I. Introduzione
Nel conflitto sanguinoso tra il governo e i fondamentalisti islamici,
i Berberi potrebbero trovarsi fra due fuochi. E' dall'indipendenza del
1962 che chiedono il riconoscimento della loro lingua, ma i vari governi
che si sono succeduti hanno risposto perseguitando gli attivisti politici
e vietando le espressioni artistiche della cultura berbera (libri, canzoni,
etc.).
I Berberi sono musulmani, ma rifiutano fermamente il fondamentalismo.
Si autodefiniscono imazighen (Masiri), un termine che comprende i Cabili,
i Tuareg e molti altri sottogruppi. Il termine "berberi" viene in genere
rifiutato perché ritenuto dispregiativo. Per cui da ora in poi,
quest'espressione non sarà più usata nel testo.
Il 10 settembre del 1994 i Masiri cominciarono a boicottare le scuole
e le università: chiedevano il riconoscimento della loro lingua.
Il governo algerino, volendo evitare che la situazione degenerasse, rispose
costituendo una commissione nazionale che aveva il compito di decidere
se la lingua masira poteva essere introdotta nel sistema scolare. Ma i
Masiri, non paghi di questo, organizzarono una serie di scioperi generali
ai quali partecipavano oltre 100.000 persone. Il boicottaggio degli istituti
scolastici venne interrotto solo dopo la decisione governativa di istituire
un alto commissariato masiro e di considerare il masiro come "uno dei fondamenti
dell'identità nazionale".
Il 25 settembre 1994 alcuni membri del GIA (Gruppo Islamico Armato)
sequestrarono Lounes Matoub, un noto cantante pop e membro del movimento
culturale masiro (MCB). Matoub era considerato "un nemico di Dio, un simbolo
di rovina e di depravazione nella Cabilia." Con queste parole il GIA giustificava
il sequestro nel giornale clandestino "al-Ansar". I Masiri organizzarono
grandi manifestazioni per chiedere la liberazione del cantante. Elementi
radicali del MCB arrivarono a minacciare la "guerra totale". Il sequestro
durò due settimane, durante le quali Matoub fu condannato a morte
da un "tribunale islamico". Venne però rilasciato con un messaggio
indirizzato ai Cabili ed al MCB: il messaggio diceva che i Masiri avrebbero
dovuto aiutare "gli islamici". Per i Cabili la liberazione di Matoub era
una vittoria contro gli islamici. Ma nello stesso periodo, ad Orano, il
GIA uccise il cantante Cheb Hasni, anche lui ritenuto un "nemico di Dio".
Oggi i Masiri - specialmente quelli della Cabilia - rappresentano una
corrente democratica della vita politica algerina, e per questo non vengono
più disprezzati e ignorati come una volta. Considerata la situazione
del paese, non si può escludere che nel movimento berbero si rafforzino
le tendenze autonomistiche.
Ritorno su
II. La cultura e l'economia dei Masiri
1. Territorio e demografia
Prima dell'arrivo degli Arabi (settimo secolo), tutta la terra tra
l'Atlantico e l'Egitto, fino al Sahel, era abitata dai Masiri. Oggi questi
vivono soprattutto in Marocco e in Algeria. Gruppi molto più piccoli
vivono anche in Tunisia, Libia, Mauritania, Egitto (oasi di Siwa), Mali,
Niger e Burkina Faso. Il rispetto dei loro diritti varia molto da un paese
all'altro. In Egitto, dove la lingua viene parlata soltanto nell'oasi di
Siwa, è praticamente nullo. In Tunisia, Mauritania e Libia resistono
alcune isole linguistiche presso certi villaggi. Nel Mali e nel Niger,
invece, il masiro è riconosciuta come lingua ufficiale.
E' difficile dare dei numeri precisi sulla popolazione masira, perché
i censimenti non specificano l'appartenenza ad un gruppo linguistico. Questo
non rientrano nelle abitudini dei governi nordafricani, che sotto il profilo
nazionale si autodefiniscono stati con popolazione "arabo-islamica". Per
questi stati, che hanno adottato il modello centralistico delle potenze
coloniali europee, l'unità nazionale è il principio fondamentale
dello stato. Ogni particolarismo viene visto come una minaccia per questa
unità. Così le statistiche ufficiali non parlano di Masiri.
Loro stessi, che capiscono e parlano quotidianamente i dialetti arabi in
maniera, contribuiscono in questo modo ad influenzare le statistiche.
Le stime approssimative del numero dei Masiri mettono in evidenza il
quadro che segue:
Algeria
Sui 30.000.000 di abitanti, circa sei (20%) è masira. Due terzi
di loro vivono nella Cabilia, la regione settentrionale ad alta densità
di popolazione. Altri gruppi rilevanti sono gli "Scavi" che vivono sulle
montagne di Aures (tra 500.000 e 1 milione di abitanti) e i M'zabiti con
oltre 100.000 di abitanti. Inoltre ci sono altri piccoli gruppi: a Scenua
e Djebel Bissa nell'Algeria settentrionale, a sud di Orano e nelle oasi
sudoccidentali della zona di Gurara attorno a Timimun, e nelle oasi centrali
attorno a Uargla e Tuggurt. In queste zone vivono complessivamente alcune
decine di migliaia di Masiri.
Marocco
I Masiri marocchini costituiscono sono fra il 40 e 60% dei 30.000.000
di abitanti, cioè tra i 12 e 18 milioni di persone. Possono distinguersi
tre dialetti principali: il dialetto rifis a nord, il tamazight nel Marrocco
centrale (Atlante centrale ed una parte del grande Atlas) e lo scilico
a sud e sudovest (Grande Atlante, Antiatlante e Sus).
La zona del Sahel: i Tuareg
Il terzo ed ultimo grande gruppo è quello costituito dai Tuareg
(in masiro: Imajaghi), che vivono in diversi paesi del Sahel: nel Niger
(500.000), in Mali (da 300.000 a 400.000), in Algeria (20.000 Ahaggari
ed Ajeri), in Libia (50.000 Ajer) ed in Burkina-Faso (30.000). Questi dati
sono però contestati. Il numero totale dei Tuareg varia a seconda
della fonte da 500.000 ad 1.000.000 di persone.
In alcuni paesi nordafricani vivono inoltre gruppi sparsi. A Djerba
ed in alcuni paesi della Tunisia meridionale abitano all'incirca 50.000
persone, in Mauritania da 5.000 a 10.000, in Egitto tra 5.000 e 10.000.
Altri gruppi abitano nell'oasi di Siwa e nella Libia (in Tripolitania,
nella zona di Zwara e nel Dschebel Nefussa, dove i gruppi masirofoni oppongono
resistenza alla dura repressione del governo).
Ritorno su
2. La lingua
Nei paesi germanofoni si è ormai imposto il termine "Berberi".
Questo termine, che deriva dall'antico greco "barbaroi" e dal latino "barbarus",
non è molto apprezzato dai diretti interessati che l'hanno appreso
solo attraverso gli Europei e gli Arabi. Il verbo arabo "barbara", che
veniva adoperato dai geografi arabi del Medioevo, significa "parlare molto
e ad alta voce, mormorare e blaterare", ma anche "incivile, barbaro". Il
termine rimanda all'etnocentrismo greco-latino ed arabo, e secondo alcuni
intellettuali masiri ha una connotazione negativa. Fino a pochi anni fa,
i vari gruppi masiri non usavano nessun termine che comprendesse l'intera
etnia e la lingua masira. Al loro posto s'impiegavano etnonimi oppure denominazioni
locali, in genere di deviazione araba: Cabili, Scavi, Sclei, etc.
Successivamente, con lo sviluppo di un'autocoscienza etnica, si sono
affermati i termini collettivi amazigh (leggi amasir) e tamazigh (leggi
tamasir). L'alfabeto, il tifinagh, ha oltre 2.500 anni. I primi documenti
che ne attestano l'esistenza, scoperti nel grande Atlante, risalgono al
settimo secolo a.C. e coprono l'intera area abitata dai Masiri. Pare che
l'alfabeto venisse adoperato per determinate funzioni, di tipo simbolico
e magico-religioso, ad esempio per le iscrizioni tombali. I Tuareg, che
hanno conservato a lungo il tifinagh, erano soliti utilizzarlo per decorare
oggetti personali e per la trasmissione di brevi messaggi. In questo secolo,
a partire dalla metà degli anni Sessanta, alcuni intellettuali cabili
hanno cercato di ano di creare una lingua scritta partendo dal tifinagh.
Questa scrittura gode di un riconoscimento ufficiale soltanto nella Cabilia,
dove tutte le insegne e toponimi sono scritte in alfabeto latino, arabo
e tifinagh. La lingua masira si divide in vari dialetti talvolta incomprensibili
tra loro. Gli studiosi hanno però individuato un vocabolario di
base ed una grammatica comune.
Ritorno su
3. La struttura economica
La Cabilia misura 60.000 chilometri quadrati. Si estende dalla pianura
di Mitidja ad ovest fino all'altopiano di Costantino ad est. Il confine
meridionale è costituito dal massiccio di Djurdjura (Adrar n Djerdjer;
2.308 m sul livello del mare). La Cabilia è una regione montuosa
con un'altezza che va dagli 800 ai 2.000 metri. L'erosione riduce le scarse
superfici coltivabili. L'agricoltura è scarsamente meccanizzata.
Le grandi imprese agrarie, fondate in Algeria durante la cosiddetta "rivoluzione
agraria", non hanno potuto essere realizzate nella Cabilia per motivi topografici.
La maggior parte dei campi consta di piccoli lotti. Si tratta di piccole
imprese private o comunque familiari, che coltivano ulivi, fichi o ciliege.
In genere il raccolto soddisfa soltanto il fabbisogno dei coltivatori.
I Cabili, che risiedono generalmente in montagna, vivono anche di artigianato.
Sono caratteristici della regione i prodotti di cuoio e di lana, l'argenteria,
in passato anche la polvere da sparo e le armi (Ait-Yenni), i tappeti (Ait-Hichem)
e le ceramiche (Ouadhia). Un tempo questi prodotti venivano venduti nella
"terra degli arabi" ed in cambio venivano "importati" grano, cereali, lana
ed animali domestici e da lavoro.
Se si escludono i centri urbani, la Cabilia è la zona più
densamente popolata dell'Algeria. Nel 1931 la densità era di 136
abitanti per chilometro quadrato. Nel 1970, in seguito all'incremento demografico,
erano diventati 548. La regione ha scarse ricchezze minerarie. Anche l'industria
è poco sviluppata. Perfino la lavorazione delle olive, che rappresenta
il settore più importante - viene fatta manualmente.
Alla fine degli anni Sessanta fu inaugurato un piano di sviluppo quinquennale
per la regione. Sorsero così il polo tessile di Draa ben Khedda
alla periferia della Cabilia, l'elettrocomplesso di Oued Aissi in un sobborgo
di Tizi-Ouzou, il capoluogo della regione. Nel 1973, con l'apertura di
cinque alberghi, il turismo divenne un settore economico di un certo interesse.
Inoltre era prevista l'introduzione della corrente elettrica, dell'acqua
corrente e la costruzione di molte scuole elementari.
Ma dall'indipendenza ad oggi, la rete stradale, poco sviluppata, ha
subito miglioramenti minimi. I collegamenti ferroviari sono quasi inesistenti:
una sola linea collega Tizi-Ouzou all'Algeria orientale. Anche l'aeroporto
di Bedjaia, che è stato costruito negli ultimi anni, viene utilizzato
soprattutto per voli interni. Nonostante il piano di sviluppo, quindi,
la Cabilia rimane una regione carente per quanto riguarda le strutture.
Il sottosviluppo, l'alto incremento demografico e le carestie costrinsero
molti cabili ad emigrare. La meta preferita era la Francia, e l'emigrazione
cominciò attorno nella seconda metà del 1800, dopo che le
truppe kabile erano state sconfitte dall'esercito francese.
La rivolta kabila del 1871, che interessò tutta la regione, fu
guidata da al-Mokrani. Alla radice, il crescente impoverimento della popolazione
determinato dalle carestie susseguitesi fra il 1867 ed il 1868. Gli immigrati
francesi, al contrario, si erano arricchiti. Anche l'aristocrazia locale,
che aveva perduto buona parte della propria influenza con l'introduzione
del "governo civile" francese, era scontenta. Il malumore della popolazione
era aumentato dopo la decisione di impiegare le unità di gendarmeria
locale (i cosiddetti spahis) non solo in Algeria , ma anche nella guerra
contro la Prussia. La rivolta iniziò nel gennaio del 1871, quando
alla frontiera tunisina alcune unità di spahis si rifiutarono di
combattere contro i Prussiani ed attaccarono invece la città di
Souk Ahras. A far lievitare la rivolta contribuirono anche i decreti Cremieux,
che riconoscevano agli ebrei algerini lo stato di cittadini francesi e
davano loro una serie di diversi vantaggi.
La rivolta durava ormai da oltre un anno. Le conseguenze
erano terribili per la popolazione locale, come ammette anche il comandante
francese Louis Rinn, che aggiunge: "Per tanta gente le conseguenze erano
sproporzionate rispetto alla loro colpa". Così, i ribelli sconfitti
dovettero pagare i tributi di guerra, la loro terra fu espropriata e assegnata
ai coloni francesi, i loro beni sequestrati e tante persone furono arrestate
o deportate.
L'emigrazione, quindi, costituiva per tante famiglie l'unica alternativa
alla fame. Alla fine del 1800, nella Francia che viveva un momento di grande
espansione economica, furono proprio i cabili a sostituire la manodopera
che mancava causa delle guerre coloniali. L'87 % degli 80.000 algerini
registrati in Francia tra il 1914 e 1919 proveniva dai due dipartimenti
cabili. Comunque l'emigrazione non fu determinata unicamente da motivi
economici: durante la seconda guerra mondiale, la Francia reclutò
d'ufficio 240.000 algerini, per la maggior parte cabili.
Queste ondate d'emigrazione continuarono anche dopo l'indipendenza.
Ecco perchè sono stati proprio gli emigranti cabili a caratterizzare
il cambiamento sociale della regione e lo sviluppo politico contemporaneo
dell'Algeria.
Ritorno su
III. Lo stato nazionale dal punto di vista arabo-islamico
1. La politica
linguistica sotto il dominio coloniale francese
All'inizio i Francesi avevano una certa simpatia per i Cabili. Diversamente
dagli arabi nomadi, li rispettavano come contadini sedentari, coraggiosi
ed operosi. Il fatto che nel secolo precedente i Cabili non avessero sostenuto
Emir Abdelkader, che fra il 1839 ed il 1845 si era battuto per la liberazione
dell'Algeria, alimentava questo rapporto privilegiato. " Gli arabi sono
pigri, molli, inerti ... freddi o fanatici; il berbero è un lavoratore
diligente, possiede spirito imprenditoriale e senso pratico, è vivace,
energico e allegro...parsimonioso, coscienzioso, curioso e in fondo poco
religioso.",si legge nei documenti dell'epoca. La Francia voleva assimilare
i cabili perché li aiutasse a salvaguardare il suo dominio coloniale.
La presunta cabilofilia dei Francesi non durò a lungo. Non passò
molto tempo che i Cabili iniziarono ad essere definiti "avidi montanari
senza coraggio, moralità, bellezza e dignità". Non solo gli
Arabi, ma anche iCabili vennero considerati discendenti dello sciacallo
e perciò indomabili" Tra il 1908 e il 1910 i coloni francesi protestarono
contro l'alfabetizzazione dei cabili, perchè temevano di perdere
la manodopera a buon mercato ed avevano paura che si sviluppasse un'autocoscienza
masira. Nel 1908 il direttore della sezione "indigeni" dell'amministrazione
coloniale avvertiva: "I maestri elementari cabili si credono non solo liberati,
ma anche liberatori... Preferiscono parlare di proteste e di indipendenza
piuttosto che di sottomissione e di rispetto... Dimostrano sentimenti il
cui sviluppo potrebbe costituire un serio pericolo."
Non si può dunque parlare di una "politica berbera" francese
atta a favorire il masiro. Al contrario, i Francesi hanno contribuito all'arabizzazione
ed alla distruzione del territorio masiro. Quando i francesi conquistarono
l'Algeria, trovarono nella Cabilia delle strutture politiche e sociali
ben funzionanti, come ad esempio il Tadschma't, una specie di consiglio
locale composto dagli anziani, al quale partecipavano i rappresentanti
di tutte le famiglie, e che decideva sulle questioni più importanti
della comunità. Con l'arrivo dei Francesi questa 'istituzione perse
alcune delle sue competenze originarie e soprattutto l'autonomia politica.
Da un "libero consiglio locale" con funzioni legislative e giudiziarie,
era diventato un'assemblea di dignitari, che erano addirittura "agenti
del governo francese".
La Francia non favorì i Cabili, perché la politica francese
si basava allora come oggi sul centralismo e sul rifiuto delle differenze
regionali (Bretoni, Corsi, etc.). Dal punto di vista geopolitico e strategico,
la potenza coloniale aveva grandi ambizioni nel Nordafrica e nell'Oriente,
ma non aveva alcun interesse a sostenere i Masiri.
La Francia non si impegnò mai per favorire lo sviluppo della
cultura masira: non esistevano programmi scolastici né iniziative
per promuovere l'alfabeto masiro e favorirne la diffusione. Di riflesso
neanche la stampa veniva promossa, mentre erano gli stessi francesi nel
1948 a fondare il primo giornale arabo (Le Mobacher). Con l'istituzione
dei cosiddetti bureaux arabes , veniva perfino praticata l'arabizzazione
dei territori masirofoni. L'arabo, e mai il masiro, era materia obbligatoria
nelle scuole."Per sopravvivere", diceva un alto funzionario francese,"un
cabilo deve parlare l'arabo e capire un po' il francese."
Ritorno su
2.
I fondamenti ideologici dell'Algeria dopo il 1962
Anche se nel Nordafrica il masiro viene parlato da circa 20.000.000
di persone, nelle costituzioni degli stati nordafricani c'è spazio
solo i valori arabo-islamici e per l'arabo, che è lingua nazionale.
Il masiro, nei miglior casi, viene menzionato come "eredità culturale"
degli antenati, cui spetta solamente il ruolo di un "valore popolare" puramente
folcloristico.
Subito dopo l'indipendenza, il colonnello Boumedienne, Ahmed Ben Bella
ed i loro alleati si proclamarono eredi della guerra di liberazione e costruirono
nel nome della "legittimità rivoluzionaria" un regime che non tollerava
alcun tipo di opposizione - fosse questa politica, culturale o religiosa.
Ben Bella era a favore di un socialismo arabo-islamico ed conduceva una
massiccia campagna d'arabizzazione. "Siamo arabi! Siamo arabi! Dieci milioni
di arabi!", sottolineò a Tunisi nel famoso discorso che tenne subito
dopo la dichiarazione d'indipendenza." L'arabizzazione è necessaria",
spiegò in un altro discorso," perché senza l'arabizzazione
non si può parlare di socialismo." (discorso del 5/7/1963). A cento
maestri, in gran parte mal istruiti -i più venivano dal l'Egitto-,
venne affidato il compito di arabizzare. Vista con gli occhi di occhi questa
politica rivela chiaramente i suoi effetti devastanti: non solo per la
cattiva istruzione degli scolari, ma anche perché il fondamentalismo
islamico affonda le sue radici in quella campagna.
Nel preambolo della Costituzione algerina (19 settembre 1963) si legge:
L'Islam e la lingua araba sono state valide forze di resistenza contro
il colonialismo. L'Algeria deve sottolineare, che l'arabo è la lingua
nazionale ed ufficiale, e che la sua potenza spirituale deriva dall'Islam."
L'articolo 1 della Costituzione definiscel'Islam religione di stato,
l'articolo 5 dichiara l'arabo lingua ufficiale, l'articolo 23 afferma che
l'unica forza politica riconosciuta è il Front National de Libération
(FLN). Questi orientamenti ideologici non saranno scalfiti dalle costituzioni
successive. Formano le "costanti nazionali" della rivoluzione algerina
e caratterizzano la retorica statale con temi estremamente ripetitivi come
i "valori nobili dei mudschahidin" (i liberatori) e le loro imprese eroiche
nella guerra per l'indipendenza.
Ma gli obiettivi della Costituzione sono anche " la difesa della libertà,
il rispetto della dignità umana" (art.10), nonché il riconoscimento
della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art.11).
Ritorno
su
3. L'unità
nazionale fondata sulla religione
L'unità nazionale è considerata l'unica garanzia contro
il colonialismo. Il progresso, l'unità e l'anticolonialismo non
hanno soltanto basi ideologiche, ma anche religiose. La scissione dell'Umma,
della "nazione araba", viene giudicata dall'Islam come fitna, cioè
apostasia, e punita con la morte. Fitna equivale a "scissione", "separazione"
oppure addirittura "tentazione", ed è molto riprovevole. Il concetto
può anche riferirsi ai credenti che sono tentati di abbandonare
l'Islam. Il Corano giudica quest'azione "peggiore dell'assassinio"(sura
2, verso 191).
La fitna può portare ad una paura ossessiva del "disaccordo".
Dissenso e diversità sono quindi visti come una minaccia potenziale
alla sicurezza e all'unità nazionale. Il consenso, costruito in
modo populistico, è l'unita nazionale, il partito, la religione,
la lingua e la comunità dei credenti.
Un altro concetto islamico, Isdschmaa (consenso di tutti), invita i
musulmani ad aspirare al consenso in caso di conflitti. Può manifestarsi
per iscritto oppure oralmente, ma può aversi anche un consenso tacito.
Evidentemente, è pericoloso che il governo possa fare appello al
consenso per poi eliminare ogni movimento d'opposizione, che non rientra
nei "valori costanti della rivoluzione".
In questo modo il governo algerino è riuscito ad evitare qualsiasi
critica. Ogni espressione di differenza è stata soffocata sul nascere
con la spiegazione che si trattava di un pericolo per l'unità del
paese.
Ritorno su
4. Le conseguenze
dell'arabizzazione
I "resti del colonialismo" sono stati combattuti in modo esemplare.
Ad Algeri la cattedra universitaria di lingua masira, fondata nel 1962,
è stata prontamente abolita. A coloro che continuavano ad impegnarsi
per il masiro si è risposto con minacce ed intimidazioni. Il governo
ha combattuto il particolarismo masiro con l'arabizzazione. Nelle aziende
della Cabilia i dipendenti sono stati costretti a frequentare corsi di
lingua araba; coloro che non frequentavano in modo regolare sono stati
puniti con diminuzioni dello stipendio.
Il termine "Cabilia" è stato cancellato dai toponimi. Il "Département
de Grande Kabylie" è stato trasformato in "Wilaya de Tizi-Ouzou"
(dipartimento di Tizi-Ouzou). Nel 1978 la "Jeunesse Sportive de Kabylie",
il più grande club calcistico della Cabilia, è diventata
la "Jeunesse Electronique de Tizi-Ouzou". Qualcosa di simile è successo
anche ai gruppi musicali, che sono stati colpiti dalla censura solo perchè
facevano uso del termine "Amazigh".
Nel 1990 è stata varata una legge sull'impiego esclusivo dell'arabo
(legge 90-07, 3.4.1990/JO 14, 4.4.1990, S.395-403), che obbliga tutti i
nuovi giornali ad essere scritti in lingua araba (paragrafo 6). Fanno eccezione
le riviste specializzate, che possono essere stampate anche in lingua straniera
con il permesso dell'alto consiglio dell'informazione. Negli anni successivi
è stata approvata una serie di leggi per meglio definire i criteri
dell'arabizzazione. Una legge del 1992 afferma che l'uso dell'arabo "costituisce
la lingua nazionale ed ufficiale di tutti gli uffici pubblici, delle istituzioni,
delle imprese e delle associazioni".
La legge prevede inoltre il divieto di usare lingue straniere nei discorsi
ufficiali, ed impone di pubblicare in lingua araba le dichiarazioni, riunioni,
conferenze, nonché tutte le trasmissioni televisive. Le trasgressioni
costituiscono un "grave errore" e comportano procedimenti disciplinari
e/o pene pecuniarie (art.30). Se i partiti politici non rispettano la legge,
devono pagare multe da 10.000 a 100.000 dinari. Sembra che questo riguardi
soprattutto i due partiti "Front des Forces Socialistes" e il "Rassemblement
pour la culture et la démocratie", il cui elettorato è concentrato
per lo più nella Cabilia.
L'articolo 39 della legge vieta di importare articoli di cancelleria
e computer, qualora questi non includano caratteri arabi.
Ritorno su
IV. La lotta per l'autonomia culturale
1. La crisi berbera del
1949
Verso la fine del secolo scorso alcuni masiri cominciarono ad impegnarsi
per il riconoscimento dell'autonomia culturale. Alla metà degli
anni Quaranta alcuni giovani della Cabilia fondarono un gruppo di lavoro
che si occupava della lingua. Il gruppo divenne in seguito famoso per le
sue canzoni in linguamadre, come "ekker a mmis umasir!" (Alzati, figlio
di Masir!), oppure "turaqrib a nennagh"(la battaglia è vicina),
"ay ilemzyen begset" (gioventù, preparati per la battaglia).
Nel 1948, il movimento di liberazione (che riuniva Arabi e Masiri),
dopo anni di contrasti sulle strutture decisionali, sfociò in un
conflitto aperto allorché un gruppo attorno a Rachid Ali Yahia propose
di equiparare la lingua masira a quella araba. Sebbene 28 dei 32 membri
del comitato federale francese avessero votato a favore, i Masiri furono
subito accusati di separatismo. Vennero inoltre accusati di aver ordito
un complotto e furono sprezzantemente definiti "berbero-materialisti".
Il "berberismo" venne bollato come "dottrina reazionaria degli imperialisti".
I suoi presunti seguaci venivano uccisi. Alla soppressione sanguinosa dei
"berbero-materialisti" parteciparono anche cabili che erano stati attivi
nel movimento di liberazione: Abane Randame, Krim Belkacem, il colonello
Amirouche, che fece uccidere centinaia di suoi compatrioti per presunto
"berberismo". Una campagna spietata fu lanciata contro l'equiparazione
lingua masira a quella araba: opere teatrali, libri o trasmissioni radiofoniche,
niente sfuggiva a questa inquisizione.
La crisi berbera del 1949 fu un duro colpo per i masiri. L'impegno per
la loro causa ne uscì fortemente indebolito. Rimase attiva soltanto
un'associazione per la difesa della lingua masira, che però si sciolse
volontariamente nel novembre 1954 quando iniziò la guerra
di liberazione, per confluire nel FLN.
Ritorno su
2. La ribellione kabila
del 1963
Raggiunta l'indipendenza, il governo autoritario di Ben Bella fu subito
oggetto di dure critiche. Nel settembre del 1962, Mohammed Boudiaf lo definì
" uno stato di polizia retto da una dittatura personale". Boudiaf aveva
preso parte alla guerra di liberazione come Ben Bella. In esilio nel Marocco
per 30 anni, tornerà in Algeria nel 1992 per assumere la carica
di presidente. Pochi mesi dopo, il 29 giugno verrà ucciso. Anche
molti uomini politici della Cabilia entrarono in contrasto col governo.
Hocine Ait-Ahmed, uno dei più importanti, definì il regime
"illegale e poco rappresentativo". Considerava Ben Bella un politico "testardo
ed accecato dalla sete di potere". Nel 1963 Ahmed fondò il "Front
des Forces Socialistes" (FFS), che nella stesso anno fu messo fuori legge
da Ben Bella. In precedenza aveva fatto lo stesso con "Parti de la Révolution
Socialiste" (PRS), fondato da Boudiaf, e il "Parti Communiste Algerien".
Ait-Ahmed decise quindi di spodestare Ben Bella con l'aiuto del colonello
Mohand oul Hadj, capo del dipartimento della Cabilia. Cercò di assicurarsi
l'appoggio delle altre regioni algerine, ma invano. "Bisogna accettare
il fatto" scrisse allora Le Monde, "che il resto del paese non partecipa."
Così la ribellione rimase limitata alla Cabilia ed i media francesi
la dipinsero come un moto locale. Ben Bella si sforzò di minimizzare
il significato dell'insurrezione e di emarginare i suoi comandanti: "Non
esiste un'opposizione in Cabilia", diceva,"ed è pericoloso parlare
di una secessione... l'opposizione esiste anche fuori della Cabilia" (Le
Monde, 4 ottobre 1963)
Lo stesso Ait-Ahmed si dimostrò favorevole ad una rivolta che
coinvolgesse tutto il paese. " La secessione non ci interessa; non si tratta
di un territorio che si ribella, ma di una parte della popolazione algerina
che vuole portare avanti gli ideali della rivoluzione" (Le Figaro,1 ottobre
1963). "Se oggi ricorriamo alle armi", spiegava il colonello Mohand Ould
Hadj, "non la facciamo per ottenere la secessione, ma perchè tutti
i sacrifici fatti per ottenere l'indipendenza vadano a beneficio dell'intera
popolazione algerina...Vogliamo la fine di una dittatura. Siamo pronti
di morire per l'unità del popolo." (Le Monde, 6/7 ottobre 1963).
Sarebbe quindi sbagliato ridurre questo conflitto ad una dimensione
etnica, anche se mancano -e non a caso- studi seri capaci di fare luce
sull'episodio, e la valutazione si basa soprattutto sulle dichiarazioni
dei colpiti. Questi negano il conflitto, o meglio che esistessero fermenti
autonomistici. Comunque il fatto che la ribellione sia rimasta limitata
alla Cabilia li rende ipotizzabili. Erano soprattutto contadini coloro
che combattevano con il colonello Mohand oul Hadj contro l'armata regolare;
partigiani masiri contro soldati arabi.
Ritorno su
3. La rivolta del 1980
Nella primavera del 1980 il governo vietò una conferenza sulla
poesia cabiliana, organizzata dallo scrittore Mouluod Mammeri. Gli studenti
del comitato organizzativo non subirono passivamente: l'11 marzo circa
200 persone dettero via alle manifestazioni di protesta. Poi ne seguirono
delle altre. Quando occuparono l'università, l'esercito intervenne
ed arrestò molti studenti. Le manifestazioni continuavano, paralizzando
il paese. Genitori e parenti esprimevano la loro solidarietà. La
protesta si trasformò in aperta ribellione quando l'esercito e la
polizia, che avevano isolato la Cabilia, irruppero con la forza nell'università,
nelle fabbriche e nell'ospedale di Tizi-Ouzou, che erano occupati dai dimostranti.
Era il 20 aprile.
Il governo giustificò l'intervento militare con i metodi usuali:
viene minacciata l'unità dello stato, spiegavano attraverso i media.
Diversi paesi stranieri - in particolare Francia, Marocco e Stati Uniti
- furono accusati di muovere le fila della rivolta.
Il fatto che il divieto di una conferenza sulla poesia
cabiliana avesse provocato un tale movimento di protesta, dimostrava due
cose: il grande valore che i Cabili attribuiscono alla loro cultura ed
il loro malessere sociale. Da allora il 20 aprile viene festeggiato come
Tafsut Imazighen, "la primavera dei Berberi", per la quale viene organizzata
ogni anno una grande manifestazione politica. L'intervento militare ha
anche scosso molti algerini dal loro atteggiamento passivo nei confronti
della politica, spingendoli ad un concreto impegno per la libertà
d'opinione.
Ritorno su
V. Il movimento culturale masiro
1. La prima
organizzazione di esuli masiri
L'aggressività araba ha sempre avuto l'effetto di aumentare
lo scontento fra i Cabili. Negli anni 70 si ebbero ripetuti scontri tra
le forze dell'ordine e i giovani della Cabilia: nel 1974, durante la "festa
delle ciliegi" a Larba n ath Iraten e nel 1977, ad Algeri, quando migliaia
di fans fischiarono il presidente ad una partita di calcio.
Ma in Algeria la protesta non riusciva a coagularsi in un movimento
ben organizzato, così il problema venne risolto all'estero. Nel
febbraio 1967, a Parigi, venne fondata la "Académie berbére
d'échange et de recherches culturelles". Due anni dopo assunse il
nome masiro di "Association Agraw Imazighen". Questo gruppo, tuttora attivo,
cerca di diffondere l'uso dell'alfabeto tifinagh fra gli emigrati, attraverso
il suo mensile "Imazighen", come pure nella Cabilia, ad Algeri ed in Marocco.
Nello stesso periodo la politicizzazione cominciò a riflettersi
sul patrimonio culturale masiro. Le leggende venivano messe in musica e
riadattate in canzoni che criticavano duramente il regime autoritario di
Algeri. Un altro elemento centrale di queste canzoni era il costante appello
alla solidarietà fra tutti i Masiri.
A Vincennes nacque il gruppo "Groupe d'Etudes Berbéres"(GEB).
I membri tenevano corsi di cultura berbera e pubblicavano libri, giornali
e materiale didattico grazie all'editore "Imedyazen". Con questo gruppo
collaborava lo scrittore Mouloud Mammeri. Infine, grazie all'apertura dell'università
di Tizi-Ouzou nel 1977/78, anche studenti ed insegnanti trovarono un luogo
per far circolare le idee non conformiste.
Ritorno su
2. La
nascita del movimento culturale masiro
Dal 1 al 31 agosto 1980, a Yakuren in Cabilia, ebbe luogo un convegno
che si chiuse con l'adozione di un "documento culturale". Questo non si
limitava a chiedere il riconoscimento del masiro come lingua nazionale,
mai voleva anche chiare garanzie per il rispetto della libertà d'opinione.
In tal modo il movimento culturale masiro (MCB), non ancora legalmente
riconosciuto, si presentò al pubblico con le sue proposte: riforme
democratiche e plurilinguismo. Fino ad allora, la richiesta di autonomia
linguistica aveva sempre determinato un netto rifiuto del MCB da parte
del sistema. Nello stesso periodo iniziarono a fiorire varie associazioni
per i diritti umani e per un vero pluralismo politico. L'MCB non è
un partito, né una semplice associazione culturale. Vuol essere
una forza sociale, democratica e politica per tutti gli Algerini che riconoscono
i diritti culturali e linguistici dei Masiri.
Ritorno su
3. La fondazione del
partito RCD
Il 5 luglio 1989 il governo algerino varò una legge che introduceva
il pluripartitismo. Già alcuni mesi prima, durante una manifestazione
a Tizi-Ouzou, alcuni membri del MCB avevano pensato che fosse giunto il
momento di trasformarlo in partito politico.
Questo provocò grandi conflitti nel MCB. Mentre i fautori del
partito ritenevano che la mancata efficienza fosse da imputarsi alla qualità
delle strutture, i contrari rifiutavano un struttura più rigida
e pensavano che un partito non avrebbe mai potuto riflettere la varietà
di orientamenti presente all'interno del movimento.
Nel febbraio 1989, a Tizi-Ouzou fu quindi fondato il "Rassemblemblement
pour la Culture et la Democratie" (RCD). Come presidente fu nominato il
medico Said Sadi. L'RCD richiedeva la rivalutazione del masiro e del dialetto
arabo d'Algeria, così come la loro introduzione nel sistema educativo.
Secondo i delegati del RCD, l'identità nazionale si componeva di
elementi masiri, islamici ed arabi, ma anche africani e mediterranei. Politicamente
il partito si dichiarava a favore di uno stato laico, di un'apertura verso
il resto del mondo e per l'abolizione del codice familiare varato nel 1984,
chiaramente discriminatorio nei confronti delle donne.
La fondazione del RCD non portò comunque allo scioglimento del
MCB, che continuava a concentrarsi sugli interessi culturali e linguistici
dei Masiri.
Ritorno su
4. La riforma
e la scissione del MCB
Dopo la fondazione del RCD, nel 1989 il MCB decise di riformare la
sua struttura. Allora non aveva nemmeno un direttivo con potere decisionale.
Non c'era un presidente né un consiglio d'amministrazione che potessero
eleggere un portavoce. Le sedute delle diverse commissioni erano pubbliche.
Le iniziative venivano realizzate dopo una discussione fra le varie commissioni.
Nonostante questa struttura fosse molto democratica, aveva dei limiti evidenti:
tra l'altro rendeva particolarmente facile il controllo da parte dei servizi
segreti.
All'interno del MCB, quindi, c'erano correnti che volevano un cambiamento
della struttura. Così il MCB si spaccò ed alcuni membri dettero
vita al "MCB-Coordination Nationale". Un altro gruppo si definì
poi "MCB-Commissions Nationales". Nel 1994 la "Coordination Nationale"
era diretta dal cantante Ferhat Mhenni. L'8 maggio del 1995 venne destituito.
Successivamente Mheni ha dato vita ad un ulteriore movimento, il "MCB-Rassemblement
National".
Accanto al RCD è rimasto il "Fronte delle Forze Socialiste" (FFS),
che fin dall'inizio era stato concepito come un partito che si batteva
per il riconoscimento del masiro. In questa maniera l'istanza culturale
ha acquistato un portavoce politico di rilievo ancora maggiore, perché
alle ultime elezioni la FFS si è affermata come uno dei tre partiti
più importanti. D'altra parte i due partiti fanno riferimento allo
stesso elettorato. La rivalità si riflette nel MCB, che ora ha un'ala
vicina al RCD ("MCB-Coordination Nationale") ed un'ala vicina alla FFS
("MCB-Commission Nationale").
Ritorno su
VI. I Masiri e i diritti umani
1.
La posizione dell'Algeria sul problema delle minoranze
L'Algeria ha sempre tentato di esercitare un ruolo di primo piano fra
i paesi non allineati. Come stato socialista, vantava i meriti derivanti
dalla sua lotta contro il colonialismo. Appunto per questo organizzò
nel 1976 un convegno internazionale dedicato alle nazionalità oppresse.
Nessuno si dimostrò disturbato dal fatto che in quell'occasione
le minoranze dell'Algeria fossero del tutto assenti. Alla fine del convegno
fu approvata la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli (nota anche
come Carta di Algeri). Dice l'articolo 19: "Quando un popolo rappresenta
una minoranza nell'ambito di uno stato ha il diritto al rispetto della
propria identità, delle tradizioni, della lingua, del patrimonio
culturale" .
2. La persecuzione "legale"
La volontà del FLN di governare secondo il "centralismo democratico"
conteneva già il fondamento per l'oppressione della cultura masira.
Il pluralismo culturale e politico infatti, veniva programmaticamente.
Nelle leggi, però, mancano norme esplicitamente concepite per reprimere
la lingua masira. Infatti gli attivisti del MCB non venivano perseguitati
per le loro idee (delitto di opinione), ma in via penale. Centinaia di
manifestanti, che tra il 1980 e il 1985 ebbero pene detentive fino a tre
anni, venivano condannati per "violazione dell'ordine pubblico", "detenzione
di armi" oppure "riunione non autorizzata in luoghi pubblici".
Il governo algerino, da un lato, doveva curare la propria immagine
internazionale, dall'altro non poteva condannare nessuno perché
la legge non glielo permetteva. Quindi doveva eliminare l'opposizione masira
in modo indiretto.
La repressione venne esercitata in mille modi. Furono compiuti vessazioni
di ogni tipo: lavoratori trasferiti per motivi disciplinari, minacce di
licenziamento per chi scioperava, ragazzi cacciati dalle scuole o non ammessi
all'università. I simpatizzanti del MCB non potevano avere il passaporto,
e gli artisti venivano illegalmente arrestati e tenuti in isolamento. Nelle
università non si potevano affiggere avvisi né formare gruppi
di lavoro: in questo modo, ovviamente, si ostacolava lo studio. A Tzigirt,
nel nord del paese, furono messi in prigione dei giovani che avevano esposto
dei pannelli con scritte in alfabeto tifinagh. Poi vennero sorvegliati
perché ritenuti potenziali capi di una rivolta, oppure costretti
ad arruolarsi fra i riservisti.
In alcuni casi bastava aver preso parte ad una manifestazione per essere
condannati a pene detentive dai 6 a 24 mesi. I processi avvenivano a porte
chiuse e spesso perfino senza la difesa.
Alcuni cantanti impegnati nel MCB vennero messi in prigione per motivi
assai discutibili. Il più famoso, Lounis Ait-Menguellat, fu condannato
a tre anni nel 1985 perché nella sua casa sua erano state trovate
"armi da guerra", che pochi mesi dopo si rivelarono invece vecchie armi
da collezione.
Ritorno su
3. Contro
gli attivisti dei diritti umani
Fu così che il 10 dicembre 1984, giornata internazionale dei
diritti umani, l'MCB si riunì a Tizi-Ouzou per dare vita ad un comitato
per la protezione dei diritti umani. Secondo Mokrane Ait-Larbi, vicepresidente
del comitato, Tizi-Ouzou era "l'unico luogo, dove una tale iniziativa poteva
essere al riparo da pressioni e manipolazioni." (Lettera a Libération,
29 luglio 1985). L'incantesimo si ruppe e il 30 luglio 1985 ad Algeri venne
fondata la "Lega per i diritti umani". Già cinque giorni dopo intervenne
a favore dei 200 membri della non autorizzata "Association des Enfants
de Chouhadas" (Bambini dei veterani di guerra) che erano stati arrestati
perchè in occasione del giorno dell'indipendenza, si erano staccati
dal programma ufficiale ed avevano organizzato un propria commemorazione.
La risposta del governo non si fece aspettare: neanche
due settimane dopo la sua fondazione, quasi tutti i componenti del direttivo
furono arrestati. Davanti ad un rappresentante della "Fédération
Internationale des Droits de l'Homme" di Parigi, il Ministro di Giustizia
Baki giustificò gli arresti dicendo che si trattava di una manovra
organizzata dall'estero per "destabilizzare l'Algeria". I membri della
Lega erano quasi tutti originari della Cabilia. Venivano accusati di spionaggio,
tradimento ed attentato alla sicurezza dello stato. L'accanimento nei loro
confronti risulta evidente dalle parole del giudice istruttore: "Siete
cabili, il ché equivale a dire che siete dei delinquenti. Siete
un pericolo per l'unità del paese e per la nazione araba. Per questo
dovete sparire, e mi occuperò personalmente di questa faccenda."
Nel dicembre del 1985, la corte di sicurezza statale di Medea condannò
23 dei 40 fondatori della Lega per i diritti umani a pene detentive da
sei mesi a tre anni per "minaccia della sicurezza statale". Al processo
erano presenti vari osservatori internazionali, e grazie ad un'arringa
ben concepita gli accusati riuscirono a dimostrare che l'obiettivo primario
dell'accusa era quello di colpire il MCB. Secondo Said Sadi, uno dei fondatori
della Lega e capo del MCB, il processo aveva messo in luce la berberofobia
del regime algerino. Lo dimostrava il fatto che dei 40 membri fondatori
erano stati arrestati solo i masiri.
Ritorno su
4. L'attuale
situazione dei diritti umani
All'inizio del 1992, in Algeria fu dichiarato lo stato d'emergenza.
Il paese nordafricano si trovava in quella situazione di guerra civile
che alla fine del 1997 sarà costata più di 40.000 vite. Le
forze dell'ordine ed i terroristi islamici calpestavano quotidianamente
i diritti umani. Nell'estate del 1994 il presidente cercò invano
il dialogo con i partiti dell'opposizione e con gli islamici. Alla fine
del 1994, sotto l'influenza della situazione, decise di rispondere alla
violenza con la violenza. Obiettivo: il FIS (Fronte Islamico di Salvezza),
la principale formazione politica degli integralisti.
Nel febbraio del 1995, durante il Ramadan, venivano uccise mille persone
a settimana (Ait-Ahmed in Le Monde, 23 febbraio 1995). Alla fine del mese,
ad Algeri, furono fucilati circa 100 detenuti che avevano ammazzato quattro
custodi e ne avevano presi in ostaggio alcuni altri.
Amnesty International denunciò che la tortura - pratica quasi
abbandonata fra il 1989 e 1991 - era tornata ad essere una prassi consueta
nelle prigioni algerine. In un rapporto dell'ottobre 1989 l'organizzazione
documentò torture spietate. Altre organizzazioni per i diritti umani
accusarono l'Algeria di permettere esecuzioni extragiudiziali e di istituire
tribunali speciali che avevano pronunciato già più di 1000
condanne a morte.
Negli ultimi anni i bersagli dei terroristi islamici non sono stati
solamente i rappresentanti dello stato. Chiunque contravviene al loro codice
morale è una potenziale vittima. Pare che ci siano in circolazione
delle liste con 300.000 nomi di persone da uccidere: persone che in caso
di una vittoria politica degli integralisti dovrebbero essere eliminate.
Gli omicidi sono in genere cruenti. Le vittime, fra le quali non mancano
i bambini, vengono decapitate, massacrate o mutilate, e spesso questo avviene
in presenza dei parenti.
Ritorno su
VII.
Quale futuro?
1. Un'occasione per la repubblica?
Il movimento culturale masiro ha lottato a lungo, ed è sopravvissuto
grazie alla sua struttura democratica. Secondo l'opinione del governo,
però, non dovrebbe neanche esistere: per Algeri i Masiri sono una
creatura dell'imperialismo che mira a distruggere il paese. Il MCB, ben
radicato fra i Masiri ma privo di una struttura vera e propria, appunto
per questo è sempre stato inafferrabile. Proprio per questo nel
1980 riuscì ad ottenere una delle vittorie più significative:
i Cabili, con la loro lotta lenta e coraggiosa, seppero conquistare il
diritto di esprimere pubblicamente la propria opinione. Da allora molti
osservatori vedono nel MCB una chiave di volta per la democrazia.
La Cabilia non è considerata soltanto ribelle, ma anche una roccaforte
dell'opposizione e dei democratici in genere. I Cabili hanno dimostrato
il loro coraggio non solo contro il regime algerino, ma anche contro gli
estremisti islamici. I partiti più importanti e gli schieramenti
democratici come la FFS, il MCB e la RCD provengono dalla Cabilia; i loro
presidenti sono notoriamente avversari degli islamici.
2. I frutti
della propaganda arabo-islamica
Questo impegno per la democrazia è strettamente legato alla
lotta per l'autonomia culturale e linguistica. Sebbene i partiti masiri
evitino accuratamente di definirsi tali, in modo da non cadere in un ghetto,
il loro elettorato si trova in prevalenza nella Cabilia. Perciò
è difficile che riescano a radicarsi in tutta l'Algeria.
Nelle altre regioni del paese, infatti, i Cabili devono fare i conti
con l'ostilità e le riserve della popolazione araba. I conflitti
del passato non sono mai stati assimilati. Al contrario, sono sempre stati
presentati come tentativi imperialistici, soprattutto francesi, di spezzare
l'unità nazionale. In questa prospettiva i Cabili sarebbero il cavallo
di Troia. Per confermare questa tesi le autorità fanno notare che
il MCB ha idee laico-democratiche, quindi occidentali, che proprio per
questo sarebbero funzionali al disegno francese.
Il governo algerino ha sempre ignorato che la società masira
ha una tradizione democratica. Inoltre la popolazione kabila, a causa dell'emigrazione,
è strettamente legata alla Francia e proprio per questo ha assorbito
i valori tipici dell'Illuminismo. Per questo motivo non accetta la denigrazione
dell'Occidente che proviene dagli islamici.
Ritorno su
3. Rottura o integrazione?
Dopo le ultime elezioni Arabi e Cabili, prima separati solo geograficamente
e culturalmente, si ritrovarono separati anche politicamente: a differenza
di quello che era successo nel resto del paese, i secondi avevano votato
in massa per i loro partiti, RCD e FFS, restando così estranei all'influenza
del FIS. Inoltre, era ormai chiaro che per i Cabili era sempre più
difficile convivere con il centralismo del regime militare. Il boicottaggio
delle scuole e delle università rese reso lo scontro col governo
ancora più aspro. Il divieto di una manifestazione per il riconoscimento
ufficiale del masiro, prevista per l'inizio del 1995, confermò che
fra il potere centrale e gli indigeni della Cabilia il dialogo era impossibile.
In termini politici, il boicottaggio suddetto fu un successo. Fece chiaramente
capire al governo l'ampiezza del seguito su cui poteva contare il MCB.
Ma la protesta dovette protrarsi a lungo, e dopo alcuni mesi cominciò
a farsi strada una certa stanchezza, dato che non si vedeva alcun risultato.
Questo alimentò dei dissapori all'interno del MCB, tanto che si
riuscì a fatica solo ad accordarsi su una comune piattaforma contro
il governo. Le varie tendenze del movimento erano comunque concordi nel
chiedere l'ufficializzazione del masiro e la sua introduzione nelle strutture
pubbliche (scuole, uffici statali, etc.).
Il governo, comunque, voleva concentrarsi nella lotta alla lotta contro
il terrorismo islamico, e perciò voleva risolvere la questione masira
prima possibile. L'Algeria voleva approfittare del sentimento anti-islamico
diffuso nella Cabilia per reclutare uomini da impiegare contro i gruppi
islamici. Il governo voleva una rapida soluzione della crisi anche perché
voleva evitare che in Cabilia ci fosse un boicottaggio delle elezioni presidenziali,
che orami erano vicine.
Il 22 aprile 1995 i dialoghi con il governo vennero portati a termine
e fu sottoscritto un'accordo. Nel documento la cultura masira veniva definita
"una componente indiscutibile dell'unità nazionale" ed il masiro
"lingua di tutti gli algerini", che sarebbe stata introdotta nelle strutture
pubbliche. Una parte del MCB, le "Commissions Nationales", non si accontentò
del risultato ed abbandonò le trattative. Il 28 maggio 1995, in
sintonia con l'accordo, il presidente emanò un decreto che prevedeva
l'istituzione di un alto commissariato masiro. L'autorità fu ufficialmente
incaricata di "promuovere il masiro come base dell'identità nazionale",
ed al tempo stesso di "introdurre la lingua masira nel sistema scolare
e nelle comunicazione".
Era la prima volta che veniva istituito un organismo di questo tipo.
In tale modo il movimento masiro faceva un grande passo in avanti. Tuttavia
il decreto ha lasciato aperti molti interrogativi.
Così il problema della lingua è tuttora irrisolto. E'
preferibile che il masiro venga insegnato in tutto il paese o nella sola
Cabilia? E' meglio che sia una materia obbligatoria o facoltativa? La formulazione
contenuta nel decreto - "lingua di tutti gli algerini"- si presta a molte
interpretazioni.
Non bisogna poi dimenticare che la l'ala più importante del MCB
ha rifiutato di sottoscrivere l'accordo. Ormai, dopo la separazione delle
"Commissions Nationales", all'altocommissariato appartengono soltanto i
simpatizzanti dell'altra ala, la "Coordination Nationale".
Quello che non si capisce è perché in queste commissioni
formate dalle autorità non figurino studiosi masiri. Ad esempio,
perché mancano quelli che dirigono gli istituti di studi masiri
delle università di Tizi-Ouzou e di Bedjaia?
Comunque non è il caso di essere pessimisti. Il lavoro delle
autorità dovrà essere valutato in base ai risultati. Comunque
si delineano già i primi contrasti per quanto riguarda la scrittura
da adottare per la lingua masira. Il governo accetterà la scrittura
latina, molto diffusa nella Cabilia? Come reagiranno i Masiri che abitano
in altre regioni, per esempio nel Mzab oppure nell'Aures? Il masiro verrà
proclamato lingua nazionale? Quest'ultima domanda tocca i fondamenti dello
stato algerino. L'attuale sistema politico, che nega il pluralismo culturale,
viene visto dal MKB come l'ostacolo principale ad una vera democratizzazione.
Gli algerini devono ancora trovare un accordo sulla forma di una nuova
società pluralistica. Mentre buona parte dei cosiddetti "partiti
democratici" sono a favore di uno stato democratico ma al tempo stesso
centralista, i Cabili nutrono aspirazioni autonomistiche e guardano con
crescente interesse ad uno stato federale.
Ritorno su |