Il ritorno in silenzio. Molte cose andavano chiarite, e molte cose sembravano nuove e impossibili da capire. Angel caricò Buffy, Spike e Dawn in macchina, mentre Wesley e Faith decisero di proseguire a piedi. La sua ferita andava meglio. Era convinta che a quella doveva la sua salvezza. Il vampiro, affamato di gloria e di orgoglio, voleva assaggiarla. E lei era riuscita a reagire. Sfruttare una debolezza dei succhiasangue.
“Come ti senti?”
“Euforica. E stanca. Vorrei dormire per giorni.”
“Beh, te lo meriti…”
“Credi alle parole di quel pazzoide?”
“Si. Tutto quadra. Il motivo per il quale non ti ha ucciso subito, la platea…Buffy è fuori gioco. Non credo sia una bella esperienza per lei.”
“Ha preso parecchie bastonate ultimamente. Quasi mi dispiace…ma in realtà…non so, anche io ho sempre desiderato una vita normale. Ora ha la possibilità di averla, finalmente.”
“Si ma…pensa al suo ruolo…ormai era…come dire, abituata…ora deve cambiare completamente la prospettiva della sua esistenza. Ci sono le basi per una bella depressione, altroché.” Faith rimase in silenzio. Non ce la vedeva, la migliore cacciatrice di tutti i tempi, a tornare a scuola o cercarsi un lavoro normale, in attesa…dell’attivazione della sorellina. Quella ragazzina non era che una specie di clone. E per quello prescelta. Wesley stava nuovamente parlando, e lei non lo ascoltava. Si voltò e lui sorrise.
“Ora sarai più tranquilla, dicevo…dove hai la testa?”
“Dentro un bel bagno caldo, ovviamente. Ma tornare alla magione non mi sembra l’ideale…perché più tranquilla?”
“Buffy è tornata…ma tu sei la cacciatrice. Niente più rivalità né cose di questo tipo.”
“Non è così. Quella là mi sta sulle palle, e su questo c’è poco da fare. E sarà sempre nella mia vita.”
“Non devi viverla in questo modo. Siete due persone molto diverse che fino a ieri avevano lo stesso compito.”
“Basta. Non ho voglia di parlarne. Non più. Voglio solo dormire tutto il giorno.” Wesley annuì. Si fermò, ormai erano arrivati alla magione, e si mise a frugare in tasca.
“Tieni. Vattene in albergo e dormi. Penso che qui ci sarà abbastanza confusione.” Una carta di credito. Faith lo abbracciò, quasi togliendogli il respiro. Corse in casa, senza neanche guardare le persone che discutevano a voce bassa, ed entrò nella stanza dove aveva dormito negli ultimi giorni. Vide Spike sotto le coperte. Prese la sua sacca ed iniziò a riempirla velocemente. Il vampiro aprì gli occhi.
“Che fai?”
“Vado via. Letto vero, doccia calda, servizio in camera.”
“Beh…in effetti non riesco a camminare molto bene, ancora…mi verrebbe male offrirti il servizio di questa mattina.” La ragazza si sedette accanto a lui. Gli accarezzò il viso provato. Lui chiuse gli occhi, assaporando quel tocco delicato.
“Cosa ti ha fatto?”
“Uh, fuso la testa…e il chip, credo. Secondo il sapientone questi sintomi sono temporanei e dovuti al fatto che quel pezzo di metallo era ancorato in una certa zona del cervello, corteccia motoria o qualcosa del genere.”
“Allora sei nuovamente un cattivo ragazzo…devi esserne contento…”
“Pensa che potrei morderti in questo momento…senza fitte, solo un enorme ed incommensurabile piacere…” Sorrise, mostrando i denti. Faith non disse niente. Si intristì un attimo.
“Allora sei dell’altra sponda?”
“Oh, ti sembro gay?”
“Non scherzare. Tornerai ad uccidere?” Spike rimase in silenzio per un istante di troppo. Faith si alzò per poi allontanarsi dal letto.
“Vedrò di affilare i miei migliori paletti, tesoro. Tutto per te.”
“Aspetta…non volevo dire che…” Ma lei era già andata via, lasciandolo gridare alla stanza vuota.
Faith si guardò intorno. Buffy somigliava sempre più ad una bambina sperduta, Angel le stava accanto come sempre. Ma i suoi discorsi non la consolavano più di tanto. Spike continuava ad urlare.
“Che succede?”
“Uhm, gli ho fatto la bua, credo. Starà bene. E…voi? Angel, rimani a Sunnydale?”
“Non a lungo…è quasi l’alba, appena farà buio me ne andrò. Devo tornare da Connor.” Vide la sofferenza negli occhi di Buffy, le lacrime scorrere copiose. Poi scappò via, e Angel non la seguì.
“Io non…devo occuparmi di mio figlio.”
“Ne hai tanti di figli, bello mio…sparsi qua e là…persone che contano su di te per essere salvate e redente. Sarai sicuramente un ottimo padre.”
“Di un bambino umano? Che non potrò accompagnare a scuola la mattina, alle gite, a Disneyworld? Mi odierà.”
“Non lo credo possibile. Devi solo aver pazienza. E amore. E sono due cose che tu hai a vagonate, mio caro.” Faith andò ad abbracciarlo. Lo strinse forte, come poco prima aveva fatto con Wesley. Lo baciò sulle labbra rapidamente, cercando di ignorare il suo sguardo stupito. Poi uscì dalla casa, portandosi via la sua sacca. Fu investita da un’alba bellissima. I colori del cielo erano così caldi che non poté fare a meno di sorridere, e fermarsi un attimo in contemplazione.
“Felice, eh?” Buffy le parlava da un angolo in ombra del giardino.
“Non proprio ma mi accontento. E tu?”
“Una pasqua. Io non ho più un posto in questo mondo e lui se ne va.” Faith lasciò la sacca per terra.
“E tu lo lascerai andare via?”
“Che devo fare? Supplicarlo di rimanere?”
“Lo ami?”
“Io…”
“Non hai mai smesso. Vero?” La ragazza non rispose. Ma non ne aveva bisogno.
“E allora cosa cazzo ti trattiene?”
“E me lo chiedi? Tutto! Dawn, il suo destino…io devo occuparmi di lei e…”
“Balle. Semplici cazzate. Se vuoi giustificarti così…secondo me è tutto il resto che ti rompe…un figlio che non è il tuo, se doveva esserci un Miracle child doveva essere il vostro, non è vero? E invece si è scopato Darla…e tu non lo sopporti.”
“Tu lo sopporteresti? Sinceramente…”
“Piantala di fare la santarella…Riley cos’era? Per te ci sono sempre due pesi e due misure.” Silenzio. “Non rispondi, eh? Io credo che tu non abbia il coraggio di rischiare. Di mollare tutto e tutti per lui. Angel ha una missione, tu non più. Puoi accettare di avere accanto un uomo più forte di te? Con milioni di responsabilità, che è il centro dell’universo per tante persone? Puoi accettare di scendere dal piedistallo? E non fare l’amore con lui, ma amarlo comunque? Cosa sei disposta a buttare via per un uomo così? Ora sei grande, cacciatrice. A te la palla. Lui non ti chiederà mai niente. Perché ti ama talmente tanto che vorrebbe vederti felice con chiunque altro. E adesso, malgrado tutto, sarà contento per te. Perché sarai fuori da guai e potrai avere una vita normale. Quella che lui non potrà mai darti. La vita è fatta di scelte, e noi, solo noi l’abbiamo in mano. Possiamo farne di giuste e di sbagliate. E accettare le conseguenze è la cosa più difficile.” Aveva parlato tutto d’un fiato, e quasi non credeva alle sue stesse parole. Ma Buffy sembrava indifesa, e per una volta lei, Faith la ribelle, la cacciatrice crudele e senza cuore, poteva permettersi di fare la predica alla prima della classe. Si sentiva decisamente soddisfatta. Anche se in cuor suo sperava che Angel trovasse qualcosa di meglio di quella là. E che era tanto facile fare la paternale agli altri, quando la propria vita cadeva in pezzi.
Tornò a camminare, lasciandosi alle spalle tutto quel casino. Le strade erano ancora vuote, ma la cittadina sembrava quasi più bella del solito.
All’albergo la guardarono stranamente, era difficile che qualcuno arrivasse alle sette del mattino, ma lei lasciò correre. La stanza era pulita e ordinata. La prima cosa da fare: acqua calda, infilarsi sotto l’agognata doccia, con il suo shampoo e il bagnoschiuma. Rimase là sotto per un’eternità, e finalmente si abbandonò alle lacrime. I motivi erano tanti, e tutti schifosamente reali. Spike. Che l’aiutava a sciacquarsi in quella vasca d’altri tempi. Che aveva baciato per la prima volta su una porta del bagno. Spike. Che forse avrebbe ucciso un giorno. Prima di essere uccisa. Ma che aveva amato più volte, aldilà di ogni convenzione, accogliendo quel corpo freddo dentro di sé, lasciandosi andare come non mai. Spike che amava ancora Buffy e giocava con lei. Ma sapeva parlare al suo cuore, quando voleva. Riuscì a sorridere di se stessa. La prima tentazione che aveva, come sempre, era di prendere quello stramaledetto telefono e sfogarsi con Angel. Ma anche lui era incasinato niente male. Persino asciugarsi le faceva pensare a Spike. Alle sue mani. Non lo sopportava. Non sopportava di sentirsi così male…
Il letto. Dopo aver sistemato i capelli e medicato l’ennesima ferita di battaglia. Accendere la tv per seguire le notizie del mattino. Infilarsi sotto le coperte e aspettare il sonno. Chiudere gli occhi e lasciarsi scivolare, mentre con una mano cercava la pelle di ghiaccio di un vampiro che non c’era, che non ci sarebbe più stato, accanto a lei.

Lui era ancora ancorato in quel letto. Furioso. Faith era andata via lasciandolo come un idiota. Il suo corpo stava iniziando a prender forza, le sue membra vigore. Ma la rabbia che aveva dentro era la cosa che più cresceva. Avrebbe voluto inseguirla. Parlarle. Spiegargli. Anche se non sapeva bene cosa, come... Del suo chip. Di Buffy. Del mondo intero. Letto di ghiaccio senza il suo corpo da stringere. Senza lei da abbracciare. Sentire il suo calore e perdersi nella morbida curva del suo seno. Il suo battito cardiaco. Sentirlo farsi più veloce o più lento a seconda dell’eccitazione. Vedere i suoi occhi chiudersi nell’estasi, e quel sorriso così raro e prezioso. E invece le sue parole, quelle non dette, quei piccoli silenzi che creavano incomprensioni e baratri. L’avrebbe cercata. Inseguita. Pedinata. Per averla ancora. Per amarla ancora. Per non lasciarla più andare via nel calore del giorno.
Angel entrò a dare un’occhiata. Spike lo guardò incuriosito. Il suo eterno nemico e rivale che gli offriva una tazza.
“Devi pensare molto bene a quello che vuoi fare della tua esistenza. Hai avuto una chance. Hai visto cos’è la vita dall’altra parte. Non sprecare ciò che hai imparato.”
“Va a farti fottere, quando hai tempo. Sono stufo delle tue lezioncine del cazzo.” Angel rise.
“Io ti conosco William. E ho visto come la guardi. Pensa bene a quello che vuoi fare.”
“E secondo te posso riuscirci? A rinnegare la mia natura, a non uccidere più nessuno, adesso che posso nuovamente farlo? Forse farebbe meglio ad impalettarmi, prima che sia troppo tardi…o vuoi farlo tu?. Darla non c’è riuscita, perché io dovrei farcela?”
“Darla…era diversa. Ho cercato di salvare la sua umanità, Spike. Finché ho potuto. Ma tu sei sempre stato un demone, da quella notte in cui hai trovato Dru. È diverso.”
“Il solito paladino…eh? Vuoi convertire uno come me alla tua causa? Ho aiutato Buffy, e poi Faith solo per sfogare la mia rabbia…non potevo più uccidere umani, e allora ho cambiato bersaglio.”
“Non è vero. Non lo credi neanche tu. E già il fatto che ne discuti con me…mi sembra quasi che stai cercando una conferma ai tuoi sospetti. Sei diverso, Spike. Ti hanno cambiato. E tu questo lo sai.”
“Non sarò mai come te.”
“Non credo che qualcuno te l’abbia chiesto. E poi non te lo auguro neanche. Non lo auguro a nessuno.”
Uscì così come era entrato. Odiava quella calma che riusciva sempre a tenere anche nelle situazioni più difficili. Lo odiava e basta. Il suo mentore. Il suo maestro. Quello che era sempre più avanti di lui. Nel bene e nel male. Tornò a chiudere gli occhi. Doveva solo aspettare. Cercava di concentrarsi sul suo corpo. Cercando di muovere lentamente gli arti. Tornare a prendere il possesso dei suoi muscoli. Poi trovarla. Un passo dietro l’altro.

Faith dormì tutto il giorno. Si svegliò con una fame tremenda, e ordinò subito una pizza. Ormai era buio, e la sua testa era piena di pensieri contrastanti. Che non riusciva a cacciare. Guardò la carta di credito di Wesley e sorrise. Non voleva approfittarne, gliel’avrebbe restituita presto. Non sapeva che fare. Rimanere a Sunnydale? In fondo era la bocca dell’inferno, e lei rimaneva la cacciatrice. Prima di uscire finì la pizza, innaffiandola con una coca. Cercò di sistemarsi, trovando un vestito decente, ancora pulito. L’indomani avrebbe lasciato tutto il resto in lavanderia. Il Bronze. Aveva voglia di bere, di ballare, di scordarsi anche il suo nome. Al risveglio aveva avuto un attimo di sconforto. Di confusione. Come se non sapesse dov’era, con chi era. Prima di realizzare la sua solita solitudine.
Il locale era affollato, come sempre. Musica dal vivo. Facce giovani e nuove. Sorrise, lasciando il cappotto su una poltrona. Vide Buffy insieme a Willow, mentre discutevano in un tavolo appartato. Le osservò a lungo. La cacciatrice aveva ancora il volto provato, e la strega sembrava quasi disperata. Ma a Faith faceva quasi piacere. Doveva soffrire solo lei?
Andò al bancone. Il barista voleva un documento che lei non poteva dargli. Ancora minorenne, anche se la sua testa e il suo corpo erano già vecchi da tanto. Un sorriso. Una battuta. Facile trovare la chiave per aggirare il problema dell’età. E bere una birra. Sentire la bevanda rinfrescare il palato e scendere diretta nello stomaco, in un’euforia di schiuma. E prendere un’altra. E sorridere anche ad un ragazzo seduto con degli amici in un tavolo vicino. Guardarlo a lungo. Osservare le sue mani e i suoi occhi. Per poi farsi più audace. E averlo vicino. Carino, il ragazzo. Molto carino. Spiritoso, nelle sue quattro battute banali. Begli occhi chiari. Accettare un drink. Inventarsi una biografia. Una di quelle normali. No, non sono di Sunnydale. Sono in visita da parenti. Si, sono sola. Si, studio anch’io, ma non mi piace. Adoro la musica metal. Questo gruppo non è male. Ti va di ballare? Copione. Recitato bene. Come tante altre volte nella sua vita. Per avere un barlume di normalità. E guardare Buffy da lontano. Lei si che ne aveva la possibilità, adesso. Di avere una banale normale vita da ventenne. Ballare. Scordare. Sentire le mani calde di quel ragazzo sulla sua pelle. Non era Spike. Non era lui. Diverso. Piacevole, ma diverso. Tornare indietro, agli anni passati quando un corpo valeva l’altro. Quando l’importante era provare un po’ di calore e piacere tra le lenzuola, nei sedili di una macchina, in qualsiasi posto. Dove era bello prendere e buttare via. Decidere e scappare. Chiudere gli occhi e concentrarsi su quel ragazzo. Neanche ricordava il nome, Faith. Solo un volto. Un sorriso. Ma non era Spike, non Spike…
Scacciare il pensiero, con un altro sorso. Un’altra carezza più audace. Sapeva sedurre, lei. Cacciatrice. Fino alle ossa, al midollo. E annuire. Cercare un posto più adatto. Dove trasformare quegli ammiccamenti in qualcosa di più. In fondo perché no? Strusciarsi ancora su quel corpo. Baciarlo. Giocare con la lingua, inseguendola e catturandola, per poi spingerla via. E ridere. E uscire dal locale. Abbracciati. Ben coperti contro il freddo della sera. Notare la nuvoletta di vapore che usciva dalla sua bocca. Un respiro. Spike non aveva un respiro. Non ascoltare le parole che quel corpo pronunciava. Sentire solo il suo braccio attorno alla vita e la sua risata così semplice e cristallina. E poi vederlo. Fermarsi. Davanti a loro. Spike. Lo sguardo serio. Risoluto.
“Vattene.” Sentire il battito cardiaco accelerare. Sudare appena.
“Vai via tu.”
“Ehi, ma che diavolo…” Il diavolo era davanti al giovane umano. Con il suo ghigno vampiresco. Che godeva della paura del rivale. Bastò sfiorarlo, per vederlo darsi alla fuga, precipitosamente.
“Il tuo cavaliere non ha le palle.”
“Non ho fatto in tempo a controllare.”
“Strano…ti sei fermata alla sua bocca? In effetti potevano scacciarvi dal locale…”
“Non sembrava male…Mi spii?”
“Sì.” Di fronte a lei. Tristezza. Rabbia. Desiderio. Paura. Osservare la mano che si avvicinava alla sua spalla.
“Faith.”
“Cos’altro vuoi da me? Buffy è dentro. È sola. Non ha raggiunto ancora il suo angelo. E chissà se mai lo farà.”
“Non me ne fotte un cazzo.” Lei iniziò a ridere.
“Sei ridicolo…I giochi sono finiti…tu sei un vampiro e io la cacciatrice. Ti conviene girare alla larga. Cambia città se vuoi bere qualcuno…” Tolse fuori il paletto. Lui continuava a guardarla negli occhi, e Faith cercava di mantenere il controllo.
“Una volta mi hai detto che potevamo essere qualcosa di diverso. Un uomo e una donna. Senza confonderci con i nostri ruoli.”
“E’ passato un secolo. Hai ucciso qualcuno nel frattempo? O stavi aspettando me?” Spike rimase bloccato a guardarla. Lei si pentì subito di quelle parole, in fondo non le pensava veramente, aveva solo voglia di ferirlo.
“Non ti ucciderei mai.”
“Non ne sono convinta.”
“Per questo hai paura di me?”
“Io non…” Pensò rapidamente a quello che poteva trasmettere, agli ormoni impazziti che probabilmente potevano dargli quel segnale.
“Anche per quello, sì.” Continuava a guardarla, smarrito. Non si aspettava questa risposta. L’ironia era sparita, e il paletto abbassato. Ma lui rimaneva comunque un nemico di quella ragazza. Non più alleato.
Faith si voltò, per tornarsene in albergo, lentamente. Stava male. Tutto quell’alcool, tutti quei tentativi di dimenticare e poi tornare nuovamente da capo. Perdersi in quegli occhi a volte così crudeli, a volte così giocosi. Paura. Come dirglielo? La paura era di se stessa, nient’altro. Di desiderarlo troppo, di volerlo al punto di calpestare la propria dignità, il dovere. E perdersi. Morire per lui. Si sentiva sempre sull’orlo di un baratro sconfinato. Lei che amava la morte e l’aveva sfidata mille volte. Lei che cercava faticosamente di tirare avanti senza commettere gli errori del passato. Ma che era attratta dalla fine. L’aveva persino sognato. Lui che beveva avidamente dal suo collo, per poi ricambiare. E trovare l’eternità. Tra le sue braccia o altrove. Cacciatrice. Fatalmente persa nel desiderio di assaporare quell’ultima definitiva sfida. Chi si sarebbe disperato per lei? Angel. Wesley. Il Consiglio che doveva attivare Dawn…poco importava. Poco importa. La sua testa continuava a giostrare in quei pensieri così pesanti. Faith che avrebbe voluto solo passare una serata normale, con un ragazzo normale…che però non era Spike…
Sapeva di essere inseguita. Era a pochi metri da lei, sempre in silenzio. Forse anche lui stava riflettendo su quell’accidenti di relazione bislacca che avevano messo su. Si ritrovò ad aprire la porta della sua stanza, ma poi si voltò indietro. Lo vide accanto a sé, troppo vicino per respingerlo, troppo. Sentire il cuore farsi veloce, le mani sudare.
“Non voglio perderti. Non voglio farti paura. Voglio solo te, per quello che sei. Non ti cambierei e non voglio essere diverso da quello che ero prima…prima della fusione del chip.” Sentire le sue mani che le sfioravano il viso.
“Per quanto, Spike? Fino a quando non ti stuferai? Fino a quando il mio viso rimarrà da ventenne? E poi? Vorrai rendermi come te? O quello che vuoi sono una manciata di notti da passare a scopare allegramente, come due ragazzini? Magari facendo finta di essere una coppia normale…cosa vuoi da me, Spike?” La sua voce era stridula e acida. Ma continuava a lasciarlo fare. Sentire la sua bocca che si avvicinava al collo, in una bacio sensuale e dolcissimo. Ferma contro quella porta, con la chiave in mano che perdeva di consistenza. Tutto svaniva nelle sue labbra, nel calore che scoppiava dal suo corpo. Faith sapeva che non si sarebbe fermato, che non le avrebbe risposto. E una parte di lei accettava tutto questo. Voleva amarlo, senza pensare, senza soffrire…ma poi si girò ancora. Cercando di riprendere il controllo. Di aprire quell’uscio. Che l’avrebbe bloccato per forza.
“Invitami.” Era difficile non farlo.
“No.” Seduta sopra il letto. A guardare il suo volto alterato, aldilà di quella invisibile barriera che non tagliava fuori tutte le sfumature.
“Tu vuoi risposte che io non posso darti. E che forse neanche vuoi sul serio…perché è anche questo rischio che ti avvicina a me…in questo siamo uguali, cacciatrice. So che mi potresti uccidere. So che ne avresti il coraggio. Che una notte potrei trovarmi un paletto ad un millimetro dal cuore, come quello che stringi tutto il tempo sotto il cappotto. Che potresti farmi fuori per una cazzata che magari non conoscerò mai, come dimenticarmi del tuo compleanno e cose di questo tipo…ma io voglio provarci lo stesso. Sono un demone, Faith. Non ti lascerò andare via per il tuo bene. Di Romeo e Giulietta ne bastano un paio…credo di amarti. Abbastanza per volerti con tutto me stesso, per combattere per te. Contro la mia natura, il tuo destino di prescelta del cazzo, la fame di sangue e di battaglia. E non sogno di vederti felice con qualcun’altro. So che potrei riuscirci io. Perché ti conosco. E ti capisco. E lo voglio. E non togliere fuori Buffy. Io non l’amo. E lo sai. Lo senti. È vero che ho voglia di uccidere ancora. Quel tizio…quando ho visto le sue mani sul tuo corpo…l’avrei ammazzato in mille modi diversi. Ma non l’ho fatto.” Aveva parlato tutto d’un fiato. Lei non credeva alle sue orecchie.
“Non capisci che mi stai dando la conferma ai miei sospetti? Tu mi uccideresti. Se io un giorno decidessi di andar via, che non sto bene con te…tu lo faresti. Questa è libertà? Questa è una relazione normale?”
“E noi due siamo normali? Ma quando mai? Guardati, cacciatrice. Il destino si diverte con noi. Vuoi prenderti un po’ di felicità tutta per te? Perché io ti conosco quando sei felice…aldilà della maschera, delle cazzate che puoi dire o fare…io so chi sei. E non mi importa come andrà a finire. Lo affronterò quando il problema verrà fuori…dimmi che anche tu non provi quello che provo io. Dimmelo, se lo pensi.” Lei rimase in silenzio. Spike con i pugni appoggiati alla porta invisibile, con lo sguardo profondamente serio e risoluto. Spike che parlava direttamente al suo cuore. Faith tolse le mani dalle tasche. Guardò il paletto che aveva stretto fino a pochi secondi prima. Lo appoggiò sul letto.
“Com’è successo? Come siamo arrivati a questo punto?” Lui rise, passandosi le mani sui capelli.
“E che ne so? Non hai una domanda di riserva? Il giorno che inizierò a ragionare su ogni mio sentimento o impulso vorrà dire veramente che mi è cresciuta un’anima, e magari andrò in giro a fustigarmi con tanto di cilicio e frusta…nah…Io non voglio pensare. Io sento. Fin dentro le viscere, lo stomaco, il cuore.”
“Che non batte…”
“Formalità, bambina. Il tuo batte per tutti e due, se ti serve questo. Lo ascolterei per ore intere.” La ragazza si avvicinò alla porta. Spike sembrava rinchiuso in una vetrina che non poteva sfondare. Allungò la mano per accarezzargli il viso. Tutte quelle parole la avevano convinta. Da un bel pezzo. Ma si sentiva ancora troppo fragile, esposta. Gli occhi del vampiro sembravano rapiti da ciò che aveva davanti. Faith aveva la sensazione di potersi tuffare là dentro, una pozzanghera di mare chiaro. Sincero. Pulito. Come un demone potesse fare questo effetto ancora non riusciva a capirlo. Ma lo fece entrare. E sentì il rumore di quella porta che si chiudeva alle sue spalle. Prima di immergersi ancora in quel corpo, in quella bocca. Amarlo. Senza pensare al domani. Avere una persona con la quale condividere tutto. Un letto. Una missione. Il destino. Consumarsi nella passione e annegare. Per poi riemergere e godersi quel piccolo angolo di felicità. Tutto suo.

Lui dormiva profondamente. Faith prese il telefono e fece quel numero che conosceva a memoria.
“Ciao. Come sta Connor?”
“Bene…secondo Cordelia gli sono mancato tanto. Non so se è vero. Ora è accanto a me e se la dorme tranquillo.”
“Sei a letto? Non l’ho svegliato…”
“Sì, sono a letto, no, non l’hai svegliato. Stai tranquilla. Cosa succede?”
“Avevo voglia di sentirti…e chiederti una cosa, ti sembrerà una cazzata ma…ti fa paura essere felice?”
“Certo. Divento un po’ intrattabile se sono felice…del tutto felice…del tutto felice...del tutto intrattabile...”
“E non lo sei? Adesso che hai il bambino, volevo dire..."
"E' strano...ho paura di perderlo, di non essere adeguato come genitore, di...non lo so. Di non avere il diritto di essere felice."
"E' quello che provo anche io."
"Perché?"
"Per la mia missione...per quello che ho fatto e non ho scontato...non lo so. Di non meritarlo."
"Tutto questo non ti deve impedire di amare..."
"E tu invece? Non fai che sacrificarti e...fustigarti..."
"Carina questa parola...è diverso. Sono diverso. Perché pensate tutti che la mia scelta sia l'unica? È una scelta. È una mia scelta. E basta. Questo non vuol dire che le altre siano da buttare."
"Hai rinunciato a Buffy."
"Non potevo darle niente."
"Potevi darle il tuo amore."
"Non stiamo più parlando di me, è vero?" Faith non rispose.
"Spike è lì con te..."
"Sì."
"E vuoi la mia benedizione?"
"No, è che..."
"Non mi piace. Lo sai. Ma ti ama. E questo, per uno come lui, può bastare. Mi fido di te, Faith."
"Davvero? È che io non ragiono più...io credo di amarlo e..."
"Cerca di essere felice, allora. Non devo darti l'autorizzazione io."
"Dormi bene, Angel. E grazie."
"Per cosa?"
"Perché ci sei sempre."
"Buonanotte, Faith. Per meglio dire, buongiorno..." Lei stava piangendo, ma non era triste. Rimise a posto la cornetta del telefono, per poi tornare a letto. Lui l'abbracciò, stringendola delicatamente.
"Devo essere geloso? Ciò che provi per me devi dirlo A ME, non a lui, Faith."
"Allora stai attento a quello che dici o fai...perché ti amo, vampiro..."
"L'ho sempre detto che sei pericolosa, cacciatrice...ma mi sa che ti amo anche per questo..." Voleva essere felice. E si lasciò invadere da quella sensazione. Profonda. Calda e gelata allo stesso tempo...

 

**FINE***