fa parte, oltre la vita.

Giuseppe Trucco

(«Il Saviglianese», 14 gennaio 1993)

SOSTIENI L'ATTIVITÀ DELL'ASSOCIAZIONE ACQUISTANDO I SUOI VOLUMI

TORNA A CASA