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    Silvana Mazzocchi "Vite d'azzardo" Edizione Sperling & Kupfer
    Recensione di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
     
      
    Lotto, enalotto, videopoker, roulette, slot machine: in Italia l’80% della popolazione dedica qualche attenzione al gioco d’azzardo, dai livelli minimi fino ai giocatori estremi. La previsione di spesa, per il 2002 si aggira sui sessantamila miliardi di lire. Comprende tutti, dal giocatore settimanale della schedina a quel 3% di giocatori che vengono definiti patologici. 
    Silvana Mazzocchi, giornalista di Repubblica, ha raccolto, nel volume “Vite d’azzardo”, quindici storie di giocatori estremi che si sono rivolti, per superare lo stato patologico che aveva raggiunto livelli insopportabili per sé e per la propria famiglia, al Centro di Terapia di Campoformido in provincia di Udine. 
    Nell’introduzione al libro, Rolando De Luca, psicologo psicoterapeuta responsabile del Centro, spiega come “il gioco in Italia, abbia sempre fatto presa sulla gente”, dal gioco del lotto, già diffuso nel XVI secolo, alle case da gioco che nel 1797, anno della caduta della Serenissima, erano centotrentasei nella sola repubblica di Venezia. 
    E oggi il gioco d’azzardo continua ad espandersi, procura enormi introiti allo Stato, viene pubblicizzato da giornali e televisioni e distrugge ogni anno persone, famiglie, rapporti di amicizia e di lavoro. 
    “Per cento persone che convivono tranquillamente con l’azzardo, soltanto un paio, forse tre imboccano la strada dell’abisso” scrive Mazzocchi. E’ quindi necessario capire “quale [sia] il confine al di là del quale il gioco diventa patologico. E, soprattutto, perché solo alcuni passano quella linea di demarcazione”. 
    Le storie narrate dall’autrice ci portano a conoscere i meccanismi che afferrano il giocatore e lo privano della libertà di scegliere, lo portano a situazioni di degrado personale, morale, finanziario difficilmente immaginabile. Ci aiutano a scoprire il bisogno di illusioni e di emozioni forti, le carenze affettive, le frustrazioni lavorative, le paure che sono alla base della nascita del giocatore estremo, della sua trasformazione, della sua malattia. Troviamo giovanissimi che non riescono ad inserirsi in una vita normale e anziani che tra le luci del casinò trovano un sollievo al vuoto del pensionamento, donne e uomini, contadini e professionisti, le loro bugie, i loro imbrogli, le esaltazioni e le depressioni, i furti e i tentativi di suicidio, le richieste e i rifiuti di aiuto, le ricadute, la volontà di uscire, le famiglie che si uniscono e si spaccano di fronte alla presenza di un giocatore. 
    Il libro di Silvana Mazzocchi, scritto con attenzione e sensibilità, è utile per chi si trova a dover affrontare personalmente o nella propria cerchia di amici e parenti il problema del giocatore estremo, ma sicuramente anche per tutte quelle persone, e sono davvero tante, che amano giocare e che potrebbero essere un giorno risucchiate nel vortice: forse, sapere che cosa può succedere, può essere una buona cura preventiva perché non succeda. 
      
    gabriella bona 
   
 
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