La nostra Cina

4° giorno: Martedì 24 agosto 1999:

IN TRENO A SUZHOU, LA VENEZIA DELLA CINA - "Al tifone di Hong Kong deve essere spuntata un’altra... coda", ci viene spontaneo dire quando, al nostro difficoltoso risveglio delle ore 6, notiamo, attraverso le vetrate della nostra camera, la pioggia torrenziale che sta scendendo su Shanghai. Sorretti dalla speranza di un possibile cambiamento di questa spiacevole ed inattesa situazione meteorologica, ci prepariamo per affrontare nel modo migliore l’atteso programma odierno che prevede il nostro trasferimento in treno a Suzhou che, per quanto sappiamo dai testi consultati, è una affascinante cittadina posta in una fertile zona del delta del Fiume Azzurro. Ricordiamo che Suzhou è comunemente detta "La Venezia della Cina" e pare che tale onorifico soprannome le sia stata conferito dallo stesso Marco Polo che, in visita a questa città nella quale molte case si affacciano su una fitta ragnatela di canali solcati da pittoreschi ponti a schiena d’asino, l’abbia paragonata alla sua indimenticabile città natale. A far crescere il nostro desiderio di conoscere questa ambita meta, aggiungiamo che un proverbio cinese dice "In cielo il paradiso, sulla terra Suzhou", salvo, aggiungiamo noi, che all’abbondanza dell’acqua che solca i canali non ci capiti di dover aggiungere quella che, con altrettanta copiosità, precipita su di noi che, come recita un nostro detto popolare, fino ad ora siamo stati "baciati... in fronte" dalla... Fortuna ma, in qualche momento anche bagnati "dalla testa ai piedi" dal cattivo tempo. Comunque non demordiamo e alle 7 in punto ci troviamo già a correre per le strade di Shanghai in direzione della stazione ferroviaria per non perdere il treno che ci porterà a Sozhou.

ALLA STAZIONE FERROVIARIA DI SHANGHAI - Tra scrosci di pioggia che ci deprimono ed improvvise schiarite che ci lusingano, in poco meno di un’ora trascorsa nell’abituale caos del traffico cittadino, giungiamo nel vasto piazzale antistante la principale stazione ferroviaria di Shanghai. Qui viviamo un’esperienza talmente forte ed insolita che la riteniamo difficilmente comprensibile a chi non vi è stato direttamente coinvolto. Protagonista assoluta di questa eccezionale situazione è la massa incalcolabile di persone che vediamo convergere da ogni parte per ingrossare, come un fiume in piena, quel mare di teste ondeggianti che scorgiamo ammassate attorno ad un fabbricato con tettoia dove pensiamo siano ubicate le biglietterie. Cercando di non disperderci e di tenere almeno un occhio sempre puntato sul bianco cappellino di Roberto, ci buttiamo anche noi nella mischia, procedendo a zigzag per evitare le code più lunghe e gli assembramenti più fitti. Talora un solerte poliziotto armato di fischietto cerca di aiutarci, ma con scarsi risultati, nella nostra lenta marcia di avvicinamento all’ingresso riservato ai privilegiati viaggiatori su "carrozze morbide", quali siamo noi, ma decisamente negato alla massa che viaggia invece sui "vagoni rigidi". E durante questo nostro difficile procedere in mezzo a tanta umanità concentrata in poco spazio - ci dicono che da questa stazione passa ogni giorno circa un milione di persone - vediamo non solo una collezione infinita di volti umani che, per lo più, denotano decoro e pulizia, ma assistiamo anche a delle scene ora simpatiche, come quelle di chi, indifferente a quanto gli sta attorno, se la dorme beatamente disteso sul marciapiede, ora drammatiche, come l’intervento di una barella per prestare assistenza a qualcuno che sta male. Dopo qualche momento di relax in una immensa sala d’attesa per verificare la presenza di tutti i componenti il nostro disciplinatissimo gruppo, con delle scale mobili raggiungiamo il binario sul quale è già in sosta il treno per turisti che, un paio di volte al giorno, fa la spola tra Shanghai e Suzhou. Ci sistemiamo in una bella e pulita carrozza dotata di eleganti e "morbide poltrone" con l’assistenza del nostro eccezionalmente bravo Roberto e di alcune hostess delle ferrovie cinesi che indossano un’elegante divisa con camicetta a righe bianco e blu e gonna scura. Queste, non appena il treno si mette in movimento, si danno da fare per venderci, per pochi yuan, bicchieri colmi di tè bollente, tazze di caffè o di cioccolata, francobolli o monete da collezione e, per chi li sa leggere, giornali locali. Il viaggio è piacevolissimo non solo perché nella carrozza riservata interamente al nostro gruppo si respira un clima di gioiosa spensieratezza, ma anche perché il paesaggio agricolo che ci accompagna per tutta la durata del viaggio (circa un’ora per coprire un tragitto di 84 chilometri) è molto interessante, ameno e rilassante.

ALLA SCOPERTA DI SUZHOU, SUDANDO LE PROVERBIALI SETTE CAMICIE - All’uscita dalla stazione di Suzhou sperimentiamo una stranissima situazione meteorologica. Non piove ma l’aria calda, che respiriamo con crescente difficoltà, presenta una così alta concentrazione di umidità che, pur non avendo ancora fatto nessuno sforzo, ci sentiamo già bagnati fradici di sudore. Ci consoliamo osservando che tutto intorno a noi è bagnato da una impalpabile, ma ben visibile, concentrazione di umidità che grava nell’atmosfera: le strada, le chiome degli alberi, le autovetture e soprattutto le nostre camicie che dovrebbero essere stesa ad asciugare come quando escono dalla lavatrice. A bordo di un rumoroso pullman e con la guida di una esile cinesina dalla voce stridula che ha occidentalizzato in Fanny il suo impronunziabile nome di battesimo (!), compiamo anzitutto un interessantissimo giro attraverso la città di Suzhou che ci permette di scoprire alcune di quelle caratteristiche urbane alle quale abbiamo sopra accennato che l’hanno resa giustamente famosa. Ad un certo punto attraversiamo anche quell’importante Grande Canale Imperiale del quale Marco Polo dice testualmente "è un gran canale molto profondo e largo che collega un rio all’altro e nel quale l’acqua scorre in modo che sembri un grande fiume". Ma la meta principale di questa mattinata è la caratteristica Collina della Tigre dove, secondo la storia, impreziosita anche dalle leggende dei poeti e dei novellatori, si trova l’inviolata tomba del re Wu che, nel V° secolo a. C., fece di Suzhou la capitale del suo glorioso regno. Ricordiamo che il nome di questa collina è collegato ad una misteriosa tigre comparsa in questo sito al momento della sepoltura di re Wu. Passiamo dapprima attraverso incantevoli giardini nei quali sono esposti anche dei bellissimi alberi in miniatura, o bonsai, alcuni dei quali hanno la veneranda età di 500 anni. Attraverso un sentiero ed alcuni padiglioni raggiungiamo la sommità della collina dominata da un’antica Pagoda, dichiarata monumento nazionale, che, tra le altre, possiede la caratteristica di essere pendente quasi come la nostra Torre di Pisa. Scendendo, abbiamo l’opportunità di camminare sul suggestivo Ponte dei Due Pozzi, così chiamato a causa dei due buchi praticati dai monaci per attingere l’acqua, ma che la leggenda ha trasformato negli specchi nei quali volentieri contemplavano i loro volti il giovane re e la sua più bella ed amata concubina. Vediamo anche il sottostante laghetto dove si ritiene che sia posta l’entrata della tomba regale e dove, in occasione di recenti lavori di consolidamento, furono trovate molte delle preziose spade che formavano il corredo funebre del grande e potente re Wu.

Per raggiungere il pullman, attraversiamo delle belle e colorate vie affiancate da una serie ininterrotta di negozietti colmi di souvenir e di quanto può indurre ...in tentazione qualsiasi turista che, come noi, si trova in Cina solo da pochi giorni.

Intanto il tempo si è stabilizzato sul bello ma anche su quel fastidioso caldo umido, tipico di certe zone tropicali come quella in cui ora ci troviamo, che induce Roberto, sempre attento e sollecito verso le nostre esigenze, a regalare a ciascuno di noi un simpatico e, nella circostanza, utilissimo ventaglio dal delicato profumo di sandalo.

Il nostro programma prevede ora la visita di due tra i più famosi giardini che costituiscono una delle maggiori attrazioni turistiche e culturali della città di Suzhou. Incominciamo da quello detto "del Maestro delle Reti", o più semplicemente "del Pescatore", che risale al dodicesimo secolo. Si tratta di un ambiente piccolo ma assai armonioso e leggiadro nel quale prevalgono gli spazi occupati dai padiglioni che servivano al proprietario. Costui era un alto ufficiale dell’esercito imperiale della Dinastia Song. Ci piace immensamente il giardino con i suoi romantici viottoli che passano vicini a lucenti specchi d’acqua con ninfee e nei quali si riflettono i più tipici padiglioni cinesi adornati da filari di suggestive lanterne rosse. All’interno di uno di questi destano il nostro stupore le finestre che si aprono sul paesaggio floreale posto, ad arte, dietro ad esse per dare la sensazione di essere dei quadri rappresentanti simbolicamente le stagioni dell’anno.

Come ci è capitato di vedere in altri padiglioni, ci piace ricordare che anche qui sono presenti quei quadri di marmo dalla bizzarra ed estrosa venatura che sembrano degli artistici dipinti di paesaggi cinesi.

Per concludere questa intensa mattinata passata a Suzhou, non ci rimane che la visita di una filanda durante la quale possiamo renderci conto dell’interessante processo relativo alla produzione della seta naturale. Naturalmente all’opificio è annessa una rivendita dove troviamo altre occasioni per far arrivare un po’ di questa Cina bagnata dal Fiume Azzurro nelle nostre lontane case poste in riva al più modesto ma a noi sempre caro fiume Adige.

Consumiamo quindi un ottimo pasto di tipo cinese, ma a self service, in un lussuoso albergo con delle favolose cascate di acqua che lambiscono le vetrate della hall. E, forse a causa degli scrosci incessanti di questa bella e rumorosa fontana artificiale, non ci rendiamo conto che nel frattempo è iniziato a diluviare con tanta violenza da costringere il nostro bravo autista a portare il pullman sotto la pensilina dell’albergo per evitarci una doccia che, almeno in questo momento della giornata, non è stata inserita nel nostro programma. Partiamo alla volta del Giardino dell’Amministratore Umile e, durante il tragitto, non solo la pioggia finisce ma addirittura esce il sole, a conferma che il tempo, estremamente variabile fin dal nostro arrivo in Cina, fa di tutto per non rovinare il programma delle nostre visite.

Costruito da un alto funzionario nel 1522, Il Giardino dell’Amministratore Umile è molto vasto e presenta diversi laghetti, nei quali affondano le radici molte piante di fiori di loto, perché esso è posto in un luogo basso ed acquitrinoso. Ricordiamo con piacere la bella passeggiata che facciamo in vari settori di questo incantevole luogo, ascoltando le sempre interessanti spiegazioni di Roberto. Veniamo così a sapere che, che il figlio del saggio costruttore di questa eccezionale monumento dell’arte e della natura, se lo giocò, e naturalmente lo perse, in una infausta notte passata al tavolo verde. Ormai la nostra visita di Suzhou sta per concludersi; non ci rimane infatti che una corsa in pullman fino alla stazione in tempo utile per riprendere il treno che ci riporta a Shanghai. Rientriamo al più presto possibile nel nostro lussuoso albergo per un po’ di relax e per prepararci al programma facoltativo della serata che prevede l’emozionante incontro con la città di Shanghai illuminata dalla luna e da milioni di lampade elettriche.

SHANGHAI ...BY NIGHT - L’appuntamento è fissato per le ore 19. Nella hall del Sofitel Hotel ci ritroviamo in 30 persone desiderose di completare la conoscenza di questa avvincente città cinese con una escursione notturna che ci porterà a riconsiderare, sotto una luce nuova, gli aspetti che maggiormente la caratterizzano. Nell’impossibilità di riferire dettagliatamente quanto abbiamo potuto ammirare nelle oltre due ore di questo eccezionale "tour" notturno, ci limitiamo a prendere in considerazione solo alcuni punti che ci sono sembrati veramente straordinari, ad iniziare dalla "Città Vecchia" nella quale facciamo una passeggiata indimenticabile. Qui, ad emozionarci non sono soltanto le tipiche case, che ora evidenziano, con una suggestiva illuminazione, il profilo dei tetti ricurvi, ma anche l’animazione della gente che in gran numero si accalca in questa bella zona pedonale per godere il fresco della sera, per assaporare qualche manicaretto e per passare la serata con amici e conoscenti.

Ecco allora un’orchestrina che si alterna con una giovane cantante nell’esecuzione di alcuni brani di successo della musica moderna; ecco, in angolo un po’ buio, la proiezione si di uno svolazzante lenzuolo di un film in bianco e nero talmente vecchio che nemmeno Mamma Rai avrebbe il coraggio di proporlo ai suoi teleabbonati che dimostrano di avere uno stomaco più forte di quello di uno struzzo; ecco un signore in mutande che fa il bagno in una tinozza in un ombreggiato cortiletto posto a pochi passi dal marciapiede sul quale passiamo anche noi. E poi, sono mille e mille le altre esperienze che facciamo sfiorando col nostro passaggio un’umanità che, meglio di una dotta conferenza, ci permette di comprendere quali sono oggi le reali condizioni di vita della gente semplice che vive in una metropoli cinese. Riflettendo tra noi, troviamo qui parecchi elementi in comune con lo stesso nostro modo di vivere di una quarantina di anni fa. Facciamo invece un salto in avanti, e non siamo in grado di stabilire di quanti anni, quando, sorpassato su di arditissimo ponte sospeso il fiume Huangpu, ci accostiamo ai più significativi grattacieli di Putton. Confessiamo di essere presi da un’emozione intensa ed inimmaginabile rispetto a quella provata osservandoli da lontano, sull’opposta riva del fiume. Qui ci sentiamo degli gnomi, o meglio delle formichine, che osano alzare lo sguardo verso dei giganti. In particolare ci colpisce, per l’originalità delle forme e per l’intrinseca bellezza, la torre della televisione che cessa di essere un leggiadro giocattolo per bambini del 2000, come lo avevamo definito osservandolo dal Bund, per diventare un terrificante mostro extraterrestre, approdato casualmente sulla terra ma già pronto a ripartire verso lo spazio sconfinato dove gli deve essere più congeniale risiedere.

Un improvviso ma violento scroscio di pioggia, che ci investe proprio mentre ce ne stiamo ad ammirarlo con il naso rivolto all’insù, accresce il nostro senso di piccolezza e di soggezione davanti ad un così maestoso ed impressionante prodigio della tecnica moderna. Troviamo più gradevole, forse perchè più consono con i nostri gusti nel campo dell’architettura, quel moderno complesso di edifici destinato ad ospitare i grandi congressi che si tengono a Shanghai e che, come abbiamo più volte notato dal Bund, è caratterizzato da un enorme mappamondo.

Attraverso un tunnel, che passa sotto il letto del fiume Huangpu, rientriamo in centro dove rivediamo, nell’incanto dell’illuminazione notturna, alcuni dei grandi palazzi che lo ornano, come il Teatro, il Municipio, il Museo, e quindi l’intera città di Shanghai che salutiamo con tanta ammirazione dal momento che ormai possiamo ritenere conclusa la nostra straordinaria avventura vissuta in questa metropoli cinese. Rientriamo infatti in albergo per la cena e soprattutto per preparare la valigia perchè già da domani mattina avvieremo la nostra seconda importante esperienza turistica in terra cinese a Guilin.


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Ultimo aggiornamento: 15 febbraio 2000