Ribellandosi ad una denominazione storica peggiorativa,
le popolazioni berbere dell’Africa nordoccidentale trovano nella coscienza
della propria identità culturale l’ispirazione per rivendicare un
posto adeguato nella vita dei paesi che hanno contribuito a sviluppare.
"Berberi" è il termine generico col quale si designano alcuni
gruppi etnici minoritari del Maghreb, che presentano comuni elementi linguistici,
di una lingua differente dall’arabo, ed anche comuni tratti culturali.
Il termine "Berberi", dal greco "Barbaroi" e dal latino "Barbari", denominazioni
attribuite, non senza una punta di disprezzo, da greci e romani, alle popolazioni
al di fuori dell’area ellenistica, fu usato nel mondo arabo per designare
le popolazioni incontrate nell’Africa del Nord durante le "futuhat" (incursioni,
conquiste) arabe del VII e VIII secolo. Se i Berberi costituissero la sola
popolazione autoctona dell’Africa nordoccidentale fin dai tempi antichi
o si affiancassero ad altre (Libici, Numidi, Getuli ecc.), sulle quali
abbiano preso il sopravvento ad un certo momento della storia, non si conosce
per certo. Si sa invece, che tutta la regione, prima della conquista araba
era stata colonizzata, ma in maniera diversa per durata, ampiezza geografica
e penetrazione culturale, da vari popoli: Fenici (Punici), Greci, Romani,
Vandali, Bizantini...Le varie invasioni hanno causato una dispersione di
queste popolazioni su territori vastissimi, di modo che oggi se ne possono
trovare gruppi in regioni diverse del Nordafrica, specialmente in Algeria
e in Marocco. In Algeria, su 30 milioni di abitanti, il 20 % si dichiarava,
nel 1989, di madre lingua berbera: sarebbero, quindi circa 6 milioni. Il
gruppo più consistente è formato dagli abitanti della Cabilia,
regione montagnosa ad est di Algeri fra le province di Algeri e di Costantina.
Accanto ai Cabili sono da ricordare gli "Scavi" che abitano nella zona
montagnosa dell’Aurès (500.000) e i "M’zabiti", abitanti nelle oasi
sahariane del M’zab (100.000). Berbere sono le popolazioni Tuareg, che
vivono da nomadi nel Sahara, in territori che appartengono al Niger (circa
500.000), al Mali (300.000) all’Algeria (20-30.000), alla Libia (50.000),
al Burkina Faso (30.000).In Marocco il 40 % della popolazione è
di lingua e discendenza berbera (statistiche del 1989), cioè circa
12 milioni, raggruppati in tre grandi zone, contraddistinte da parlate
differenti: il dialetto "rifis" nel nord, il "tamazight" nell’Atlante centrale
e nel grande Atlante e la zona del dialetto "scitico" nel sud e sudovest.
Nella grande varietà di dialetti, gli studiosi hanno individuato
un vocabolario di base ed una grammatica comuni. Secondo questa lingua,
chiamata generalmente "tamazight", queste popolazioni vengono chiamate
"Imazighen" (uomini liberi, sing. Amazigh), europeizzato in "Masiri", mentre
il termine Berberi viene oggi ripudiato, per la sua connotazione peggiorativa.
La terminologia è soggetta a innovazioni e incertezze, dovuti al
clima di rivendicazione culturale. In lingua masira il Nordafrica verrà
chiamato "Tamazgha", la terra dei Masiri. La lingua ha conosciuto ed usato
anche una scrittura basata sull’alfabeto "tifinagh", ancora adoperato dai
Tuareg, e della quale si sono scoperti, nella zona dell’Atlante, monumenti
risalenti al VII secolo a. C.
Prima della conquista araba il Nordafrica conobbe un valido sviluppo culturale e politico ad opera dei Romani, a partire dal II secolo a. C., arricchito da un notevole apporto cristiano, dal II secolo dopo Cristo. Ma non sappiamo con molta esattezza quanto la cultura romana e cristiana siano penetrate fra le popolazioni rurali autoctone.La conquista araba dei secoli VII e VIII incontrò la strenua opposizione dei Berberi, sempre gelosi difensori della propria indipendenza. Essi adottarono l’islam, ma non senza difficoltà, almeno nei primi secoli della conquista. L’islamizzazione di tutto il Maghreb non venne compiuta che verso il secolo XII, durante le dinastie berbere degli Almoravidi (1056 - 1147) e degli Almohadi (1130- 1269). Ma cospicui territori, situati in luoghi di difficile accesso, pur accettando la religione musulmana, rimasero fedeli alla cultura e alla lingua berbera e offrirono un rifugio a movimenti religiosi ed a sette in opposizione al califfato sunnita, come i Kharigiti, gli Sciiti ed altri. Così si costituirono gli insediamenti kharigiti nelle oasi sahariane del M’zab, e i rilevanti insediamenti berberi nelle montagne della Cabilia e dell’Aures e nel lontano Marocco occidentale.La situazione culturale e linguistica del Maghreb determinata dalla conquista araba rimase essenzialmente la stessa per secoli, fino alla conquista europea (Algeria 1830, Tunisia 1880, Marocco 1912), e anche durante il periodo coloniale. Tensioni, confronti, aspirazioni di un lontano passato si sono ripresentati, quindi, nella situazione attuale e coll’indipendenza hanno trovato un terreno più consono all’affermazione di diritti conculcati o di aspirazioni ignorate per secoli. Il problema delle minoranze berbere si è presentato particolarmente acuto nei territori berberi algerini della Cabilia e dell’Aures e nei territori sahariani abitati dai Tuareg.I popoli Tuareg hanno attraversato una profonda crisi, dovuta a diverse cause: essenzialmente una crisi di identità, dovuta all’irrompere della modernità in un mondo basato sul nomadismo, il trasporto a dorso di cammello, l’allevamento. Negli anni ‘50 i mezzi meccanizzati, i "camion", hanno preso gradualmente il posto dei cammelli per il trasporto delle merci, mettendo in crisi anche l’allevamento degli animali.Negli anni ‘60 l’indipendenza dei paesi saheliani, del Niger e del Mali in particolare, con la conseguente definizione delle frontiere, divideva forzatamente la comunità tuareg, abituata a comportarsi come un tutto omogeneo, in gruppi minoritari all’interno di due, tre diversi stati moderni, con difficoltà enormi per la propria identità culturale e l’inserimento nella vita nazionale. Negli anni ‘70 -’80 gravi e ripetute carestie colpirono tragicamente la popolazione già provata. Su tutto questo sfondo è venuto ad inserirsi un insieme di rivendicazioni, di prese di coscienza della propria identità etnico-culturale, animato da movimenti politico-militari, che ricorsero alla violenza armata, provocando a loro volta dure repressioni, fughe di popolazioni, ed impressionando sfavorevolmente l’opinione pubblica. Solo nel 1995 il Niger, ed il Mali riusciranno a concludere un accordo di pace con i rispettivi movimenti tuareg, mettendo fine a un lungo periodo di violenze e di repressioni ed avviando anche una certa integrazione dei Tuareg nella vita nazionale ed un riconoscimento della loro lingua e cultura. Più complesso è il problema berbero all’interno dell’Algeria,
dove si inserisce in un insieme già difficile e complicato per la
lotta dell’integralismo islamista. La Cabilia, la sua popolazione berbera
numerosa, laboriosa e tenace, con l’indipendenza raggiunta nel 1962 si
attendeva dal nuovo stato algerino un riconoscimento della propria lingua
e cultura ed un peso politico proporzionato al pesante contributo di sangue
pagato per la causa nazionale, durante la guerra. Ma nell’Algeria di Ben
Bella e di Boumedien prevaleva il centralismo politico-culturale-religioso
sanzionato dalla prima Costituzione, che proclamava l’Islam religione di
stato, l’arabo lingua nazionale, il Fronte di Liberazione Nazionale (Fln)
sola forza politica riconosciuta. Si incominciò presto ad attuare
una politica culturale e linguistica filoaraba. Per attuare l’arabizzazione
della scuola primaria si importarono specialmente dall’Egitto un centinaio
di insegnanti arabi, mentre nell’università di Algeri si aboliva
la cattedra di lingua berbera, istituita nel 1962.Perfino il nome della
Cabilia scomparve dalla geografia e dall’amministrazione algerina, sostituito
con la designazione "Wilaya (provincia) di Tizi Ouzou".Le forze politiche
escluse dal potere o comunque tenute in secondo ordine, tentarono di ribellarsi,
di rovesciare la situazione, rovesciando gli uomini al potere. Mohammed
Boudiaf tentò di spezzare il monopolio del Fln con la fondazione
del "Partito della rivoluzione socialista", messo immediatamente fuori
legge. Nel 1963 Hocine Ait-Ahmed, cabilo, fondò il movimento "Fronte
delle Forze Socialiste" (Ffs), che assumeva le aspirazioni del popolo cabilo
e che si prefiggeva di rovesciare Ben Bella, con il concorso di ufficiali
e combattenti cabili. Era una vera ribellione politico-militare, la quale
tuttavia non riuscì ad avere l’appoggio di altre regioni algerine,
alle quali probabilmente il progetto dovette sembrare troppo cabilo, e
perfino secessionistico.
Preclusa la via politica vera e propria, le aspirazioni berbere si aprirono una strada nel campo culturale, con la promozione di iniziative, organizzazioni, istituzioni riguardanti la cultura berbera, il folklore, la lingua. Il movimento trovò spazio all’estero, fra i numerosi cabili emigrati in Francia, dove sorse, nel 1967 "l’Accademia berbera di scambi e ricerche culturali" e più tardi il "Gruppo di Studi Berberi" (Geb). Nel 1977 fu aperta l’università di Tizi Ouzou, la capitale della Cabilia, che offrì spazi per diffondere idee ed iniziative. Nel 1980 veniva fondato il Movimento culturale berbero (Mcb), che avanzava richieste di plurilinguismo e di riforme democratiche. Soltanto nel febbraio 1989, dopo la rivolta dell’ottobre 1988, si fondò un vero movimento politico che raccoglieva le aspirazioni e le adesioni dei Cabili, il "Raggruppamento per la cultura e la democrazia" (RCD), guidato dal medico Said Sadi. Il pluripartitismo venne introdotto con la legge del 5 luglio 1989, che aboliva praticamente il monopolio politico del Fln, screditato da parte dell’opinione pubblica, per la corruzione e l’inadeguatezza dei militari che lo dominavano a risolvere i problemi economico-sociali del paese. Fu allora che incominciò ad aver presa sulla popolazione l’ideologia islamista, che si presentava come l’unica via valida, di fronte all’incapacità del socialismo del Fln o dei regimi liberali dell’occidente, di risolvere i problemi dell’Algeria musulmana. Per strappare al "Fronte islamico della Salvezza" (Fis), il movimento islamista che incontrava sempre più larghi consensi, il monopolio dell’islamismo, il regime del Presidente Chadli Ben Djedid, accentuò la tendenza araba e islamica della politica di governo. Si accentuò l’arabizzazione delle scuole, si emanò, nel 1990 una nuova legge sull’uso quasi esclusivo dell’arabo, specialmente per le pubblicazioni di nuova edizione, si importarono ancora insegnanti di lingua araba: in una parola si crearono così le premesse del trionfo politico del Fronte Islamico alle elezioni comunali e locali del 1990 e al primo turno delle politiche nel dicembre 1991. Sono note le vicende dell’Algeria dalla presa di potere dei militari, nel gennaio 1992, per impedire lo stato islamico progettato dagli islamisti. Il regime militare algerino accentuava ancora le misure di arabizzazione, riprendendo, nel 1992 la legge del 1990 che era stata sospesa dal presidente Boudiaf. L’accentuazione dell’arabizzazione provocò forti reazioni, con scioperi e prolungate astensioni scolastiche in tutta la Cabilia. Nell’aprile 1995 il governo venne ad un accordo coi movimenti berberi e fu istituita una "istanza, un alto commissariato berbero" incaricato della riabilitazione della "amazighità", col compito di "promuovere il masiro come base dell’identità nazionale" e di "introdurre la lingua masira nel sistema scolastico e nelle comunicazioni". Ma nel luglio del 1998 veniva promulgata la cosidetta "legge sull’arabizzazione" con la quale il governo si rimangiava tutte le promesse e gli accordi precedenti. Per colmo di sventura, la legge entrava in vigore proprio nei giorni nei quali tutta la Cabilia piangeva la morte della vedette della cultura berbera, il cantante Lounes Matoub, assassinato dai Gruppi Islamici Armati, il 25 giugno 1998. I Berberi, i Cabili in particolare vengono così a trovarsi, per
così dire, tra due fuochi. Gli islamisti combattono le organizzazioni
politiche e culturali che assumono in proprio la causa berbera, il Movimento
culturale Berbero, "Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia", e soprattutto
il "Fronte delle Forze Socialiste" di Ait Ahmed, che ha sempre ottenuto
rispettabili risultati alle elezioni e che con altre organizzazioni ha
un carattere laico. Il governo militare, da parte sua, combatte la singolarità
culturale dei Berberi, per non essere accusato di scarso filoarabismo.
Tutto questo non aiuta le comunità berbere a costituire quella forte
minoranza culturale, laica, religiosamente musulmana, che potrebbe rappresentare
una speranza per un paese che deve imparare a vivere in una rispettosa
convivenza di comunità culturalmente e anche religiosamente diverse.
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