Perieghesis

Conoscere la terra. Per pensare, progettare, educare

Viaggio nella storia del paesaggio agrario del Tarantino

Mappa del sito    What's New    Cerca!

FIUMI E PALUDI

Parole chiave: immagini, rural landscape history, storia paesaggio agrario, dolmen, Magna Grecia, Medioevo, flora, vegetazione, feudalesimo, demani, paludi, saline, fiumi, caccia, fiumi, zone umide, Taranto, Puglia, Italia Meridionale, masserie, edilizia rurale, opere pubbliche.

Origine 

La natura carsica del territorio tarantino spiega la sua ricca idrografia sotterranea, sia superficiale che profonda.  
Per un gioco di sovrapposizione di strati a diversa permeabilità la falda acquifera riemerge lungo il litorale, dando origine ora a risorgive sottomarine (i citri del Mar Piccolo) ora a corsi d'acqua, come il Tara, il Galeso, il Cervaro ed i molti rigagnoli che bagnano (molte però di queste sono state interrate o si sono attualmente prosciugate) le forre dislocate lungo il litorale ad Est della città. Si tratta in ogni caso di corsi d'acqua che dopo un breve percorso si versano in mare. 
Sempre lungo le aree litoranee o paralitoranee la presenza di una falda freatica molto superficiale,poggiante su uno strato di argille impermeabili, è stato all' origine del triste  fenomeno dell'impaludamento stagionale, che sino alla fine del secolo XIX ne dominava il paesaggio.
La forte insolazione conferiva ad alcune di queste aree le caratteristiche delle saline

 

Le paludi nella storia della cultura

Il rapporto fra l’Uomo e quelle che attualmente chiamiamo aree umide (fiumi e paludi) è stato tramandato nel corso del tempo secondo modelli culturali molto difformi.
Per molto tempo esso è stato caratterizzato positivamente, come mirabile esempio di equilibrata capacità, da parte dell’uomo, di fruire degli interessi prodotti dallo stock ambientale. Nel corso di questa lunga fase della storia umana i rapporti vigenti fra comunità umane ed ambiente sono stati dominati dalla consuetudine, ed alle prime era conferito, almeno teoricamente, il diritto naturale di fruire dei prodotti della natura,la cosiddetta economia dell'incolto
L'esercizio degli usi civici ha per lungo tempo costituito un complemento, essenziale,  per la funzionalità e la sopravvivenza della piccola proprietà contadina. 

wpe20511.gif (61760 bytes)

Le risorgive dotate di maggiore portata sono quelle del Lenne (in alto) e, soprattutto, del Lato, che attraversano la pineta litoranea occidentale in uno scenario molto accattivante ed affatto peculiare per la regione pugliese.

wpe11668.gif (53715 bytes)

La percezione di chi viveva quotidianamente nel territorio era informata di sentimenti di positivo pragmatismo.
La società preindustriale visse, infatti, a lungo adattandosi ad un modello economico basato su un sistema di consuetudini e pratiche produttive che erano certamente arretrate, ma pure funzionali ad un ambiente degradato, sia in senso ecologico che sociale.
In questa visione la stessa malaria, conseguenza diretta di disturbati equilibri territoriali, era vissuta come un male indissociabile dal resto degli atavici problemi che si vivevano quotidianamente nelle campagne. 
Ben diversa era invece la visione degli intellettuali, che sin dall'antichità intravidero nelle aree marginali il limite della capacità umana di controllare il Mondo, e vi posero il confine ideale della Civiltà, rifiutando di conferirgli valenze positive. 
Solo nel corso dei lunghi dibattiti intrapresi dalla colta intellighenzia napoletana del '700 si intravide un mutamento culturale importante, e si affacciò per la prima volta l'idea di bonifica, intesa come grimaldello atto ad aprire al riscatto economico e sociale plaghe territoriali emarginate
Con i Borboni questa impostazione si tradusse in una compiutezza politica e di intenti rimaste a lungo insuperate, ma che purtroppo andò a scontrarsi con una realtà sociale ingessata da secoli. Non nascosero infatti la ostilità verso questa specie di ingerenza i grandi proprietari terrieri, che preferivano l'agricoltura estensiva del latifondo ad una ristrutturazione fondiaria che avrebbe potuto porre in discussione i rapporti di forza nelle campagne

wpe32161.gif (68529 bytes)

In alto il canale Ostone (Lizzano), sopravvissuto alle iniziative di bonifica degli ultimi due secoli.

In basso il canale dello Stornara, una delle più grandiose opere idrauliche costruite nel corso della stagione delle bonifiche, nel ventennio fascista. 

wpe31340.gif (81865 bytes)


La legislazione postunitaria, nella sorda concezione padanista della bonifica, intesa come miglioramento agrario d’interesse privato da affidare alla libera iniziativa dei proprietari, perse gran parte dello slancio che l’aveva preceduta. Al Nord, infatti, la bonifica si configurava come semplice opera di prosciugamento di bacini che avevano rapporti ben definiti con la idrografia di superficie, in un contesto per di più -la Pianura Padana- che nel corso dei secoli aveva costituito la sede elettiva della vita civile, e che intratteneva già rapporti produttivi intensivi con le acque (sede di risaie e di marcite). In tali circostanze la bonifica era vista come un modo di veder accresciuta la redditività della terra. 
Nel Mezzogiorno, invece, la bonifica doveva intervenire su una idrografia irregolare, che ai pantani autunno-invernali vedeva seguire per la siccità estiva terreni aridi, spesso salmastri. Le pianure del Sud inoltre dovevano essere letteralmente conquistate alle condizioni elementari di una presenza umana, restituite con prosciugamenti, strade, abitazioni, ed opere di civiltà a popolazioni che da secoli per vari motivi ne erano state bandite
Verso la fine dell'800 lo Stato recuperò un ruolo attivo, sospinto  in primis dall'intento di migliorare igienicamente il territorio, ma anche  dalla necessità di offrire occasioni di lavoro ad una popolazione agricola sempre più turbolenta. 
Un ruolo globale di riforma del territorio ispirata dallo Stato viene riacquisito alla politica di bonifica nella legislazione fascista, con la cosiddetta Legge Mussolini e della bonifica integrale (13/2/1933). 
Un ultimo contributo a questo sofferto capitolo dei rapporti fra Uomo e Natura   è fornito dalla nuova cultura ecologica, sorretta dalla necessità di intessere una nuova rete di rapporti che superi la dicotomia Natura-Storia.
Oggi i due termini sembrano cercare nuovi equilibri, nuove relazioni, nuove possibilità di scambio: non a caso il termine di aree umide evidenzia l’importantissimo ruolo svolto da questi ambienti nei generali equilibri territoriali; si parla di iniziative di tutela, di rinaturalizzazione di ambienti bonificati e persino della possibilità di innescare uno sviluppo del territorio legato proprio alla loro preservazione. 
Purtroppo l’Ecologia come elemento di omeostasi della politica territoriale è maturata quando la trasformazione era in gran parte stata compiuta, senza peraltro che la crociata contro le paludi avesse raggiunto alcuno degli obbiettivi prefissati. 
Ma l’Ecologia è soprattutto uno strumento conoscitivo delle dinamiche evolutive della Realtà, suggerisce quindi una diversa interpretazione della Storia, liberandola quindi dalle derive particolaristiche o di enfasi folkloristica cui sembra condannata dal vigente nichilismo scientistico o localista.

 

Fiumi, paludi e uomini

Un fiume molto ricco di ricordi storici è il Cervaro, sul quale nel Medioevo funzionava un mulino ad acqua. In Età Moderna i Cappuccini, cui era stato donato dai Marrese, signori del luogo, vi eressero una gualchiera, un impianto cioè per il trattamento dei panni destinati alla fabbricazione dei sai. In gergo tale operazione consisteva nel battere i panni dopo averli tenuti in immersione nelle acque del fiume, onde  la denominazione di Battendieri
A seguito della espropriazioni postunitarie venne eretta una masseria (nell'immagine), che inglobò le strutture preesistenti .
 

Ristagni e corsi d'acqua hanno costituito da sempre un costante riferimento nella vita quotidiana della popolazione che viveva nelle campagne.
Da essi l'Uomo ricavava energia per muovere i mulini (attestati nel corso del Medioevo sui fiumi Cervaro, Tara e Chidro), alimenti (con le attività di  pesca e di caccia) e materiali (canne e giunchi) utilizzati per i più svariati usi. Erano inoltre sede di attività artigianali di sussiego alla piccola industria, come la pulitura della lana e la macerazione del lino.
Le aree patimose, circostanti i corsi d'acqua per estensioni molto variabili erano, inoltre, le uniche in grado di sostenere forme di agricoltura intensiva, che sfuggissero alle ferree limitazioni dell'ambiente mediterraneo.
Nella prolungata latitanza della autorità pubblica, molte di queste terre andarono incontro,  molto prima che prendesse piede la politica della bonifica integrale, ad una sistematica opera di conquista, mercé la (pressoché precaria) regimentazione dei corsi d'acqua. Grazie a questa azione, che va interpretata certamente in una scala cronologia plurigenerazionale, gran parte delle terre ad Ovest della città, le contrade note con i nomi di Paludi di Basso (o degli Orti, nel Medioevo), Pantano o Caggiuni fu trasformata in una mirabile e ferace plaga articolata in vigneti, orti e  giardini.
La stagione d'oro di questa bonifica, che potremmo chiamare individuale, coincise con lo sviluppo della cotonicoltura e durò cioè gran parte del '700 fino agli anni '60 dell'800. 
Non conosciamo le modalità che regolavano l'accesso a fiumi e paludi nel corso dell'Antichità. E' probabile che nel corso dell'Alto Medioevo  lo Stato abbia iniziato ad imporvi diritti di proprietà, e che richiedesse, per la loro fruizione, la corresponsione di imposte
Dopo il Mille, invece, in piena Rivoluzione Agricola, si registra il moltiplicarsi di informazioni relative ad un sistematico e razionale (per l’epoca) sfruttamento economico delle acque interne. 

Con la grande stagione delle bonifiche, a cavallo  fra '800 e '900, si resero disponibili ad una proficua promozione agricola terre sino ad allora destinate alla mera economia dell'incolto. Una fra queste fu la Palude Rotonda, nei pressi di San Crispieri: già rientrante nel demanio comunale di Faggiano (di cui San Crispieri era -ed è- frazione), fu  bonificata nei primi anni del XIX secolo e venne in seguito suddivisa in lotti assegnati a contadini di quel comune. Nell'immagine il piano di lottizzazione, tratto dall'Archivio Storico del Comune di Faggiano.


Con i Normanni, in particolare,le prerogative di uso pervennero in favore di baroni ed enti religiosi, che li sfruttavano economicamente concedendoli in fitto. Emergeva, comunque la nozione di risorsa limitata, dato che lo svolgimento di queste attività era rigidamente regolamentato per non alterare i complessi equilibri ecologici del sistema Mar Piccolo.
Spesso le comunità che vivevano nel territorio venivano ammesse, in quanto tali,  alla fruizione di questi beni, anche se per lo più dietro corresponsione di canoni. Più  raramente Re o principi concedevano diritti di uso in loro favore; con il tempo questi diedero luogo a forme di vero e proprio dominio, rientrando all'interno del demanio universale, proprietà comune dei membri di quella comunità.
La libertà di accesso e la disponibilità delle fonti idriche costituì nel contesto ambientale mediterraneo un elemento importantissimo, strategico per lo stabilimento ed il mantenimento del potere economico e sociale; non a caso la questione costituì una delle principali cause delle liti discusse fra baroni e comunità in seno alla Commissione Feudale, istituita al momento della eversione della feudalità all’inizio dell’800. 
Questa stessa legislazione ebbe anche il grande merito di affermare, in linea di principio, la proprietà pubblica di tutti i corsi d'acqua, ponendo termine al pernicioso processo di privatizzazione di fatto che la feudalizzazione aveva introdotto.

Riferimenti bibliografici:

Per gli aspetti storici:

A.Giardina: Allevamento ed economia della selva in Italia Meridionale: trasformazioni e continuità, in A. Giardina-A. Schiavone ( a cura di): Società romana e produzione schiavistica, I: L'Italia: insediamenti e forme economiche, Bari,  1981, pp. 88-89

G: Traina: Paesaggio e decadenza. La palude nella trasformazione del Mondo Antico, in A. Giardina (a cura di): Società romana e impero tardoantico, Roma-Bari, 1986, pp. 711-730

Idem: Ambiente e paesaggi di Roma antica, Roma 1990.

A. Montanari 1985: Gli animali e l’alimentazione umana, in Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, XXXI: L’uomo di fronte al mondo animale nell’Alto Medio Evo, Spoleto 1985, pp. 619-663.

P. Corrao: Boschi e legno, in Atti delle ottave giornate normanno-sveve: Uomo e ambiente nel Mezzogiorno normanno-svevo, Bari 1989, pp 135-163.

R. Licinio: Uomini e terre nella Puglia medievale, Bari 1983, pp. 90-98 185-189.

C. D. Poso: Il Salento normanno, Galatina,  1988, p. 185-189.

Per gli aspetti naturalistici e botanici:

M. Aleffi: Natura e ambiente della provincia di Taranto, Martina Franca, 1986.

Greco A V: Il litorale jonico-salentino della Provincia di Taranto, in Umanesimo della Pietra Verde 6 (1991), Martina Franca, pp. 41-56.

Greco A.V. : Appunti per lo studio della vegetazione della gravina di Laterza, in AAVV: La Gravina di Laterza, Fasano, 1995, pp. 95-124.

Sigismondi A.-Tedesco N: Natura in Puglia, Bari 1990.

Sulle bonifiche: 

Greco A V: Le bonifiche nella storia del paesaggio del Tarantino Sud-orientale, in Umanesimo della Pietra Verde (UPV), Martina Franca, 7 (1992), pp. 109-140.

R. Perrone: Le paludi del Tarantino occidentale prima delle bonifiche, ibidem, pp. 103-108.

 

17 dicembre 2001

Ricerca in questo sito       Ricerca nel Web
 
  
Mappa di Perieghesis
                                                                        ricerca in questo sito ricerca nel Web                                       ( powered by FreeFind)

Inserisci nella stringa argomenti o località particolari che ti interessano. Il nostro motore di ricerca interno provvederà a trovare le pagine Web contenenti le notizie relative

Sei soddisfatto della visita da te effettuata nel nostro sito? Hai bisogno di ulteriori informazioni?Vuoi lasciare un ricordo del tuo passaggio in Perieghesis
Read my Dreambook!
Sign my Dreambook!
Dreambook