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Cristoforo Beggiami

Savigliano

LUIGI BOTTA PER SAVIGLIANO

UN'ASSOCIAZIONE CHE SI OCCUPA DI EDITORIA SIN DALL'ORIGINE

Un anno dalla scomparsa, Savigliano ricorda

GINO BACCOLO

Celebrato a Palazzo Taffini il grande scrittore

Luigi Bàccolo nasce a Savigliano nel 1913. Laureato in lettere classiche alla Normale di Pisa, ha insegnato nel Licei di Savigliano e di Cuneo. La figura di Luigi Bàccolo è di risonanza nazionale per la sua attività giornalistica, come collaboratore di importanti testate quali «La Stampa», «La Gazzetta del Popolo», «Il Resto del Carlino», e per la sua opera saggistica e di narrativa, che gli fruttò riconoscimenti da parte di critici di risonanza nazionale, tra i quali, addirittura, Benedetto Croce. È noto al grande pubblico per una vasta produzione saggistica sul 1700 e per i suoi romanzi. Ricordiamo il ritratto del Marchese del Sade, la vita di Alfieri, la vita di Casanova e «Amore a quattro voci», solo alcune tra le sue tante opere. Sabato 4 dicembre, a un anno dalla scomparsa, nella sala di Palazzo Taffini, esponenti del giornalismo e della letteratura nazionale quali Piero Bianucci ed i professori Jacomuzzi e Sozzi, affiancati dalla Dott. Elda Mellano e da due amici del Bàccolo, hanno voluto ricordare questo grande saviglianese nella sua veste umana e privata.

Nel porsi di fronte a uomini di cultura di questo calibro, c'è la tendenza rischiosa a cadere nel prosaico. Si comincia a dire chi era e cos'ha fatto, e magari si condisce il tutto con una bella «critica estetica» della sua opera, in modo che il pubblico non ci capisca niente. Ma a Luigi Bàccolo è stato riservato un trattamento diverso, perché ancora vivo e presente è il valore dell'uomo Bàccolo in Savigliano, e quindi è ancora impossibile ricordarlo freddamente solo come scrittore. Parlare di Luigi Bàccolo, ora, in una Savigliano che sta viaggiando nel tempo per riscoprire i suoi uomini illustri, non significa però commemorare un defunto. «Non sarebbe nel suo spirito giovanile, andrebbe contro il suo atteggiamento sereno verso la vita» dice Piero Bianucci, giornalista, scrittore, redattore capo de «La Stampa». E infatti Luigi Bàccolo si trasforma come per miracolo in «Gino», e Gino rimarrà fino alla fine. Non si parla di chissà quali uomini lontani nel tempo e nello spazio. Si parla di un amico, un amico grande per valore umano e professionale.

Lionello Sozzi, ordinario di Letteratura francese presso la facoltà di Lettere di Torino, ricorda come il suo Gino non fosse un letterato accademico, pedante, libresco. La sua vita era la letteratura, e individuare i confini tra l'una e l'altra era pressoché impossibile. Sozzi ricorda Bàccolo come uomo della gioia di vivere, come un uomo che ci ha lasciato una grande idea di un'umanità forte e compatta, che sa resistere al male. Anche Stefano Jacomucci, ordinario di Letteratura italiana all'Università di Torino, ricorda come gli fosse difficile distinguere tra il «Bàccolo che scrive e il Gino che parla».

La letteratura e la vita sfumavano l'una nell'altra, i suoi personaggi nascevano dalla realtà, nella realtà, e creavano essi stessi il mondo fantastico della letteratura. Bàccolo è ricordato soprattutto come un uomo umano, che ha saputo umanizzare anche il mondo circostante ed esprimerlo nella sua opera in modo comprensibile. I suoi personaggi sono tangibili, tridimensionali, sono uomini donne che incontriamo per strada, al mercato. E Savigliano diventa magicamente la città dei sogni, «l'ombelico dell'universo», a detta dello stesso Bàccolo. La sua Savigliano è teatro di alcune sue opere, e i suoi uomini vi si muovono con leggerezza, con la disinvoltura che solo un grande scrittore avrebbe saputo donare loro. Natascia Chiarlo legge per il pubblico alcuni brani tratti da varie opere, e subito possiamo penetrare nello stile di Bàccolo, cogliere la sua finezza, il suo equilibrio, la classe del suo scrivere mai volgare o eccessivo, ma gustoso in certe sue espressioni colloquiali e veraci, colte nella loro quotidianità.

E davvero, più che mai, dobbiamo accorgerci di quanto testimoniano i suoi amici: tra il Bàccolo scrittore e il Gino uomo c'è un limite sottilissimo, venato di passione, di sincerità, di umanità. E c'è commozione vera nell'intervento dei suoi amici Piero Camilla, e Beppe Trucco, che ricordano come la sua estrema capacità analitica, la sua abilità nel penetrare a fondo i testi e le realtà circostanti, altro non fosse che l'effetto del suo amore per la vita, della sua ironia verso le vanità del mondo. Non c'era chissà quale solennità, nella sala Taffini, ma la dolcezza di trovarsi con un amico, che Beppe Trucco ha immaginato entrare in silenzio e umilmente, con il sorriso, uscire prima di tutti.

M.B. [Beppe Mariano]

(«Il Saviglianese», 8 dicembre 1993)

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