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LA
BIBLIOTECA APROSIANA A VENTIMIGLIA
La più antica biblioteca d’Italia è a Ventimiglia, anzi la
prima, ed è stata fondata da Padre Angelico Aprosio. Ho constatato le
meraviglie racchiuse nell’antico palazzo comunale nell’antica via Garibaldi, in
Ventimiglia Alta e sono pervenuta a scoperte, veramente, stupefacenti, che
hanno rallegrato il mio spirito e gratificato la mia mente.
La Biblioteca è in un palazzo di due piani, belli, spaziosi,
di un nitore impareggiabile. Ma, il secondo piano è inanerrabile!
Come entri in questo enorme salone ti senti attrarre da tutto lo scibile umano.
La Biblioteca deriva dall’Agostiniano Padre Angelico
Aprosio, un ventimigliese, nato nel 1607, erudito e critico secentesco, che la
fondò nel 1648, e la cui agiata famiglia favorì l’inserimento del giovane nel
Convento Agostiniano, che lo stesso Ordine possedeva a Ventimiglia. Il giovine
si distinse negli studi teologici e filosofici e venne molto richiesto ed
apprezzato.
Viaggiò molto in Italia, e per i suoi studi raccolse ogni
genere di opere che non abbandonò mai. A Siena, non avendo rifugio decoroso per
ripararsi, i suoi tomi li accatastava sotto il letto. Padre Aprosio aderì a
numerose Accademie: a Venezia, a Gubbio, Firenze, Roma ed anche a Taggia, un
paese a pochi chilometri da Sanremo.
Ebbe amici illustri e fu, anche, amico del veneziano Pietro
Michele e Giovanni Francesco Loredano. Venezia gli fu, particolarmente, cara e
la scelse come ultima dimora del suo frenetico peregrinare. L’ambizioso disegno
di Padre Aprosio fu quello di creare una grande biblioteca, e nel 1648 si aprì
la prima in Liguria e una delle prime in Italia.
Nel 1653 essa fu ufficialmente riconosciuta da Papa
Innocenzo X°, che proibì di asportare i preziosi tomi, sotto pena di scomunica.
E’certo che il nome di Padre Angelico raggiunse anche l’estero e venne
celebrato nelle Accademie di tutta Europa.
Fu molto polemico, tipico prodotto di intellettuale
secentesco, irrequieto, ambiguo ed un po’ grafomane. Pubblicò anche numerosi
scritti sotto nomi fantasiosi. L’Aprosio riuscì a dotare la biblioteca di circa
diecimila opere, abbracciando un arco culturale di 150 anni. Raccolse
manoscritti rari: narrativa, teatro, diritto, linguistica e tanti altri.
Una vera e propria summa dello scibile secentesco.
Morì nel 1681 e lasciò tutte le sue opere al Convento degli
Agostiniani nella sua città. Però, poco per volta, venne il declino e nel XVII°
secolo l’Aprosiana fu quasi dimenticata e, per ordine del Direttorio della
Repubblica Ligure, ben 3.000 opere furono asportate. Ora, restano quasi 7.000
volumi ed al secondo piano, nell’austero salone, spicca il ritratto di Angelico
Aprosio, circondato da illustri personaggi dell’epoca, tra cui il famoso
astronomo di Perinaldo (piccolo paese dell’entroterra) Gian Domenico Cassini ed
il Conte di Ventimiglia.
Quando sono uscita dalla Biblioteca, mi sono sentita come una aliena, poiché ho lasciato il mio cuore, la mia anima ed il mio intelletto tra quei tomi antichi che mi hanno fatto rivivere un passato che non si deve dimenticare, perché è parte del nostro retaggio culturale dell’Estremo Ponente Ligure e dell’Italia, patria di artisti e di storia, invidiata da tutto il mondo!
ERCOLINA MILANESI è collaboratrice de "Il Giornale d'Italia" per filosofia, teologia, e politica. Scrive inoltre sul "Popolo d'Italia", "L'altra voce", "Libero" e altri giornali su argomenti diversi, fra i quali storia antica. “La mia passione è scrivere, ed ho l'ardore di una ventenne”.