RISPOSTA AL PROBLEMA
DROGA - (27 settembre, h.17.40) - Baudelaire, uno dei poeti decadenti, che
scrisse un’opera intera, I Paradisi Artificiali, sull’oppio, sul vino e
sull’hashish, lo sapeva bene: “L'oppio è ciò che non ha limiti, prolunga lo
sconfinato, approfondisce il tempo, scava la voluttà, e di piaceri neri e
torvi riempie l'anima oltre la sua capacità". Ma sapeva altrettanto bene
che egli si abbandonava all’uso di queste sostanze per sfuggire alle catene
della vita, ritrovandosi intrappolato nei lacci più gravi e plumbei che lo
obbligavano a non poter più pensare e comporre senza ricorrere alla droga.
Credeva di non dover più affrontare il tedio e la solitudine oltrepassando
saltuariamente i cancelli dei giardini meravigliosi dell’hashish e solo
alla fine si accorse che il vuoto interiore si era dilatato ulteriormente,
creando in lui una nuova schiavitù.
Tucidide, lo storiografo greco dell’età classica, distingueva per la sua
narrazione storica due livelli di cause degli eventi, ovvero la causa
recente e occasionale e la causa reale e celata, per cui bisogna scavare in
profondità per riconoscerla veramente. Applicando lo stesso concetto alla
droga, tanti sono i motivi superficiali per cui un individuo, molto più
spesso un giovane, inizia un rapporto di familiarità con gli stupefacenti,
più o meno pesanti: per aderire al comportamento uniforme del gruppo di
amici, per divertirsi, per piacere, per sentirsi più sicuro e più forte e
più lucido, per perdere le proprie inibizioni emotive, ecc. Ma la
motivazione effettiva è quella cavità deserta, di cui parlava Baudelaire e
a cui fanno riferimento tutti i ragazzi ex tossicodipendenti della Comunità
Cenacolo di suor Elvira, che serpeggia, attanagliandolo, lo spirito umano.
A cosa giova ad una pianta la florida bellezza dei suoi fiori, se le sue
radici sono irrimediabilmente secche? Quale utilità può ricavare dalle sue
tonalità evanescenti un mare definitivamente inquinato, nel cui ventre
abissale è scomparsa la vita vegetale e animale? E’ risaputo che il Male
s’aggrappa con disperata ostinazione e cattiveria alle nostre debolezze,
pur di allontanarci dalla speranza, dalla luce, dal Bene. Per cui è questa
impressione di situazione senza rimedio, ormai, situazione di disordine
affettivo, di mancanza di valori, di materialità, che spinge tutti coloro
che hanno cominciato a drogarsi a non tornare indietro bensì a proseguire.
Fin quando, un giorno, la bontà di Dio non pone sulla loro strada un Angelo
Custode. Chi non desidererebbe accanto qualcuno che lo ama
incondizionatamente e disinteressatamente; che gli è sempre vicino; che lo
ascolta anche quando è stanco; che lo aiuta nello svolgimento dei suoi
lavori e che li porta a termine lui stesso se l’altro si rifiuta; che gli
dimostra che esiste una parte del mondo dove il principio “dare per avere”
non è mai stato e mai sarà concepito; che gli insegna a percorrere la
strada di un’amicizia non basata sulla quantità di denaro a disposizione di
ognuno; che gli fa dimenticare che cosa significhi la diffidenza e il
soprassalto nel percepire qualcuno alle sue spalle? Questo Angelo Custode è
la risposta più vera al problema droga di cui io sia a conoscenza. Non è un
essere fantastico dell’immaginazione infantile: sono un semplice ragazzo e
una semplice ragazza, ex tossicodipendenti della Comunità Cenacolo di suor
Elvira a Medjugorje, che hanno il compito di accogliere e comprendere,
avendolo già sperimentato sulla loro pelle, il disagio e la dipendenza di
ogni nuovo giovane in arrivo nella loro comunità. Pervasi dall’amore
soprannaturale di Gesù, quell’amore che ha fatto sì che egli si facesse
crocifiggere per la salvezza dell’umanità nella sua totalità, sopportando
ogni sorta di atrocità fisica e morale, essi riescono a distogliere dalla
mente dei drogati l’ossessione della solita quotidiana dose, sostituendola
con il piacere sublime di un nuovo mondo di valori cristiani, della
preghiera del Rosario, della Messa, del lavoro onesto, di una vita priva
del consumismo e degli abusi della ricchezza a cui prima quasi tutti loro
erano abituati. Nella quiete irreale di questa comunità ( che è solo una
delle quarantadue sparse sulla Terra) non si odono i rumori volgari della
televisione, non si discute di ciò che va di moda in quel determinato
periodo e che bisogna assolutamente procurarsi per rimanere al passo con i
tempi: si sono dileguati i ricordi di una famiglia poco, se non per nulla,
disponibile al dialogo e alla condivisione con i figli, perché troppo
impegnata ad accumulare soldi tramite una carriera strepitosa, soldi con i
quali i medesimi figli si sono comprati la loro felicità artificiale, la
morte della loro anima. Nella terapia cristocentrica adottata e diffusa da
suor Elvira, la piccola grande suora fondatrice di tutte queste comunità,
aleggia solamente il profumo dell’amore e della genuinità e della donazione
reciproca: ognuno di loro ha sempre il tempo e la forza per poter prestar
soccorso ad un fratello bisognoso, ognuno di loro ha abbattuto la trincea
difensiva che lo separava dalla illusoria famiglia, dai cosiddetti amici,
dalla gente conosciuta. In Cristo si riscopre la realtà di relazioni umane
concrete, cariche di indistruttibile importanza: in Lui svaniscono le ombre
infernali di stracci di uomini che si sporcano nell’odio e nell’irriverenza
e nello sfruttamento dei propri averi per il proprio essere. Come ha detto
un ex drogato nell’intervista condotta da Silvio durante la settimana del
festival internazionale dei giovani, l’obiettivo della comunità è la
conversione completa del cuore, in quanto il vuoto nasce nel cuore e solo
Gesù può colmarlo, cancellando ogni traccia di egoismo e permettendoti di
assaporare il senso della vita nell’aiuto agli altri. E, come dichiara suor
Elvira, la terapia che propone è assicurata da duemila anni di storia di
Cristo, una terapia di verità, perché la Verità ci farà liberi di quella
libertà che ci farà spaziare nell’universo della pace e dell’amore.
SUL NOSTRO SITO DEI PAPABOYS UNO STRAORDINARIO REPORTAGE CON FOTOGRAFIE E
VIDEO DAL FESTIVAL DEI GIOVANI DI MEDJOUGORJE
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