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Cristoforo Beggiami

Savigliano

LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

UN'ASSOCIAZIONE CHE SI OCCUPA DI EDITORIA SIN DALL'ORIGINE

Rievocate la figura e l'opera dello scrittore saviglianese ad un anno dalla scomparsa

BACCOLO, MEMORIA E SENTIMENTO

Il filo della memoria e le corde del sentimento hanno fatto da «filo conduttore» alla giornata che l'Assessorato alla cultura di Savigliano, tramite la Biblioteca civica, ha dedicato sabato al compianto Luigi Bàccolo, in un incontro tra amici, studiosi, letterati e bibliofili presso il salone d'onore del Palazzo Taffini d'Acceglio. Un incontro amichevole e piacevole che, al di fuori di tutti quei formalismi che caratterizzano tali commemorazioni, ha coinvolto un po' tutti in un ricordo quasi commovente della figura dell'illustre saviglianese scomparso lo scorso anno.

La qualità e la scientificità degli interventi si sono quasi immediatamente confrontate ed uniformate al taglio amichevole, quasi sussurrato, che tutti i relatori hanno voluto imporre. Per Piero Biannucci, Lionello Sozzi, Stefano Jacomuzzi, Beppe Trucco e Piero Camilla -i cinque relatori che hanno animato la commemorazione- non si è trattato di parlare di Bàccolo, di «Gino», come tutti lo hanno confidenzialmente ricordato, esclusivamente come scrittore, bensì di Bàccolo scrittore e, prima ancora, amico. Per questo motivo il clima, che qualcuno poteva forse immaginare distaccato e freddo, si è immediatamente e sensibilmente animato, trasformando una giornata ufficiale -è stata voluta dal Comune fors'anche per far dimenticare la pesante assenza di un anno fa- in una giornata commovente e piena di ricordi.

Il «personale», soprattutto, ha coinvolto i cinque oratori: per quelle vicissitudini che li hanno visti vicini a Bàccolo e per quel tipo di rapporto che «Gino» sapeva immediatamente instaurare e che coinvolgeva immancabilmente ed indistintamente letteratura ed amicizia, racconto e letteratura.

Lo spirito del saggista ha aleggiato, con la sua presenza qualificante, per le tre ore della commemorazione. In quel momento la «sua» Savigliano, quella che era «l'ombelico dell'universo» e che gli si confidava «attraverso le pietre ed i selciati», è risuonata tra gli affreschi del salone dipinto da Giovanni Antonio Molineri ed è diventata quasi una trama che ha collegato, in modo sottile ed inequivocabile, i cinque interventi. Una Savigliano che Gino Bàccolo non ha mai dimenticato ed alla quale ha dedicato -talvolta velatamente e talvolta espressamente- buona parte della sua esistenza. Il suo attaccamento alla città è cresciuto in modo direttamente proporzionale alle distanze della sua lontananza ed al tempo della sua lontananza.

Per questi motivi Bàccolo tornava a Savigliano ogni qualvolta gli fosse possibile: non mancava di ricordare, con lucidità e forte sentimento, gli anni della sua gioventù, le sue passioni, le sue amicizie, il periodo del Consiglio comunale, la sua cara mamma, le lunghe passeggiate a piedi ed i suoi pomeridiani giri sull'Anglia bianca. Era tutto un mondo che si consumava tra mura amiche, che viveva in funzione di tutto ciò che -formalmente conosciuto- quotidianamente creava i presupposti per una felicità rassicurante, fatta di tante piccole cose delle quali nulla era da temere.

Tanto Bàccolo amava Savigliano da riferire all'amico Piero Bianucci -forse nell'ultima telefonata prima di morire e nella speranza che lo stesso se ne sarebbe fatto portavoce- che avrebbe desiderato che la sua città, nel ricordarlo pubblicamente, gli avesse offerto il modesto omaggio della denominazione di una via, o anche soltanto di un vicoletto.

E Bianucci, fortemente sul filo della memoria, ha ricordato il Bàccolo ch'egli aveva conosciuto. Il primo incontro mancato, le successive telefonate ed i rapporti quasi quotidiani avviati con la collaborazione alla «Gazzetta del Popolo», della quale Bianucci era redattore ed alla quale Bàccolo collaborava con articoli di terza pagina.

Lionello Sozzi si soffermava invece -senza mai perdere di vista l'uomo e l'amico- sul taglio dato dal saggista Bàccolo alle sue opere, sull'influenza ricevuta dalla cultura francese e sulla grande intuizione storica, sovente «raccontata» e resa popolare tra le righe dei suoi numerosissimi volumi.

A Stefano Jacomuzzi, invece, spettava il compito di descrivere Bàccolo romanziere, quel Bàccolo che sapeva descrivere con poche battute grandi realtà e che abbisognava, per i suoi testi, di spazi limitatissimi e di tempi immensamente ristretti.

E qui ritrovano i ricordi comuni, le amicizie profonde che legano l'uno all'altro e viceversa. Le zie Saccione, le vacanze trascorse a Limone Piemonte, Savigliano come «ombelico dell'universo» che avrebbe potuto essere spostato a metà strada tra Savigliano e Saluzzo.

Natascia Chiarlo, con un intermezzo recitativo di buon livello -la scelta dei testi è stata particolarmente attenta e rappresentativa-, ha individuato e segnato i due momenti specifici della commemorazione.

A Beppe Trucco, successivamente, è toccato rinsaldare il legame esistente tra Bàccolo e Savigliano. Con un tono fortemente sentimentale -e per Trucco non poteva essere diversamente- egli ha raccontato a ruota libera, non senza emozione, delle sue amicizie, di quelle comuni, dei grandi amori per la città e dei sentimenti che può provare chi, come è capitato ad egli stesso ed a Bàccolo, si sente in esilio forzato quando si trova anche soltanto pochi chilometri lontano dalla propria città. Trucco ha fortemente rivendicato a Savigliano ed alla saviglianità la figura di Bàccolo uomo e studioso.

Per concludere Piero Camilla, non senza emozionarsi visibilmente, ha tentato di contrastare il precedente intervento al fine si ristabilire un equilibrio circa i grandi amori cittadini di Bàccolo. Non solo Savigliano, ma anche Cuneo. E, dopo aver parlato di ulteriori e fraterne vacanze marine e montane, ha dato lettura di un attento e rigoroso testo di Bàccolo riguardante la storia del capoluogo di provincia.

La giornata commemorativa -ben architettata dalla direttrice della Biblioteca Elda Mellano- si è chiusa, come si era aperta, con un interveto del sindaco Alfredo Dominici.

Luigi Botta

(«Corriere di Savigliano», 10 dicembre 1993)

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