ISTITUTO REGIONALE PER LA CULTURA ISTRIANA
UNIONE DEGLI ISTRIANI
PAOLO BLASI

Poeti dell'Istria
dell'Età Risorgimentale
(1849-1870)
Edizioni "Italo Svevo" Trieste
settembre millenovecennovantasette


 
GIACOMO (JACOPO) ANGELINI

Raffinate esperienze stilistiche


 
Figlio del giureconsulto Giuseppe, il dottor Giacomo Angelini (1770-1858) (*) si laureò a Padova e ricoperse l'incarico di segretario dell'autorità politica sotto il regime francese e di attuario sotto l'Austria.
Funse da commissario distrettuale in Rovigno dal 1834 al 1850 e in tale veste accolse nel 1847 i reali di Napoli che soggiornarono in visita alla città per alcuni giorni unitamente ai congiunti Arciduchi d'Austria. In tale evenienza il re Ferdinando gli rilasciò la decorazione di cavaliere. 

Il canonico Stancovich definisce l'Angelini "una vera illustrazione della sua patria per quanto fece di bene in generale al suo paese".
Poeta delle occasioni familiari liete o tristi ma anche degli avvenimenti, si rivela non di rado compositore delicato ed efficace, nell'hortus conclususdei temi affrontati egli appare certamente fra i conterranei uno dei più felici dilettanti delle lettere.In un'Ode l'Angelini traduce la sua ammirazione e amicizia per padre Pietro Muggia da Rovigno, riformato francescano, eccellente predicatore, filosofo e teologo nonchè poeta(20) e di lui colloquia con la propria anima: 

I
Udisti, o mia sorella,
Pietro di Dio parlar cose inusate?
Gli accendeva di amor la facella
Lo spirito benedetto.
I
e, l'anima, l'esorta a staccarsi dagli impacci terreni e a salire al cielo sua patria, memore del tempo in cui, "del Brenta in riva", lo stesso Pietro l'aveva educato assieme al suo "dolce" Anteo alla scuola dei sublimi cantici che più piacciono a Dio.

Già ora aleggia - e tornerà insistente nella poesia di Giacomo - la memoria del tenero amico Sebastiano Sbisà, "chiaro per i suoi talenti, per le virtù sue molte e per la sua rara bontà", strappato alla gioventù nel 1819, che aveva derivato il nome di Anteo da un "egregio letterato" della famiglia del marchese Giuseppe Gravisi di Capodistria alla quale era per affetto legato(21).   E a lui dedica terzine In morte firmandosi Jacopo, forse per suggestione foscoliana. L'aiuti la fedele e dolente cetra a piangere le croci e le urne, là dove 

II
...un'intima pietà nel cuor si sente
E s'ode infra di bronchi e fra l'ortica 
Un lento sospirar d'aura gemente
II
 e dove a riparo, all'ombra di "arbore antica", 
III
Giace Anteo nella pia tomba pudica.
III
 Presso il "sacrato sasso" convengono la Filosofia, ricoperto di bruno velo, la Matematica priva degli "almi suoi strumenti", le "amabili" Camene e le altre Virtù a pronunciare in concorde armonia l' "ultimo addio". Al loro lamento risponde dilatandosi l'afflizione dell'Eco. I versi riproducono con levità il clima sepolcrale e notturno della prima stagione romantica, quale Jacopo aveva potuto conoscere all'epoca degli studi in terra veneta dalle composizioni di raffinata sensibilità del Pindemonte e dai classici verseggiamenti del poeta zacinteo. 

Del raggruppamento della produzione per nozze una prima poesia, rimasta inedita, risale al 1813. Montianamente tornita, invocava dalle "liete Ancelle dell'Idalio Nume" protezione per i "fortunati amanti e sposi", il dottor Giuseppe Costantini, "scrittore pregiato di argomenti legali ed uno dei primi avvocati del Litorale", e Chiara Costantini.

Nel 1822 Giacomo dette invece alle stampe un duplice serto di omaggi a Imene: non rinveniamo il Dono poetico per il Dr. Marco Antonio Antonini e la N.D. Marietta Bembo, ma ci è dato leggere due composizioni rivolte agli "avventurati" giovani Marco Costantini, avvocato a Fiume e autore di opere che lo dimostravano "esatto pensatore e ragionatore", ed Elisa Tranquilli. Nel sonetto si rileva uno svolgimento tra lo stilnovistico e l'arcadico e nella saffica appare apprezzabile lo sforzo di non ricalcare le banalità suggerite dal tema ravvivando di sincerità la classicità delle immagini: 

IV
Sorride a noi la bianc'alba rorante
Lieve per noi s'increspa la marina,
E provvido per noi alto cammina
Il sol fiammante.
Ma più che il Sole, e i campi, e la ricchezza
Raro ha creato all'uom dono l'Eterno ...
IIV
 Il Signore ha rivolto il "suo amor superno" alla sposa, ond'ella splende di leggiadria e di inclite virtù; e a Marco il Poeta rammemora momenti della goliardia trascorsa in riva al "fiume biondo d'Euganea". Un'altra memoria del Veneto torna nell'ode nuziale (1828) dedicata a LuigiCarlo Basilisco, "dottore in medicina a valente chirurgo", e a Elena Vittorio Privitello. Lei era nata "sull'amena sponda del biondo Sile" e poi era vissuta "ove Saona estolle l'onda". L'aveva accompagnata al fonte battesimale trivigiano la contessa Vittoria Dupac di Lione e poi, quale "altra madre", si era trasferita con lei oltre le Alpi, che fanno "muro a Italia mia", e ivi l'aveva educata "del chiostro nella nobil pace" agli studi e all' "oprar saggio". Oggi Parenzo la saluta perchè i doveri coniugali la portano ad Arupino assieme al suo Luigi.

Trascorrendo alle composizioni per laurea, citiamo i Sentimenti di un amico(1814) per il dianzi menzionato Marco Costantini, ma ci soffermiamo sulla saffica Per laurea in legge del signor Baldassarre De-Pra (1828) nella quale riappare, ancora Anteo latore a lui di un affettuoso invito:

V
Jacopo, mira a virtù fiso
I
 affinchè ragioni intorno ai valori esistenziali, cui richiamano l'immortalità dello spirito, le meraviglie della creazione, il mistero dell'universo. Anche il De-Pra conosce quell'ardore che sgorga alla fonte del sapere e che sopravvive alla morte.
I
Bello è sul giovin crin lucido e nero
L'arduo veder de' saggi illustri alloro,
I
 bello è impiegare la giornata nella dottrina ad acquistare "eletta sorte" fra i concittadini.
I
Il poemetto di Valteda
I
 Anche la circostanza che indusse Giacomo Angelini a comporre la sua poesia di maggior respiro di direbbe all'apparenza nuziale (le nozze del dottor Angelo Ive e di Rosa Volpe), ma non si tarda ad avvedersi che l'autore, quasi volesse confrontarsi con le sue capacità, piega il verso a vagheggiare immagini suscitatrici di primari interessi: la bellezza della natura dell'amata sua terra, il piacere della solitudine per penetrarla, la meditazione intorno alle eterne beatitudini e alle contraddizioni umane, l'abbandono alla fantasia mitica di personaggi portentosi che popolarono il mondo nelle età primitive e, infine l'evocazione del morto amico.
Il poemetto si apre con il poeta che scende per i "roridi sentieri", fra i mirti e il timo, il sempreverde colle della "sua" Valteda. Giunto alla vetta, lo accoglie il sole col raggio primiero e rimane attonito a mirare "con le pupille affaticate" l' "onnipotente fiammeggiar", che l'induce a ripararsi all'ombra di una pianta ospitale. Avrebbe desiderato avere accanto il "dolce" Ive, che "con dottrina gentil" gli avrebbe spiegato la scientificità arcana dei fenomeni astronomici, ma si rassegna ben conscio che in quel momento altre erano le cure dello sposo, il quale "nel bel Parenzo" era rivolto alla sospirata soddisfazione di lei, suo "bene". 

Parte seconda: Giacomo dall' "aprica altura" spazia lo sguardo sull'immensa distesa del mare e vede un incessante "ire e redire" di vele:

I
Il silenzio dell'aure e la bonaccia
Mi parve disdegnar ampio naviglio,
Che, aperti i lini, in mar la prora caccia,
Ed invocare per lo Ciel vermiglio
Il siffiar dei venti, e gonfie l'onde,
Quasi sfidando il turbine e il periglio.
I
 Tosto però i bei tocchi pittorici si dissolvono cedendo alla rampogna etica sui degenerati costumi per i quali il marinaio si fa mercante:
I
O gente prode sì, ma non beata,
Cui d'oro cupidigia ha il core morso!
Sul lido e madre e sposa abbandonata
Hai tu col bacio, ultimo forse amore,
E figli e patria non mai molto amata.
Le vele or ti empie di destin favore,
E scherzan l'aure della nave intorno
E il timon regge di speranza ardore;
Ma chi sa mai se scritto il tuo ritorno
Nel libro adamantino è dalla sorte.
I
 Tutt'altro spirito alimentarono gli eroi dei primordi che ricercavano la gloria nel "pelago periglioso" e imploravano da Nettuno la salvezza versando nei flutti il sangue di un toro immolato. Giasone e i "possenti" che vennero poi si appellavano all'oracolo della pelasgica Dodona e si propiziavano gli dei con le immani ecatombi nelle solenni panatenee. Succedendosi i tempi, penetrarono altri sentimenti e diversi costumi:
I
Sola avarizia drizzò poi le antenne,
E sol fu Nume il forestiero argento,
I
 Ma l'angelo che veglia sull'Istria ora interviene e soccorre i suoi figli: li sottrae da "passioni vili" e da "mondani artigli" e addita la verace felicità.
Nella campagna si ritrova la felicità perduta: si torni ai paterni poderi risonanti del muggito dei buoi, alla ricchezza dei piani verdeggianti di viti e olivi, al prezioso tributo delle messi. Il Poeta, assorto nella "campestre alma delizia" del colle di Valteda, auspica che anche il diletto Ive, il quale possiede "di cortesia costume antico", partecipi di questa felicità, grande di serenità e di salute morale.

Parte terza: un'improvvisa luce di paradiso distoglie Giacomo dalle sognanti riflessioni e, all'apparire di una mirabile visione, balza in piedi stupito, pauroso ed esultante: 

I
Tosto il conobbi alla virginea palma,
Al tenero sorriso, all'auree chiome,
E al rosso volto de la bella calma.
Anteo, sclamai ver esso, Anteo...
I
 Ecco il tante volte richiamato sodale. Gli si prosta innanzi, ma lo "Spirito gentile" lo sollecita a rialzarsi e a mirare l' "alta letizia" che lo privilegia schiudendogli la condizione dei salvati da Dio:
I
Lontana qui dalla incessabile guerra
De' torbidi negozi cittadini
A vera gioja l'alma si disserra.
I
 Giacomo osa ancora chiedergli quale sorte e riservata agli Sposi: e lo Spirito, assicurando che "giusto a' bei premi è il Cielo", dice che Ive e Rosa avranno la "gloria" della prole e i nonni (il dottor Antonio e il dottor Nicolò Volpi da Parenzo fratelli della sposa, l'uno "valente in declamazione tragica" e l'altro in "letteratura", spiega la nota) si appagheranno dell' "alloro dei nipoti".
Il poemetto, notevole per la maturità e la padronanza nella versificazione nonostante qualche reminiscenza dal Parini e dal Pindemonte, rivela la personalità del rovignese e meriterebbe, a nostro avviso, una più attenta considerazione nell'ambito della poesia istriana.

Per completezza, diamo un cenno intorno alle composizioni civili dell'Angelini. Lo Stancovich annovera di lui gli Sciolti per la Pace a Capodistria nel 1814 come facenti parte della "Raccolta" stampata in quell'anno a Trieste dalla Tipografia governiale. Va inoltre ricordato quale interprete della pubblica esultanza nell'occasione in cui il goriziano monsignor Antonio Peteani, su nomina di Francesco I (1826) e ratifica di Leone XII (1827), divenne il primo vescovo delle unite diocesi di Parenzo e Pola(22). "Compreso di amore e venerazione", egli scrisse la cantica di sessantun terzine Nell'allegrezza della prima visita in Rovigno del Vescovo Peteani sacro Dottore messo da Dio vegnente caro ai fedeli.

I
... cui steril gleba serra,
E d'Adria bagna il mare, e cui la Fede
integri rai dal suo grembo disserra,
I
    Ha il suo pastore, il "mansueto gregge" esulta e il cielo benedice la casa che "al vero Dio si estolle". Il componimento s'irretisce e si affoga in digressioni bibliche: si direbbe che l'onere del canto affidato all'Angelini spenga in lui l'ispirazione, solitamente apprezzabile.
 
 
N  O  T  E


20. Padre Muggia (1766-1835): "Un suo sonetto è nella Raccolta stampata presso Coletti (Trieste, 1826) in occasione della venuta a Rovigno di S.S. Maestà Nostro Sovrano" (Apppendice delle Notizie degli istriani viventi nel 1829 del Canonico Pietro Stancovich di cui si vede nella presente Bibliografia). 

21. Sebastiano Sbisà (1789-1820), da Rovigno, assunse il nome poetico di Anteo per l'affetto che portava alla famiglia del marchese Giuseppe Gravisi di Capodistria, la quale famiglia aveva dato un egregio letterato di nome Anteo. Fu autore di poesie (Versi lirici di Anteo da Arupino, Padova, Stampe del Seminario, 1811) e coltivò la filosofia morale, la metafisica e la pubblica economia. "La dolcezza del suo carattere e la religione lo resero amabile e stimato(P. Stancovich). 

22. L'ultimo vescovo parentino era stato il marchese Francesco Polesini, cui seguì una vacanza di nove anni; l'ultimo vescovo polese, Giovanni Domenico Juras, morto nel 1803, lasciò scoperta la sede per poco meno di sei lustri. A seguito della bolla Locum beati Petri emanata da Leone XII in data 20 giugno 1828, le diocesi di Pola e Parenzo si unirono nel 1830. 

(*)   La corretta data di nascita è 31 ottobre 1789 e non 1770

 
B  I  B  L  I  O  G  R  A  F  I  A

 
In morte di Sebastiano Dr. Sbisà da Rovigno (terzine) in Monumento di carità,  album scientifico-letterario, a cura di N. Gallo, Trieste, tip. Weis, 1857, p.88. 

Ode del Dr. Giacomo Angelini da Rovigno d'Istria in Monumento di carità  c.s. p. 39-40. 

Per le nozze illustri degli egregi ed avventurati Marco Costantini ed Elisa Tranquilli. Versi di Giacomo   Dottor Angelini di Rovigno, Trieste, tip. Antonio Maldini, 1822, pp.7.

In nozze di Angelo dr. Ive e Rosa Volpi. Versidi Giacomo Dottor Angelini di Rovigno, Trieste, tip. Antonio Maldini, 1822, pp.15. 

Per le avventurate nozze di Luigi Carlo Dottor Basilisco ed Elena Vittoria Privitellio. Ode di Giacomo Dottor Angelini di Rovigno, Trieste, tip. Weis, 1827, foglio volante. 

Per la laurea in legge del Signor Baldassarre De-Pra. Saffica di di Giacomo Dottor  Angelini di Rovigno , Padova, tip. Crescini edit., 1828, foglio volante. 

Nell'allegrezza della prima visita in Rovigno del Vescovo Antonio Peteani Sacro Dottore messo da Dio vegnente caro ai fedeli Jacopo Dottor Angelini di Rovigno scriveva questi devoti versi, Venezia, tip. Picotti, 1828, pp. 7. 

Nelle Notizie degli Istriani viventi nel 1829 del Canonico Pietro Stancovich di Barbana, pubblicate per cura del Dr. Felice Glezer di Rovigno, Parenzo, tip. Gaetano Coana, 1884 sono annotate anche queste composizioni di Giacomo Angelini: 

Versi inediti per nozze del Dr. Giuseppe Costantini e Chiara Costantini, 1813. 

Sentimenti di un amico (in prosa) per laurea del dr. Marco Costantini, Padova, tipi del Seminario, 1814, pp. 10. 

Sciolti per la Pace celebrata in Capodistria nel 1814 inseriti nella "Raccolta" da p. 113 a p. 119, Stampa di Trieste della tipografia governiale 1814. 

Dono poetico per le nozze del Dr. Marco Antonini e N.D. Marietta Bembo tip. Antonio Maldini, 1822, pp 7. 


 
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