Dignano, piccola citta' dell'Istria meridionale situata tra Rovigno e Pola. Contrariamente a quest'ultime e' situata all'interno ed è quindi una tipica cittadina con vocazione agricola anzichè marinara. Nel 1930 aveva 5.424 abitanti, 10.954 contando il circondario.

Il nome dovrebbe derivare da un predio imperiale degli Antonini amministrato da un certo Attinius, da cui il nome latino di Attinianum o Altinianum. In epoca medioevale divenne poi Altinianus (XII sec)  e poi sino al XIV secolo Adignano da cui con la perdita per aferesi dell'iniziale si ha il nome attuale di Dignano. I suoi abitanti vengono detti "dignanesi" ma sono conosciuti dal resto dell'Istria e da loro stessi col nome di "Bumbari" termine dall'etimologia oscura ed ancora controversa.

Nel 751 subì il saccheggio dei longobardi di Astolfo, mentre dal 788 entro' nell'orbita franca che vi introdussero il feudalisimo.
Comunque la cittadina seguì sempre le sorti di Pola, la sua sorella maggiore, sino al 1330 anno in cui si emancipò dal controllo polesano e si ingrandi' incorporando in se' gli abitanti di 7 ville (Attiniano, Midian, S. Michele di Bagnole, Gusan, Guran, S. lorenzo e S. Pietro in Pudenzan) per poi l'anno dopo seguirne la dedizione spontanea alla signoria di Venezia.

Da Venezia nel 1382 ottenne l'autonomia comunale. Distrutta nel 1413 da Sigismondo d'Ungheria, risorse e seguì fedelmente le sorti di Venezia sino alla sua caduta (1797). Nel periodo veneto aveva sede nel Castello di Dignano un corpo di cavalleria e la truppa locale detta "cernida" che godeva di particolare credito visto che il Provveditor veneziano, N.H. Marin Malipiero, la ritenava la migliore e più valente dell'Istria. A Giustificare questa reputazione si può citare un episodio della Guerra degli Uscocchi combattuta tra Venezia ed Austria che vide nel 1615 Dignano assalita da un agguerrito corpo di spedizione arciducale che fu duramente sconfitto dalla cernida dignanese lasciando sul campo circa 400 morti ed il bottino frutto dei saccheggi sino ad allora compiuti. Per il resto la storia di Dignano e' quella delle altre citta' istriane ed e' qui inutile ripercorrere i soliti passaggi da Venezia a Francesi, Austriaci, Regno d'Italia, Federativa Jugoslava ed ora infine Croazia.

Particolare rilevanza ha folclore dignanese particolarmente conservativo e le costumanze matrimoniali oggetto di una opera del maestro istriano Antonio Smareglia, nativo di Pola ma con origini dignanesi, quelle "Nozze Istriane" che ebbero tanto successo e che dall'epoca della prima al Teatro Verdi di Trieste nel 1895 ebbero molteplici edizioni tra cui Praga, Vienna e Venezia con fortunate riprese anche ai nostri giorni. Tipici sono inoltre anche i costumi tradizionali ed in particolare quello delle "bumbarelle" dignanesi che vengono passati da madre in figlia e che sono arricchiti da splendidi gioelli tra cui spilloni e pettinini per le elaborate acconciature, collane, anelli e dei tipici "piroli", ovvero degli orecchini pendenti.
 

Un cenno a parte merita l'architettura fortemente veneziana del suo centro storico che si snoda sulla via principale, Calnova, e che converge verso la bella Piazza Castello, ora P.za del Popolo, sino al bel duomo (dedicato a S. Biagio) ed all'omonima piazza. Alcuni di questi palazzi presentano le bifore, gli eleganti balconi, gli stemmi tipici del gotico veneziano. Recentemente il comune, il cui sindaco e' la "bumbara" Lidia Delton, sta restaurando e riselciando le "cali" storiche e cercando di combattere il degrado che aveva colpito molti dei suoi storici ed eleganti palazzi.

Inoltre anche in questa cittadina è sopravissuta l'antica parlataistriota, con peculiarita' assai simili al Rovignese. In effetti si puo' dire che Rovigno e Dignano siano le due facce di una stessa medaglia, dove Rovigno rappresenta il lato della città di mare, e Dignano quello della cittadina dell'interno. In questo ultimo periodo, al di la' di vecchie glorie come quel primo dizionario d'istrioto rimasto manoscritto: il dizionario Dignanese-Italiano opera di Giovanni Andrea Dalla Zonca edito meritoriamente nel 1978 nella collana degli Atti del Centro di Ricerche Storiche di Rovigno, Dignano ha prodotto due grandi poetesse in tale antico idioma: Loredana Bogliun e Lidia Delton e proprio.per esemplificare questa antica parlata riporto una poesia di Lidia Delton:
 
 

 Ouna vecia fotografeija                                    Una vecchia fotografia

            Quante volte i le vein                                        Quante volte le abbiamo
            vardade insenbro                                              guardare insieme
            e tei no ti stracavi mai                                       e tu non ti stancavi mai
            da deime:                                                         di dirmi:
            nona Matiusa,                                                  nonna "Matiusa",
            gnagna Macasa                                                zia "Macasa"
            me fra Nane,                                                    mio fratello "Nane",
            nono Zanito co l'jera soldà,                               nonno "Zanito" quando era soldato,
            e mei                                                                e per me
            se ti savaravi,                                                    se sapessi,
            i me jera douti preceizi,                                     mi sembravano tutti uguali,
            parchì qui vesteiti                                              perchè quei vestiti
            a no se porta pioùn,                                          non si usano più,
            qui cavii ingrumai in cogon                                quei capelli radunati in crocchia
            a no zi de moda,                                               non sono più di moda,
            invise dele sufese de nono                                 invece dei gambali di pezza di nonno
            ancui se porta le calse.                                      oggi si portano le calze.
            Adiso                                                               Adesso
            vardo danuvo le fotografeije                              guardo nuovamente le fotografie
            i pensi                                                               e penso
            i serchi da ricognusi                                           e cerco di riconoscere
            nona, gnagna, to fra,                                          nonna, zia, tuo fratello,
            me nono                                                            mio nonno
            e i piuri                                                              e piango
            e i no sento pioùn                                               e non sento più
            la to voze,                                                          la tua voce
            ca con pasiensa                                                  che con pazienza
            me spiegava                                                       mi spiegava
            ouna, dui, sento volte.                                        una, due, cento volte.
            Ah, se te varavi scolta'                                       Ah, se ti avessi ascoltata.


 


 


 
Gianclaudio de Angelini

 
 
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