La nostra Cina

10° giorno: Lunedì 30 agosto 1999:

NELLA CITTÀ’ PROIBITA - Se, con un po’ di rammarico, dobbiamo constatare di essere ormai vicini alla conclusione di un viaggio straordinariamente interessante ed avvincente, ci confortiamo al pensiero delle "perle" monumentali, turistiche e culturali che ancora ci attendono in questi ultimi giorni del nostro soggiorno in Cina, a cominciare dalla celebre Città Proibita per arrivare alla non meno famosa Muraglia Cinese.

Lasciato puntualmente alle ore 8,30 il nostro bellissimo Grand View Garden Hotel, con la guida di Beniamino che quando inizia a parlare si trasforma in una "mitragliatrice" che spara parole a raffica, e con l’assistenza del nostro ineguagliabile Roberto, ci buttiamo nel grande traffico di Pechino per raggiungere la " Città Proibita" che è appunto la meta principale dell’odierna mattinata. Durante il tragitto facciamo "un milione" - per dirla alla Marco Polo - di osservazioni e di esperienze che, per non appesantire ulteriormente queste pagine, risparmiamo ai nostri pur pazienti lettori. Diciamo soltanto che percorriamo un lungo tratto di quella importante arteria pechinese, conosciuta col nome di Via della Lunga Pace che è lunga 40 chilometri e che taglia in due l’intera capitale cinese. Parcheggiato il pullman nei pressi di Piazza Tienanmen, ci avviamo a piedi verso l’ingresso riservato ai visitatori della Città Purpurea dopo aver costeggiato un tratto di alte mure e di aver intravisto un pittoresco labirinto di vecchie case di uniforme colore grigio che, ai nostri occhi smarriti ed increduli, suscitano l’immagine delle famose "scatole cinesi". Dopo una breve sosta davanti alla Porta Meridiana, attualmente in fase di restauro, dalla quale gli Imperatori calavano su di un cestino a forma di fenice le leggi e le prescrizioni che dovevano essere subito trasmesse in ogni angolo della Cina, ci fermiamo davanti ad una tavola raffigurante l’intera Città Imperiale dove Roberto ci fornisce delle interessanti spiegazioni relative alla sua storia e alla sua struttura. Veniamo così a sapere che questo enorme complesso venne iniziato nei primi anno del 1400 da un imperatore della dinastia Ming che, dopo aver sconfitto militarmente i Mongoli, trasportò la capitale da Nanchino a Pechino. Per la realizzazione di questa Città riservata esclusivamente all’Imperatore e a poche altre persone del suo "entourage", furono coinvolti centinaia di migliaia di lavoratori in lavori che durarono ben 14 anni. In questo ambiente inaccessibile regnarono per circa 500 anni ventiquattro imperatori, considerati "I Figli del Cielo", appartenenti alle ultime due dinastie: i Ming ed i Qing. Fino al 1911, quando il potere fu tolto all’ultimo imperatore, come bene ce lo ha descritto il regista Bertolucci nell’omonima film girato interamente in questi siti, qui gli Imperatori vissero nel lusso, in mezzo a tesori favolosi, circondati da una corte che, dopo l’imperatore, in ordine gerarchico, comprendeva: le concubine, i principi, gli eunuchi, le favorite di corte, i sacerdoti ed i ministri. Attualmente gli interni sono per lo più spogli perché gran parte degli immensi tesori ammassati in questi padiglioni furono razziati e dispersi durante il turbinoso periodo storico che seguì la caduta del Celeste Impero.

Durante la visita della Città Proibita, che è certamente il più significativo esempio dell’architettura cinese, ci rendiamo conto della enorme differenza esistente se la mettiamo in confronto con qualsiasi altra reggia della nostra Europa. Qui, in uno spazio vastissimo di cortili, - il nome di città è quanto mai appropriato - sono allineati con rigorosa simmetria tre grandi edifici pubblici, a cui seguono, con una ben ritmata alternanza di pause e di portali, i palazzi privati ed i giardini. Ovunque domina la semplicità, l’uniformità delle strutture e la purezza delle linee architettoniche: eppure questo ambiente esercita in ciascuno di noi una così forte ed indicibile emozione che spesso ci interroghiamo a vicenda per accertarci di non trovarci nel bel mezzo del più fantastico dei sogni possibili. Condensiamo in un elenco di ambienti dai nomi poetici l’itinerario che seguiamo durante la nostra indimenticabile visita: oltrepassato il Ruscello d’Acqua d’Oro, eccoci alla Porta della Suprema Armonia dalla quale si vedono allineati uno dopo l’altro i tre palazzi delle cerimonie pubbliche e precisamente: la Sala della Suprema Armonia, la Sala della Perfetta Armonia e la Sala della Conservazione dell’Armonia. I tre palazzi privati, sempre disposti sullo stesso asse, portano invece i seguenti nomi: Palazzo della Purezza Celeste, Sala dell’Unione e Palazzo della Tranquillità Terrena. Dopo una distensiva passeggiata nel tranquillo e ben ombreggiato Giardino Imperiale, verso le 11,45 usciamo da questa affascinante Città Purpurea attraverso la massiccia Porta dell’Orgoglio Divino. Nell’attraversare una piazza, in fondo alla quale ci aspetta il nostro pullman, avvertiamo che il sole scotta ma che l’aria è respirabile e secca e che il cielo, totalmente sgombro di nubi, presenta una intensa colorazione azzurra che a Pechino, come ci dicono le nostre Guide, è tipica delle sue giornate più belle. Un altro trasferimento per le trafficate vie del centro ci porta poco dopo mezzogiorno al ristorante del Friedship Hotel, un colossale edificio sormontato da un tetto tradizionale cinese con lucenti tegole verdi. Concluso con soddisfazione generale anche questo pranzo infarcito da tante e gustose specialità della cucina cinese, senza frapporre indugio, puntiamo verso il Palazzo d’Estate, che ci sembra il posto ideale per rilassarci un po’ dopo la nostra impegnativa mattinata di visite. Delle felice posizione e del clima confortevole di questo luogo se ne erano resi conto gli imperatori che, nei primi anni del 1700, diedero incarico ad un gesuita italiano di costruire, in riva al lago Kun Ming, un Palazzo d’Estate all’europea, capovolgendo la contemporanea moda dei sovrani europei che nelle loro fastose regge volevano avere almeno un salottino arredato in stile cinese.

Come avviene per tutti i turisti in lotta col tempo, anche noi non visitiamo questa prima costruzione anche perché fu ridotta ad un ammasso di rovine nel 1866 dalle truppe anglo-francesi; in compenso ci soffermiamo in quell’ideale luogo dello svago e della contemplazione che Tzu Hsi, dopo essere rimasta "vedova terribile", eresse nel 1888 per suo personale diletto. Dopo una sosta nei padiglioni che sorgono attorno al romantico laghetto delle ninfee, raggiungiamo la riva del lago per fare una lunga passeggiata all’interno della galleria coperta, tutta di legno e completamente decorata con pitture raffiguranti fiori e paesaggi cinesi, che ci porta alla celebre nave di pietra con la quale l’infelice Tzu Hsi, perso non solo il marito ma anche il lume della ragione, era convinta di poter sconfiggere la nemica flotta giapponese. Da un vicino imbarcadero, saliamo a bordo di un grottesco barcone a forma di drago con il quale compiamo un bel giro sul lago Kun Ming. Incantevole è lo scenario che godiamo spingendoci al largo: alla nostra sinistra infatti possiamo ammirare la Collina della Longevità, sulla quale si erge una suggestiva pagoda buddista, a quattro piani, alta almeno una cinquantina di metri, mentre alla nostra destra scorgiamo un’isola ammantata di alberi secolari e congiunta alla terraferma da un lungo ponte a schiena d’asino sorretto da una suggestiva serie di arcate che si specchiano nelle luminose acque del lago. A conclusione di questa serena e piacevole escursione in un luogo rilassante e il cui nome in cinese significa "Giardino dove si coltiva l’Armonia", riprendiamo i nostri posti sul pullman per puntare verso un vicino laboratorio nel quale esperti artigiani e orafi lavorano le perle di varie dimensioni per farne dei monili che piacciono molto anche alle nostre signore. E mentre loro si dilettano a provare collane ed orecchini, i mariti siedono in disparte, cercando di prevenire le conseguenze di qualche forte emozione con una buona tazza di tè cinese. Arriviamo in albergo verso le ore 18 e qui abbiamo un ampio margine di tempo libero per rimetterci in ordine e per scrivere le ultime cartoline ad amici e parenti prima di ritrovarci nel ristorante per la consueta abbuffata serale di specialità della cucina internazionale. Al termine della cena festeggiamo con una torta e con le tradizionali candeline il compleanno del signor Bartolomeo, per gli amici Gino. Poi, per chi lo desidera, in una saletta riservata, in anteprima mondiale, c’è la proiezione del filmato, girato da una simpatica ragazza cinese, con gli infiniti gesti di saluto che i turisti veronesi rivolgono alla telecamera mentre passano nei vari ambienti monumentali finora da loro visitati nella capitale cinese.


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Ultimo aggiornamento: 17 febbraio 2000