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    Massimiliano Castellani "Continuano a pensare con i piedi" Edizioni Sugarco
     
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
      
      
    Da quel giorno siamo tutti più tristi, ci mancano i suoi racconti, abbiamo vissuto il campionato del mondo di calcio del 1998 tentando di raccontarci le partite con le parole, lo stile, l’ironia e l’intelligenza con cui ce li raccontava lui e senza riuscirci. Se ne era andato il 30 gennaio 1997, Osvaldo Soriano, quell’argentino innamorato del pallone che, in Italia, aveva scritto per anni, e tanto di calcio, sul manifesto. Nei suoi racconti, pieni di palloni e di Argentina, personaggi come il Gato Díaz, Constante Gauna, il figlio di Butch Cassidy, avevano fatto amare il pallone anche a chi, fino a quel momento, se ne era tenuto lontano. 
    Più soli, più tristi, talmente soli e tristi che qualcuno riesce a immaginarsi una notte passata assieme a Soriano, a raccontare di palloni e di vita, di Italia, di Argentina, del mondo, del mondo del pallone. 
    Massimiliano Castellani, giornalista dell’Avvenire, nel suo “Continuano a pensare con i piedi” immagina che una notte sia entrato in casa sua Soriano, con il sigaro e il gatto Nigro, e insieme abbiano cominciato a scambiarsi storie, pensieri, attraverso i decenni e i personaggi che hanno messo in evidenza, senza essere “il campione”, la vera natura di questo universo, la sua trasformazione in un “divertimentificio svuotato di tutta la poesia che aveva un tempo”. Il tempo in cui i guarany, nel XVIII secolo, giocavano a pallone quando gli inglesi non avevano neanche pensato di inventarlo. Il tempo del calcio dilettantistico, di un calcio diverso, umano. 
    Ma tracce di umanità esistono ancora e, come scrive Giancarlo Dotto nella prefazione, “Castellani va a toccare con mano lieve l’emozione che parte dal calcio ma lo eccede, lo muove, lo commuove”, attraverso la “voce storica” di Nando Martellini e la SLA, la terribile malattia che ha già ucciso tanti calciatori, di Luca Pulino; la storia della breve vita di Edoardo Bortolotti, morto suicida a 25 anni; le denunce di Carlo Petrini, e la speranza di riuscire a fermare “la solita giustizia sommaria, quella che punisce i più ingenui, i meno protetti”; il pasticciaccio che l’Inter costruì alle spalle di due ragazzini, Massimo Ottolenghi e Massimo Pellegrini; Costantino Rozzi e la sua sciarpa rossa alla presidenza dell’Ascoli Calcio; il finto calciatore al-Saadi Gheddafi, il figlio del leader libico che, senza essere un calciatore, è riuscito ad arrivare alla serie A; un arbitro particolare; quel Cesare Jonni che forse in molti hanno dimenticato ma che detiene il terzo posto come presenze nel campionato italiano, più 66 incontri internazionali; Pietro Rava, l’unico azzurro ancora in vita vincitore dell’Olimpiade del 1936 e del Mondiale del 1938; i fratelli Sentimenti e quel paese, Bomporto, “tremila anime che ha dato i natali a quattro fratelli, tutti quattro diventati calciatori di serie A e della Nazionale”; Stefano Albanesi, dal calcio al convento francescano di San Damiano; Ezio Vendrame e Arcadio Spinozzi, giocatori di calcio col vizio di pensare con la loro testa; la squadra di Limite sull’Arno che conta nel suo organico 15 senegalesi, uno schiaffo al razzismo; l’inutile lotta contro la malattia di Maurizio Santopaolo. 
    Il calcio si intreccia con la letteratura, la musica, il cinema, il colore degli aquiloni, in un libro che tenta di farci pensare, noi che pensiamo coi piedi, al nostro grande amore per il pallone, al giocattolo preferito che ci stanno distruggendo. Un libro che racconta l’amore di Castellani per il pallone, per Soriano e la speranza di un calcio migliore. 
           
    gabriella bona 
      
 
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