“do-yourself” utopia (1972)

 

 

 

Per comprendere, in termini ampi, Soleri ed il successo delle sue conferenze ed iniziative negli ambienti universitari americani, conviene conside­rarlo uno dei profeti della do‑yourself utopia.[1] Egli, ovviamente, protesterebbe (ed ha protestato) per questa interpretazione. Ma si tratta di obbie­zioni terminologiche più che sostanziali. Utopia per lui, etimologicamente, è il non luogo, cioè i sob­borghi, o l’abitato sterilmente immerso nella na­tura. Ma utopia, storicamente, è il tentativo di fon­dare e conservare una società migliore, meglio or­ganizzata, dunque, più compatta, unitaria ideologi­camente o per mezzo di vincoli esterni, o interni, o con entrambi i mezzi. Ed il do‑your‑self, già sotto­prodotto della produzione industriale (cioè vendita di prodotti standardizzati finiti solo a mezzo, allor­ché era più conveniente per il fabbricante troncar­ne il processo), sta ora diventando una potente al­ternativa morale, se non economica, alla società di massa ed al consumismo.

 

Tutto il mondo a domicilio con il “The Last Whole Earth Catalog”

 

Per rendersene conto basta sfogliare – e richiederà molto tempo – il gigantesco ma economico catalogo della Fondazione Portola “The Last Whole Earth Catalog” (cito dalla edizione primavera 1971[2], relativo a libri, oggetti, architettura e loro parti, strumenti e tipi di vita, da acquistare – se si vuole – per corrispondenza presso il grande magazzino omonimo, “Whole Earth Catalog”, 558 Santa Cruz Avenue, Menlo Park, Ca 94025.

Siccome esso muove da idee di Buckminster Fuller (che Kahn definisce un metafisico, opponendolo a Soleri che sarebbe prevalentemente un poe­ta), i principali volumi teorici di questo architetto sono recensiti all’inizio, e seguiti da altri libri sul­l’universo, specialmente sulle galassie, sulle visioni della terra dai satelliti, da atlanti ecologici, da al­bum documentanti la degenerazione ambientale, o imponenti trasformazioni, da saggi sui processi or­ganici di crescita, o di antropologia, di futurologia, ecc. Una piccola parte di questa rassegna di libri (centinaia) da comperare (costano in media ciascuno sulle due‑tremila lire) è dedicato all’antico socia­lista, già combattuto nel 1930 dai Marxisti, ora rivalutato dagli anarchici, Lewis Mumford.

Succede quindi una serie di manuali per la col­tivazione generica o specializzata di piccoli campi (il catalogo, che proprio per questo ha avuto un enorme successo, pur avendo ricevuto una pub­blicità quasi solo orale, si rivolge infatti ad una delle più larghe fette del pubblico giovanile e di mezza età americano, cioè ai vari milioni di perso­ne ormai coinvolte, in un modo o nell’altro, in una vita di comuni, e attenti lettori della stampa un­derground), dando accurate recensioni di strumen­ti agricoli, indicazioni circa gl’insetti benefici, listi­ni di prezzi per economici trattori (sulle trecentomi­la lire), per serre di gomma, di legno, in genere geodesiche, ed elementari strutture architettoniche: ricordo in proposito che la scuola di Fuller ha preparato dei facili manuali per la costruzione di cupole geodesiche con ogni qualità di materiale. Un lato assai interessante, specialmente per il basso costo degli strumenti, è rappresentato dai proposti sistemi di ventilazione, irrigazione, pompaggio, cel­lule solari per il riscaldamento, scavo di pozzi, e di miniere. Per il trasporto sono venduti camion a circa un milione, e buses a 300.000 lire (usati e con alcuni vetri dei finestrini spezzati). In mezzo al discorso sulla natura da coltivare ‑ una utopia che capovolge, paradossalmente, la funzione agri­cola antica ‑ è inclusa una bibliografia ragionata ed illustrata di Soleri, anche se le sue costruzioni per ora non si possono acquistare per pochi dollari, o farsele individualmente al contrario di quelle di Fuller.

Soleri è accostato alla esemplificazione di una architettura senza architetti, e, dall’altro versante, a Gaudì. Di riviste moderne è indicata solo, e for­se giustamente, Arcbitectural Design. Più pagine sono dedicate alle cupole (anche in seguito al loro uso nelle comuni, una delle quali, Drop City, ha vinto uno speciale premio architettonico, ed è rea­lizzato con tetti di macchine usate). Per chi volesse comperare queste strutture già fatte o loro elemen­ti, gl’indirizzi sono: Futuro Corporation, 1900 Rittenhouse Square, Philadelphia, Pa, 1903; Ten­sion Structures, Inc: 419 East Main Street, Milan, Michigan, 48160 (una cupoletta di circa 7 metri, mon­tabile in tre ore, da trasportarsi in macchina, che co­sta un milione netto); Dyna Domes, 22226 North 23rd Avenue, Phoenix Arizona, 85027, che fabbri­ca in legno elementi da montarsi, al costo finale di 2 dollari al piede quadrato. Ma moltissimi, ormai, definendosi carpentieri (anche se sono professori universitari) si costruiscono case, diciamo, normali, con tutti i servizi, per cui esistono parti, strumen­ti e manuali. Il catalogo che stiamo esaminando se­gue, pertanto, con una discussione sul legno, sui tubi, sulle viti, sulle stufe, sui mattoni, sui sacchetti di sabbia (economicissimi per costruire mura), sul­le tende di copertura (il nome qui fatto ovviamente è quello di Frei Otto, sugli “ inflatables “ (chi vo­glia può comperarli per corrispondenza, o affittarli presso Arista Custom Tapes foot of Farm Road, Secaucus. New Jersey), sulla plastica (gli strumen­ti necessari per spargerla si acquistano presso W. E. Mushet Co. 725 Bryant Street, San Francisco, CA 94107) e se per caso capitasse un disastro, basta chiamare l’Adhesive Engineering Company, 1411 Industrial Road, San Carlos, California 94070, che riattacca tutto, anche ponti di autostrada spezzati a metà. Stiamo dando questi riferimenti perché tut­to quanto sto esponendo non soltanto è usato, spe­rimentato, ma prodotto in serie. A pag. 110 del catalogo c’è un lungo elenco di fornitori.

Per costruire è necessario, almeno empirica­mente, un progetto. Ecco quindi elencati manuali sulla progettazione, e sulla storia della tecnica, specialmente di paesi extraeuropei, la cui esperien­za non è ancora stata sufficientemente analizzata ed esperimentata nel nostro mondo. Le pagine che se­guono sono un’inventiva rassegna anche del disegno industriale e dell’artigianato (gli esempi dati di no­di e legamenti ne sono l’aspetto più ludico), ed in una situazione così bene esemplificata ritorna il piacere di farsi artigiani (fabbricando dalla pipa al­la culla del neonato in vimini, dalla casa alla città), è veramente difficile distinguere ciò che è lavoro da ciò che è divertimento. I boccettoni per mar­mellate e conserve, ad esempio, sono diventati ra­rissimi, una merce da importare in America a ton­nellate. Naturalmente chi fosse capace a farseli sof­fiando il vetro si risparmierebbe molte noie.

Basta anzi comperare il libro Creative Glass Blowing di James E. Hammesfahr e Clair L. Strong. Il relativo forno è già in vendita a 395 dollari.

Un tornio per ceramista costa ventimila lire. Fra le forme di artigianato più diffuso è ora la tessitura, per cui si sono iniziati corsi regolari ad esempio ad Harmony, Pa., ed a cui si dedicano specialmen­te benestanti pensionati. Il telaio, assolutamente non meccanico, va costruito sulla base dei manuali distribuiti dal Craft & Hobby Book Service, Box 626, Pacific Grove, Ca 93950; bellissimi esemplari, fedele imitazione di quelli settecenteschi, costano da 90 mila (riempiono una stanza intera) a 115 mi­la lire.

Risolti i problemi privati (cultura, ricovero, ar­tigianato), restano quelli della convivenza. Le leggi secondo cui le comunità durano o si distruggono sono già state accuratamente studiate; sono infatti indispensabili una ferrea, ma volontaria, unità, adattamenti reciproci, compatibilità, ecc., ed inte­grazione completa.

Una delle più antiche colonie fondate in que­sto secolo è Bruderhof, una federazione di tre cit­tadine, nello Stato di New York, Pennsylvania e Connecticut, annoverante 750 abitanti, iniziatasi in Germania nel 1920, trasferitasi in USA nel 1954 dopo insediamenti provvisori in Inghilterra e nel Paraguay. Per informazioni correnti (anche re­lative a territori dove insediarsi gratis) si possono leggere le due riviste Modern Utopian, trimestra­le, edito da Alternatives P.O. Drawer A., Dia­mond Heights Station, San Francisco, CA 94131; o Alternate Society, mensile, pubblicato dalla Al­ternate Society, 47 Riverside Dr., Welland, Onta­rio, Canada. Sono regolarmente pubblicate liste di tutte le centinaia di comuni esistenti, e documenti sulla loro vita. Sono anche numerosi i corsi univer­sitari e le esercitazioni su questi argomenti. La ra­gione principale d’interesse è stata espressa assai be­ne dalla lapidaria definizione: “Una delle ragioni per cui noi promoviamo le comuni è che non c’è posto migliore per fare volontariamente tutti i pos­sibili errori”. I manuali elencati a questo punto dal nostro catalogo sono studi di sociologia e psicologia di gruppo, ed i prodotti delle comuni sono distri­buiti in modo economicamente redditizio, tramite i negozi e magazzini diligentemente elencati nel Directory of Community Market. Il prezzo di ven­dita, pur mantenendo un certo profitto, è la metà di quello normale. Con questi prodotti è possibile, anche, cucinare assai meglio, perché per principio non sono refrigerati, ma freschi; non hanno il ri­schio di avvelenare a causa dei concimi chimici, e soprattutto sono coltivati con pazienza ed amore. A cucinarli s’impara con i vari libri, sulle cucine di ogni continente, elencati nel nostro catalogo da pag. 198 in poi.

Ne cessiamo, a questo punto, la rassegna, invitando a comperarlo, e a metterlo negli scaffali ac­canto a Rolling Stone, la rivista della nuova gene­razione, o all’inglese Friends (la quale pubblica in puntate un analogo catalogo). Infatti i consigli su come partorire senza rischi, i prezzi dei synthesizers musicali, dei videopapes, o degli strumenti di psy­chocybernetica interessano tutti, e non solo gli as­sociati viventi in comuni.

 

 

Il lavoro volontario dei gruppi e l’arte di costruirsi la città

 

Chiuso l’enorme catalogo in folio, con le sue 447 pagine, torniamo a Soleri. Egli afferma che il suo esperimento in Arizona non è una città, ma lo studio per la ristrutturazione futura della città; ed una recentissima proposta, che speriamo si rea­lizzi, è infatti venuta da amici di Chicago, che vor­rebbero vedere sorgere una sua architettura eco­logica al posto di uno dei vasti geometrizzanti quar­tieri decaduti a ghetto. Il concetto di miniaturiz­zazione è infatti l’opposto dell’isolamento arcadico: ma resta analogamente ancorato a valori umani, im­plica, infatti, una intensissima frequentazione civi­le, quale abbiamo con sorpresa constatato in que­sti giorni a Roma nelle zone fra Piazza di Spa­gna e Via del Corso completamente chiuse al traf­fico. La dimensione delle strutture portanti, di servizio, concepita dal Soleri è sul piano degli ulti­mi grattacieli di trecento metri (che diventeranno nel prossimo decennio la misura standard dell’habi­tat urbano). Tuttavia il fatto essenziale, almeno per ora, è che in Arizona, come il Ricci fece con più esplicite implicazioni politiche in Florida, la città sorge per mezzo di lavoro collettivo, volontario, animato da un entusiasmo che è quasi religioso.

Come è noto, all’inizio si trattava di pochi idea­listi, ma progressivamente i gruppi si sono accre­sciuti (il processo è maturato in pochi mesi), co­sicché ora sono centinaia gli studenti che si susse­guono, dando all’impresa la caratteristica d’un ve­ro e proprio term[3] universitario. Alcune università, assai intelligentemente, considerano tale periodo di frequenza scolastica, e danno “crediti”, cioè punti per la laurea, come se si trattasse d’un corso nor­male. Il fascino sta nel lavoro di gruppo, nel mito della creazione d’una città, nella possibilità di fare una durissima esperienza di lavoro diretto, non so­lo dirigendo un cantiere, ma percorrendone le fasi operative come maestranza. Lasciatemi tradurre l’inizio del programma, pianificato per una lenta realizzazione in un decennio. Per ora sono state co­struite le basi dei grossi piloni, una grossa abside, elementi per assicurare il soggiorno agli studenti, ecc.

 

Arcosanti di Soleri ovvero i pionieri nel deserto

 

“ARCOSANTI,  4 Agua Fria Mayer, Arizona

 

Regole per la domanda di ammissione al work­shop. Informazioni. 1972.

Si prega di leggere accuratamente.

 

“Il programma Arcosanti è l’esecuzione, in fasi successive, del progetto Arcosanti nell’Arizona cen­trale. Questo consiste in una struttura in cemento ed acciaio che dovrà ospitare, una volta ultimata, circa 3.000 persone. La struttura, concepita e progettata da Paolo Soleri, sarà il risultato di lunghi anni di lavoro e dedizione.

Come partecipante, lei accetta implicitamente per il periodo della sua presenza l’autorità e le de­cisioni della Fondazione. E’ importante compren­dere che il grado di autorità e comando sarà pro­porzionale al grado di responsabilità assunto ed alla intensità della partecipazione al programma. Conoscenza, abilità, energia, convinzione e tempo sono gl’ingredienti della partecipazione, cioè le cre­denziali per la responsabilità e l’autorità.

Lei non troverà una città in cui lavorare, né una società di cui divenir membro. I partecipanti sono pionieri nel deserto. L’idea guida sarà la convinzio­ne che il dilemma urbano può essere affrontato po­sitivamente, in modo ottimistico, e con misure radicali. Lei deve tuttavia comprendere che fino a quando il nuovo tipo urbano sarà definito solo con­cettualmente, e non costruito concretamente, la sua benefica azione non potrà né esistere né essere gioita.

Il fine principale del workshop sarà realizzato fra dieci anni. Il dogma centrale dell’arcologia è che la città è uno strumento necessario per la evo­luzione dell’uomo. Lei pertanto, lavora per qual­cosa che si realizzerà solo se sarà fatto un suffi­ciente sforzo per costruirla (situazione pioneristi­ca). Quindi:

 

1.  Il workshop non costruisce una comunità. Co­struisce una struttura che alla fine ospiterà una comunità.

 

2.  Il workshop non è una classe. E’ una esperienza di costruzione. S’impara facendo, ma ci saran­no uno o due seminarí per settimana, d’implica­zione arcologica. Speriamo che lei parteciperà attivamente alle discussioni.

 

3. Un lavoro di tipo sociale non fa parte del work­shop, ed è solo contingente al suo successo. Iniziative “sociali” dovranno originare dai par­tecipanti e saranno bene accolte, purché non in­terferiscano con le attività di costruzione.

 

4.  L’intensità dell’esperienza dipenderà moltissimo dalla sua capacità di adattamento alle condizio­ni di ambiente e di lavoro.

 

5. Lei spenderà i primi tre giorni familiarizzandosi con la Fondazione Cosanti, al numero 6433 di Doubletree Road, Scottsdale, e ad Arcosanti, con il suo concetto arcologico, con le attività in corso, con gli strumenti, le macchine e le tecniche usate. Nei successivi 27 giorni, lei la­vorerà 7 ore e mezza al giorno. L’ora d’inizio e il programma varieranno secondo la stagione e le strutture in esecuzione.

 

6.  Cerchi di essere all’indirizzo di Doubletree Road il lunedi mattino in cui inizia il periodo di workshop.

 

 

Dobbiamo ripeterlo: Lei viene ad un cantiere per partecipare alla costruzione di Arcosanti. Que­sta resta il fondamentale scopo del workshop “.

 

Pochi commenti. L’iscrizione, adeguata alle tas­se di ammissione ai corsi universitari, costa singo­larmente 270 dollari, più 66 dollari di spese per vitto e cucina. Ma, quando il 10 per cento della città sarà eseguito, i partecipanti avranno diritto di insediarvisi. La diffidenza verso lavori sociali (cioè politici), e verso un tipo di comunità anarchi­co nel peggior senso, sono specialmente dovuti a ragioni pratiche ed alla necessità di mantenere un buon vicinato con le prossime comunità tradiziona­li ed alla severità di vita delle comuni. Invece, l’in­sistenza sulla necessità di costruire, prima, e di sperimentare poi (insistenza logicamente ovvia, ma psicologicamente corretta) dipende dal concetto di Soleri che la funzione seguirebbe la forma, e non viceversa; dalla imprevedibilità dei processi organici e culturali, del valore mistico, come corpo vivente, attribuito alla città.

 

I cantieri delle comuni e la “reverence for life”

 

Ci sono numerosi punti di contatto fra il mondo cul­turale ed economico delle comuni, e le anticose di Soleri. Il farlo da sé è un cardine essenziale. Se­condo punto è di far le cose bene, e con amore. Terzo di farlo in gruppo, con la soddisfazione sol­tanto del fare, e senza ipoteche per il futuro. Quar­to è la riverenza per la natura, che queste macro­strutture lasciano intatta attorno.

Sì, la scala di Soleri è gigantesca; il suo sogno urbano (come d’altronde quello parallelo di Ricci, per far solo esempi di architetti nostri, paradossal­mente spinti dall’esilio a rinnovare il tipo di città nato dalle utopie socialiste dell’Ottocento, dedite alla villetta unifamiliare) è congestionato e frastor­nante. Ma è commovente vedere che almeno in una delle nuove città, Reston, in Virginia, c’è folla, ani­mazione per le strade e soprattutto nella piacevole piazzetta sul lago. Secondo Soleri è questo affol­lamento che dà alla città una funzione irripetibile e insostituibile. “The portent is to make the whole animal (the city) with its physiological and techno­logical instruments and with its leaves growing amply up there, into a pandemonium, a quivering, of grace, serenity, fire, joy, reverence, excitation, consciousness, expaction”. Ed una sola legge è valida, per mantenere equilibrio: il rispetto per ciò che è vivo. O meglio in inglese “reverence for life”.

Questa è forse la nuova aspirazione, un po’ ro­mantica, stupita, illogica, contemplativa, che gli ar­chitetti visionari d’oggi, e le comuni stanno rein­troducendo, sommessamente, entro tutti noi.

 

Eugenio Battisti

 

Originalmente pubblicato in:

Bollettino degli Ingegneri, Organo ufficiale del Collegio degli Ingegneri di Firenze e Toscana, n.1, 1972, pp. 23-27.

 

 


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[1] Ho il dovere di ricordare gli amici cui devo informa­zioni relative ai problemi su discussi: anzitutto i miei al­lievi del corso sull’utopia, durante l’autunno 1971, Soleri, Kahn che hanno dato seminari entro tale corso, l’Institute for the Arts and the Humanities, ed il Dipartimento di Architettura che ha creativamente collaborato a realizzare questi incontri. Il titolo di queste pagine è suggerito da una ricerca di Mary Ann Nitsche sul Whole Earth Catalog che discutiamo nel testo.

[2] Mi baso anche su notizie recuperate da Mary Ann Nitsche, e solo in parte incluse entro il catalogo stesso, a pag. 435 e seguenti. Al 30 aprile 1971 esso era già un af­fare di oltre duecento mila dollari. L’appoggio venne da Dick Raymond, già ricercatore allo Stanford Institute, e fondatore del Portola Institute, posto dove far germogliare nuove idee, specialmente riguardo all’educazione. L’idea è invece di Stuart Brand, ed il lavoro di compilazione del catalogo, inizialmente privato, poi divenuto collettivo, con una vasta collaborazione retribuita, durò tre anni. Un con­tributo essenziale è venuto da un viaggio compiuto in un camioncino, attraverso le comuni della California, cercan­do di soddisfare i bisogni propri di questa larga società specializzata. Il successo è stato tale da rischiare di far tas­sare la Fondazione Portola come impresa commerciale. Di qui forse la decisione di cessare la pubblicazione di ristam­pe aggiornata da più recenti recensioni ai prodotti o ai loro rivenditori, con l’autunno del 1971. Analoghi cataloghi sono stati allestiti, in imitazione, per il Canada e per l’Inghilterra. Esserne possessori di almeno una copia dà uno strano senso di orgoglio. Ho lanciato un terribile sguardo d’odio ad un signore che, sullo stesso aereo, trasportava a mano (sarebbe difficile fare altrimenti) un’altra copia. Ma fortunatamente, egli si fermò in Inghilterra.

 

[3] Semestre.