Rimase priva di sensi per una mezz’ora. L’alba stava per
nascere, e Spike poteva sentirlo anche da lontano. Continuava a tenerla tra le
braccia, mentre cercava di mettere ordine nei suoi pensieri, nella sua testa.
Le cacciatrici. Legate da un destino comune, quello di uccidere ed essere
uccise. Legame profondo che andava aldilà di qualsiasi umana comprensione. Lui
poteva capire, almeno in parte. Sapeva cos’era un legame. Il legame tra il Sire
e il suo childe, ad esempio. Il suo morboso legame con Drusilla. Ogni volta che
la rivedeva sentiva il richiamo del sangue. Più che vedere il collo di una
bella ragazza.
Buffy viva. Poteva essere vero. Una parte di lui voleva uscire e cercarla,
mettersi una coperta addosso e scappare verso la casa dei Summers. Ma poi osservava
Faith, abbandonata in quel modo come una bambola rotta. Doveva stare là, con
lei. Anche perché aveva paura. Che Faith avesse ragione. Che Buffy fosse a casa
sua, tornata dall’inferno, con le mani rovinate e il vestito nero che le
avevano messo quando l’avevano sepolta. Buffy. Non era possibile. Si ritrovò a
piangere, senza neanche accorgersene. In silenzio. Lacrime che scendevano senza
un motivo apparente. La casa era avvolta nel buio totale. Le candele ormai
consumate.
Accarezzava la ragazza, i suoi capelli lunghissimi. Aveva un’ossessione per
quei capelli. Ne percepiva l’odore anche ad un metro. Sperava che si svegliasse
presto. Per sapere qualcosa di più. Per capire. Quando vide i suoi occhi
aprirsi sussultò appena. Lei alzò la testa, rimanendo a guardare il viso del
vampiro, così vicino…
“Stai bene?”
“Si. Ora sto un po’ meglio. Perché sei ancora qua? Perché non sei da lei?”
Spike ascoltò quelle parole, incredulo.
“Io non…”
“E’ già l’alba, vero? Deve essere così.” La ragazza si alzò, lasciando il
vampiro confuso. Entrò nell’altra stanza e portò con sé gli abiti di entrambi.
Si vestì con calma. Una freddezza glaciale sembrava scesa tra loro due, e Spike
non ne capiva il motivo. O almeno, non del tutto. Osservava quelle mani
rovinate, che ancora tremavano appena, mentre cercava di abbottonarsi i
pantaloni.
“Spiegami cosa sta succedendo.” Faith alzò gli occhi, finendo di infilarsi il
maglione.
“La mia missione è finita. Quindi o me ne vado o chissà cosa mi combina il
Consiglio. Capaci di rimettermi in galera.”
“Ma che diavolo stai dicendo?”
“Te l’ho detto. L’amore della tua vita è tornata. Ormai sarà a casa sua.
Cullata dalle due streghe. Chissà cosa ne penserà Angel…” Sorrise appena, in
modo obliquo, come se la sua testa non funzionasse più a dovere.
“Ne sei certa? Come possono aver fatto una cosa del genere? Non ne hanno il
potere…”
“Certo che ce l’hanno. Se poi ci metti quella pazzoide di Anyanka hai il quadro
completo. Non sono più la sfidante in carica. Torno ad essere la numero due. O
forse lo sono sempre stata…” Si sedette sopra il letto, guardando ancora le sue
mani. Spike cercò di abbracciarla, ma lei si sottrasse.
“Tesoro, è stato bello stanotte. Ma finisce qui. Non hai sentito? E’ tornata. E
ti conviene correre, perché appena Angel saprà della cosa si dimenticherà di
tutto, persino di quel bambino che tanto ama.” Si alzò, precipitandosi fuori
della stanza. Spike la inseguì, per poi rimanere bloccato sulla porta
d’ingresso. Lei era nel giardino, lontana, vicino al sole che nasceva.
“Sta lontano da me, vampiro!”
“Perché, maledizione? Che accidenti ti ho fatto?” Lei iniziò a ridere.
“Non è quello che mi hai fatto. Ma quello che potresti farmi adesso. È molto
peggio.”
La vide allontanarsi, camminando all’indietro. Per poi salire sulla moto e
sfrecciare via velocissima.
Il vento ancora fresco della mattina la fece subito sentire meglio. Era
scappata come un ladro da quella che aveva scelto come sua dimora, almeno prima
di sapere quello che era successo. Non sentiva più Buffy. Non sapeva più
niente. Tranne che era viva. Che aveva scavato con le sue mani per uscire da
quella bara.
La collina. Rimase seduta sul prato, a guardare il risveglio della città, senza
sapere neanche che pochi giorni prima c’era proprio Spike in quello stesso
posto, con la stessa morte d’animo nel cuore. Doveva essere felice. Lo sapeva.
Felice per Buffy, per i suoi amici, per il mondo intero. Una delle migliori
cacciatrici mai esistite era tornata. Lei non faceva parte di quel club
esclusivo. Avrebbero festeggiato a lungo il suo ritorno. E lei era
semplicemente invidiosa. Fino al midollo. Come se veramente quella bionda
ragazza le avesse rubato un pezzo di vita. Ma chi era il vero ladro?
La gente affollava le strade, chi per andare al lavoro, chi per andare a
scuola. E lei continuava a rimanere persa nei suoi pensieri, con gli occhi
chiusi, ad assaporare gli odori di quel prato verde ed accogliente, ormai pieno
di foglie autunnali. Doveva chiamare Wes. Doveva avvertire il Consiglio. Ma non
se la sentiva di parlare a nessuno. Aveva solo voglia di menar le mani. Di
annullarsi. Di scappare ancora.
Si sdraiò, ignorando l’umidità della rugiada mattutina. Ripensò alla notte
prima. A Spike, alla sua bocca, il suo corpo…Malgrado tutto era felice di
quello che era successo tra loro. Perché oggi sarebbe stato troppo tardi. Ora
poteva tornare nell’ombra. Non era il primo uomo. Né la prima volta che si
trovava bene a letto con qualcuno. Ma sicuramente per lei era strano sentirsi
così. Consapevole che tutto era finito ancora prima di iniziare sul serio. Di
solito non le importava. Ragionava come un maschio vecchia maniera: ignorare
dopo il sesso. Obiettivo raggiunto. Colpito e affondato. Rise di se stessa.
Delle sue paranoie. Aveva bisogno di un caffè. Di qualcosa di caldo. Si alzò,
cercando di sistemarsi. Doveva essere un disastro. Controllò le tasche e quanti
soldi le erano rimasti. Decisamente pochi. Riprese la moto e si avviò a casa di
Buffy. Non era pronta per affrontarla, ma tanto non lo sarebbe mai stata.
Spike sembrava un’anima in pena. Quella furia era entrata ed uscita dal suo
spazio vitale in un lampo, devastando qualsiasi cosa aveva incontrato nel suo
cammino. Si ritrovò a spaccare mobili, senza avere praticamente nessun
sollievo. Intrappolato dalla luce. Quel sole che odiava, linfa per il mondo
intero, tranne che per i vampiri. Faith che era scappata via. Ritrovò il
costume che lei aveva il giorno prima. Cercò di sentire il suo odore. Era
dovunque. Nelle sue mani, nelle lenzuola.
E poi questa storia di Buffy…Non ne poteva più. Cercò tra la roba di Faith. Era
stata premurosa. Aveva portato anche il sangue per lui, quando aveva svuotato
la stanza d’albergo. Bevve avidamente fino all’ultima goccia. Per poi
sfracellare la bottiglia contro un muro. Cercò di calmarsi. Si sentiva escluso una
volta ancora. Dalla gang dei perfettini. Che avevano fatto tutto per conto
loro. Lui neanche sapeva che avevano intenzione di riportare Buffy in vita.
Dall’altra cacciatrice. Che si era infilata nel suo letto, nella sua carne in
profondità come un chiodo, per poi lasciarlo sanguinante e pieno di domande.
Giochi. Sempre e solo un gioco? Buffy. Rimase seduto un istante sul letto.
Cercando di ricordare il suo volto, la luce dei suoi occhi, il suo corpo senza
vita riverso al suolo. Lei era tornata. E doveva vederla. A tutti i costi.
“Che ci fai qui?” Anya come il solito non era al suo massimo di gentilezza.
Faith la spinse via dalla porta, entrando in casa Summers. Xander si alzò dal
divano, andando a soccorrere la sua amata, riversa per terra.
“Chi ti ha invitata?”
“Non sono un vampiro. Non ho bisogno di un invito.” Willow si avvicinò, con il
viso serio e stanco, parandosi davanti alla cacciatrice.
“Che succede, Faith?”
“Dimmelo tu, strega. Sei felice di quello che hai fatto stanotte?”
“Che vuoi dire?”
“Ma, non so…dov’è? Sta dormendo?”
“Di chi parli?” Cercava di fare l’indifferente, ma stava perdendo la pazienza.
“Buffy, chi altro….Mi prendete per scema? O credete davvero di poter tenere
tutto segreto?” Willow aprì bocca un’altra volta, ma Tara l’anticipò.
“E’ di sopra. Sta riposando.” La ragazza venne fulminata dagli sguardi degli
amici.
“Bene.” Faith andò verso la cucina, preparandosi un caffè. Xander la raggiunse.
“Come hai fatto a…scoprirlo?”
“Caro mio, non ci vuole molto…voi siete dei semplici umani, magari qualcuno si
sta specializzando in arti magiche, ma quello che sono io, che è Buffy…neanche
potete immaginarlo. E avete fatto un grosso errore ad escludere il Consiglio da
questa storia. Non sapete neanche di cosa sono capaci. Io ci sono passata…”
“Noi avevamo paura che…” Willow entrò nella stanza.
“Non ti dobbiamo nessuna spiegazione. Tu comunque non fai neanche parte del
Consiglio. Daremo a Giles tutte le informazioni.”
“Certo. Sono cazzi vostri.”
“Perché non te ne vai? Non ci fai niente qua.”
“Beh, provate a spostarmi da questa casa se vi riesce.” Faith appoggiò la
tazza, fronteggiando la strega.
“Lo sai che la magia nera è pericolosa? O credi di cavartela con qualche
trucchetto del cazzo? Hai chiamato Giles?”
“Non ancora.”
“Bene. Complimenti.” La cacciatrice uscì dalla stanza, avviandosi verso le
scale. Willow le lanciò telepaticamente una sedia, ma lei fu più veloce,
difendendosi e spezzandola in più pezzi.
“Tesoro, non ti conviene farlo mai più. Sono già abbastanza girata di palle.”
Nessuno commentò. Faith salì le scale, per poi entrare nella stanza di Buffy.
La ragazza era sdraiata sul letto, ma sveglia. Guardava verso la finestra e
sembrava molto malinconica.
“Ciao Faith.”
“Buffy…” Rimase
davanti alla porta aperta.
“Puoi anche entrare.” Così fece, per andare a sedersi sul letto, accanto a lei.
“Ti hanno fatto uscire da galera?”
“Ci voleva una cacciatrice. Non avevano molte alternative. Magari adesso mi ci
fanno rientrare.”
“Come l’hai saputo?” Faith non rispose. Le mostrò le mani. Buffy rimase a bocca
aperta, senza parole.
“Non dire niente. Lo so, sono uno dei tuoi incubi peggiori. Rimarrò qua finché
non ti riprendi del tutto. O fino a quando non mi cacciano. Non ti lascio sola.
C’è un casino a Sunnydale, ultimamente, ed è meglio se rimani nascosta.”
“Perché stai facendo questo?”
“Non per te, tranquilla. Se mi comporto bene non avrò il Consiglio alle
calcagna. In fondo noi abbiamo la buccia dura, non è vero? Quanto ti ci vorrà?
Poi sparirò. Magari è la volta buona che riesco a rifarmi una vita normale. Che
dici, istruttore di arti marziali? Potrebbe essere una carriera interessante…”
Sorrise forzatamente. Non aveva mai visto Buffy in quelle condizioni, e
malgrado tutto le dispiaceva per lei. Un pochino. Era molto pallida e con
un’espressione smarrita.
“Sai dov’è Dawn? Non l’ho vista e…non l’ho chiesto. Ho avuto paura di
chiederlo…”
“Sta bene. È con tuo padre. L’hanno mandata via per...come dire…la
resurrezione? Spike si è preso cura di lei.”
“Spike…l’aveva promesso…”
“E’ stato di parola.” Willow si affacciò alla porta.
“Dovresti lasciarla riposare.”
“Va bene. Ma vi avverto. Ora chiamo Wesley. Non me ne frega niente di quello
che pensate.” Buffy guardò le due che si fronteggiavano.
“Cos’è questa storia?”
“Chiedilo alla tua amichetta.”
“Faith” Buffy le prese una mano. “Non dire niente a Wesley, per favore. Dammi
un altro giorno…per riprendermi…per capire…per Angel…” Aveva gli occhi lucidi e
la voce tremava appena. Faith si avvicinò al viso di Buffy. Tutta la sua rabbia
sembrava svanita. Davanti agli occhi sfrecciò un ricordo. Lei che si
risvegliava dal coma. Sola. Confusa. Buffy non era sola. Ma comunque persa.
“Un solo giorno. E lo faccio per Angel. Domani torno qua. E lo chiamo. O lo
chiami tu davanti a me. A te la scelta.”
“Grazie.”
La ragazza uscì dalla casa, passando davanti a tutti, con fare altezzoso. Vide
Anya ferma accanto alla porta, con un’espressione grottesca.
“Buh!” Le aveva avvicinato un pugno al volto, e lei era sobbalzata come una
bambina.
“La cattiva se ne va, coniglietta, stai tranquilla.” Sorrideva sfrontata.
Mentre Anya batteva in ritirata verso Xander, borbottando parole
incomprensibili. Aveva ancora quella sensazione orrenda, la voglia, il
desiderio di saltarle al collo e vederla esalare l’ultimo respiro. Un buon modo
per sfogarsi…
Quando chiuse la porta si sentì subito male. Era schifata dall’atteggiamento
della gang. Ma in fondo non poteva aspettarsi niente di diverso. Riprese la
moto e partì. La lasciò vicino al cimitero. Aveva bisogno di un rifugio, di
stare sola in qualche modo.
La cripta le era sembrata una buona idea. Ma quando entrò non riuscì a credere
ai suoi occhi. Non appena si abituarono al buio, naturalmente…Una coperta
gettata per terra, rumori di battaglia. Spike era là, circondato da tre
vampiri. Non c’era tempo per pensare. Si gettò su uno di loro, sfogando
finalmente la sua rabbia repressa. Nel giro di pochi minuti tutto era finito.
Lei rimase appoggiata al muro, a respirare affannosamente, con un sorriso
soddisfatto.
“Mi ci voleva…”
“Che ci fai qui?” Spike era per terra e giocava con un paletto, senza
guardarla.
“Volevo stare sola. Non credevo di trovarti qua. Né di trovare loro.”
“Piccola imboscata per l’amichetto della cacciatrice, immagino…Dovevano essere
appostati qua da stanotte. Volevano sapere dove trovarti.”
“Ora lo sanno. Magari non potranno raccontarlo a nessuno…” Rise sguaiatamente,
fino alle lacrime. Spike si alzò, sorridendo.
“Che ci trovi da ridere? Non mi sembra così divertente.” Lei smise a fatica.
Rimasero a guardarsi un istante, per poi sfuggire una volta ancora. Faith
guardava per terra. Proprio quello che voleva evitare, affrontarlo una volta
ancora. Si alzò, fulmineo. Era di fronte a lei, allungava la mano delicatamente
verso il suo viso.
“Sei ferita.” Vicino alla bocca. Lei non sentiva il dolore, ripiena di
adrenalina com’era, ma di sicuro non era grave. Vide il vampiro davanti a lei,
osservare il dito sporco di sangue. Mille espressioni sfumate, eppure
chiarissime. La guardò negli occhi, prima di pulirsi la mano sui pantaloni.
Faith sorrise, accarezzandogli la pelle bianchissima del viso. Poi la sua mano
passò dietro la nuca, e dolcemente iniziò a baciarlo. Spike rimase intontito
per un istante, ma lei sembrava così calma…Faith sentì la lingua del vampiro
accarezzarle dolcemente il graffio, e portar via ogni traccia di sangue, con
movimenti delicati e sensuali. Poi si dedicò nuovamente alle labbra, a cercare
la lingua di lei e giocarci, in una piccola danza erotica. Lei lo spostò per
respirare. L’espressione che lesse nel suo viso era buffissima, ed, infatti,
Faith riniziò a ridere.
“Tu sei…malata. Non sai…cosa vuol dire per me, non puoi neanche immaginarlo…”
Faith non fiatò, alzando le spalle, mentre Spike continuava a rimanere
attaccato a lei, con uno sguardo a metà tra l’incuriosito e il compiaciuto. E
poi fu nuovamente un bacio. Facile abbandonarsi. Crederci. Perdersi. Nelle sue
mani che la stringevano, nella piccola violenza delle sue labbra, della sua
lingua. Facile. Semplice. Bello. Ma non reale. Bere da lui le sue bugie. Negli
occhi chiusi di Faith apparvero frammenti di immagini. Ricordi della notte. Del
suo corpo che si scioglieva come burro. Ma era nella sua cripta. E sapeva bene
cosa c’era al piano di sotto. Quei disegni. Quelle foto. Non era più così
facile. Anche se ogni suo muscolo urlava il desiderio. Crederci. Niente più.
Abbandonarsi ancora. Godersi ancora quelle carezze, quelle mani fredde e allo
stesso tempo così calde. Aprì gli occhi. Spostò il viso di lui, accarezzando
quegli zigomi, quella bellissima bocca. E poi lo spinse via. Abbastanza lontano
da non poterlo toccare allungando una mano.
“Sono stata da Buffy.” Lui non rispose.
“Sta abbastanza bene. Un po’ shockata, ancora…ma non tarderà a riprendersi.”
Ancora non aprì bocca. Andò al frigorifero, alla ricerca di una bottiglia. Bevve
avidamente il liquido ambrato, dandole le spalle.
“Angel non sa ancora niente. Né il Consiglio.” Ancora silenzio.
“Allora è vero.” Parlò in un soffio. Non che avesse mai dubitato seriamente, ma
quelle parole lo lasciarono comunque sorpreso. Come se l’idea prendesse
improvvisamente consistenza.
“Perché, le ferite che ho nelle mani non ti sembravano abbastanza vere?”
“Io non ti conosco, cacciatrice. Il fatto di essere stati a letto insieme mi da
un certo tipo di informazioni. Ma mi mancano molti tasselli. E io almeno lo
ammetto. Tu invece continui a comportarti come se mi conoscessi da sempre.” Un
lungo sguardo. Come se la spogliasse.
“Forse ho letto qualcosa sul tuo conto. Forse mi hanno raccontato chi sei.”
“Lo immagino. Anche a me hanno detto tante cose su di te. Ma ti concedo il
beneficio del dubbio. O sei stronza come ti descrivono?” Lei sorrise, cercando
di allentare la tensione.
“Forse lo sono molto di più.” Lui accese una sigaretta, continuando a bere
dalla bottiglia.
“Perché sei qui, Faith?”
“Non volevo tornare alla magione. Non volevo vederti. E non ho un soldo in
tasca per pagarmi l’albergo.”
“E visto che sono qua…cos’hai intenzione di fare? Scappare un’altra volta?”
“Beh, se mi offri da bere posso anche rimanere.”
“Okay. Prometto che non ti salto addosso. Sono stanco di ritrovarmi sul
pavimento.”
“Preferisci il tavolo?”
“Solo quando ho una bella ragazza sotto. O sopra.” Le allungò la bottiglia,
sfiorandole appena la mano. Faith sentì l’alcool scenderle direttamente nello
stomaco, provocandole una vampata ed un colpo di tosse.
“E’ un po’ forte…”
“Adatto all’occasione, direi.” Continuava a non toglierle gli occhi di dosso. E
lei cercava di sostenere lo sguardo.
“Che farai con Buffy?”
“E’ il tuo chiodo fisso? Non vedi l’ora che io mi tolga dai piedi per andare a
trovarla?”
“Dimmi che non ci hai pensato. Dimmi che non sei tornato qua per darti una
sistemata e correre da lei.”
“Mmmm, parla la sapientona. Credi di conoscere proprio tutto di me, eh?” Faith
girò le spalle. Non aveva voglia di discutere, si toccò il labbro, chiudendo
gli occhi, assaporando ancora una volta il sapore di quel bacio nella sua
mente.
“O sei semplicemente gelosa?” Faith tardò un istante a rispondere. Cercando le
parole adatte, ne bastava una…ma in fondo chi aveva ragione? In quel momento
sentirono un rumore che li mise immediatamente in allarme. Che scemò subito
dopo l’entrata di Dawn nella cripta. Faith vide Spike trasformarsi e sorridere,
aprire le braccia e prendere la ragazzina, che felice urlava che Buffy era
viva.
“Lo so, briciola, lo so.”
“Vieni con me…l’hai già vista? Io sono appena arrivata…Oddio Spike, non posso
crederci…” Dawn piangeva e rideva allo stesso tempo. Faith rimase a guardarli
incantata, prima di uscire dalla stanza. Si sentiva di troppo, e stanca. Troppo
stanca. La giornata era diventata improvvisamente buia, con nubi cariche di
pioggia. L’aria annunciava tempesta, e Faith iniziò a piangere, mentre con
calma si allontanava dal cimitero. Un rifugio. Annullarsi. Dormire. Spegnere
ogni stimolo, ogni fiato, ogni parola. Guardò il suo viso in una vetrina, un
riflesso di una ragazza che a venti anni se ne sentiva il doppio. Continuava a
vagare, lentamente. La magione di Angel appariva solitaria e deserta come al
solito. Entrarci era doloroso. Vedere il tavolo spaccato e ogni cosa all’aria
era deprimente. Andò direttamente verso la sua borsa, per prendere il lettore
cd. Il volume altissimo e il mondo fuori. Togliersi la giacca e immergersi
nella musica. Essere tutt’uno con Lei. Rimanere alla luce delle candele e cantare
a squarciagola, muovendosi con lei.
I tried so hard
And got so far
But in the end
It doesn’t really matter
I had to fall
To lose it all
But in the end
It doesn’t really matter…
Sfinirsi. Perdersi.
Gettarsi sul letto e rimanere quasi incosciente. Per non sapere. Per non
capire. Per cercare di non soffrire più. Per non sentirsi più fuori posto. Per
non sentirsi più di troppo.
Spike. Andare verso quella casa trascinato da Dawn. Che rideva, e parlava e
sembrava non prender mai fiato. Mentre lui rimaneva avvolto nella coperta, e
correva da un’ombra ad un’altra, aiutato dal tempo che sembrava sempre più
scuro e tetro. Varcare quella soglia e trovare tutti riuniti attorno ad una
brocca ricolma di caffè. Aspettare che la ragazzina chiudesse tutte le persiane.
Scrutare quei sorrisi e combattere la paura. Di rivederla. Di scoprirla
cambiata. Per il suo soggiorno all’inferno. E poi vederla. Mentre scendeva le
scale, vestita di bianco. Come una visione angelica. Ma il suo viso non
traspariva gioia. E gli altri sembravano non accorgersene. Non vedere il suo
sforzo per sorridere, per cercare di apparire normale. Per cercare di parlare.
Tanti bambolotti impegnati a congratularsi con loro stessi per l’impresa
madornale fatta. Che non vedevano niente. Incrociare i suoi occhi. Sentirla
vicina. Provare a toccarla, e poi sfiorare il suo corpo in un abbraccio.
Pronunciare il suo nome. E sentire le lacrime montare con un’irruenza tale da
lasciarlo sconfitto. Ascoltare il suo ringraziamento formale per aver protetto
Dawn. Niente più. Sprofondato sul divano, come se fosse uno della gang. Come se
tutti i presenti non avessero tenuto nascosto l’incantesimo per riportarla
indietro, come se tutti ignorassero le conseguenze. Quelle che lui leggeva
negli occhi della cacciatrice. Veder andar via tutti quanti, così felici ed
ingenui. E lui che non si muoveva. Mentre Dawn scompariva dietro la porta della
cucina.
“Come stai?”
“Bene”
“Okay. E dovendo dire la verità?”
“Cosa vuoi dire?” Buffy sembrava sulle spine.
“Che non stai bene. E che puoi ingannare chi ti pare ma non me.” Lei non
rispose.
“Devo abituarmi. È…molto tempo che sono stata via.” Freddezza, ma i suoi occhi
sembravano sul punto di piangere.
“Se vuoi parlarne…ho una certa esperienza della morte e del ritorno, magari in
forma non proprio umana…”
“No…non mi va, Spike. Voglio solo riposare.” La ragazza si alzò in piedi,
dirigendosi verso la porta, come per congedarlo. Poi si voltò verso di lui, che
era rimasto immobile davanti al divano.
“Qua nessuno mi parla di demoni. Di battaglie. Di vampiri. Perché?”
“C’è Faith.”
“Nessuno mi parla di lei.”
“E ti stupisci?”
“No, in fondo, no. Ma lei è sola e…”
“Non è sola. Pensa a riprenderti.”
“Io non mi…”
“Non ti fidi di lei. Beh, fidati di me. Non la perdo d’occhio.” Abbozzò un
sorriso e lei lo imitò.
“Oddio, l’ho sparata grossa, magari ti fidi più di un serpente a sonagli e…”
Buffy fece un cenno negativo con la testa.
“Sto più tranquilla se so che sta con te. Grazie, Spike. Di tutto.” Gli diede
un bacio sulla guancia. Il viso della ragazza era ancora molto serio e triste.
Chiuse la porta in faccia al vampiro, che rimase un attimo interdetto. Che
doveva aspettarsi?
La serata stava appena iniziando. E il buio pure. La coperta la lasciò in
quella casa. Voleva quasi tornare a riprendersela, ma quella porta chiusa lo
lasciò interdetto. Scrutò il cielo, che minacciava tempesta ma ancora non si
decideva, e andò via. Aveva la testa spaventosamente vuota. Tutte le emozioni
di quelle ore sembravano avergli causato solo una tremenda confusione. Buffy era
diversa. Bellissima e viva. Ma diversa. O era lui ad essere cambiato? Sentire
qualcosa che somigliava al calore, alla passione che aveva provato mesi prima.
Dolore. Perché doveva continuare a soffrire come un cane? Prima perché lei era
persa, e ora per cosa? Perché l’aveva ritrovata? Perché continuava a sperare in
un suo gesto come un ragazzino? Perché quella bocca che si avvicinava al suo
viso l’aveva fatto sussultare ancora? Sentì la rabbia esplodere. Immotivata,
forse. Inevitabile, certamente. Non riusciva a controllarsi. Nelle strade
ancora popolate di gente, si ritrovò a spaccare un idrante. E rimanere fermo a
sentire l’acqua che bagnava i suoi vestiti. Buffy. Ossessione. Amore. Sperare
di trovare una via d’uscita. Ma non era facile. Neanche con lei morta.
Figurarsi adesso…Faith. Sorrise al nulla. Vicino ad una fermata d’autobus
adocchiò una signora che parlava animatamente con altre due. Si avvicinò con
fare indifferente, e sfilò il portafogli dalla borsa aperta. Una marachella.
Come i bambini. Era veloce e impossibile da fermare, ovviamente. In un vicolo
controllò il risultato del suo furto. Abbastanza per passare una serata
decente. Era strano come certe piccole cattiverie riuscissero a farlo sentire
vivo…Prendere una scorta di sangue. Una bottiglia di whisky di prima qualità. E
poi chissà cos’altro…
Si ritrovò alla magione, con i sacchetti della spesa e altre sorpresine. Lei
doveva essere sicuramente là.
Faith sentì un rumore. Aveva abbandonato la musica e si era messa per terra, di
fronte al camino acceso, a guardare delle antiche carte sulla città. Doveva
trovare il covo di quei vampiri. Prese un paletto, per appostarsi vicino alla
pesante tenda che copriva la porta. Vide Spike entrare e butto giù l’arma, nel
silenzio assoluto. Incrociò i suoi occhi e il suo sorriso. Non si aspettava un
suo ritorno. Non così presto. E quasi non l’ascoltava mentre la inondava di
parole senza senso.
“Aspetta…riassumi…vuoi portarmi a cena fuori? Vedo una bottiglia, ma dov’è il
resto della cassa che ti sei fatto? No, ma dico…ti ricordi che abbiamo un
esercito che ci cerca? Oddio, che mi cerca…e poi, cosa cazzo è successo
stasera? Cos’è, un Buffyeffetto?” Spike aprì la bottiglia di whisky,
tracannando un lungo sorso, con evidente soddisfazione.
“Amore mio, stai tranquilla…non è successo niente di particolare. Ho solo
voglia di svagarmi…insomma…sempre la solita routine…e che tu ci creda o no,
questo è il mio primo goccio.” Lei lo guardò incuriosita, mentre si toglieva la
giacca in pelle e l’avvicinava al fuoco. Sembrava a casa sua. Diede uno sguardo
fugace agli studi che stava facendo la cacciatrice, per poi chiudere le carte e
gettarle tra le fiamme. Faith non disse una parola. Ridacchiava. Lui intanto si
sfamava con le sacche di sangue. La ragazza andò nella stanza da letto, per
infilarsi un vestito quasi nuovo e sistemarsi un po’. Se lo ritrovò dietro,
all’improvviso, che le prendeva la spazzola dalle mani e iniziava a districare
delicatamente i nodi dei capelli. Faith non fiatò. Lo lasciò fare, come se
fosse tutto normale. Ma iniziò a chiudere gli occhi.
“Hai la pelle d’oca.”
“Chissà perché.” Appoggiò la spazzola sul letto, non prima di averle
accarezzato fugacemente il collo. Si allontanò rapidamente com’era entrato in
quella stanza, e Faith finì di truccarsi. Si guardava riflessa nello specchio.
Non sapeva cosa pensare. Ma non aveva voglia di pensare. Vivere il momento. Ne
aveva passate tante nelle ultime ventiquattro ore. Aveva cambiato idea e
prospettiva miliardi di volte. E aveva voglia di pensare solo a se stessa.
“Sei bellissima. Sembriamo quasi una coppia normale.” Lui sorrideva
rimettendosi la giacca, mentre squadrava la ragazza compiaciuto.
“È questo che vuoi credere? Ci travestiamo da fidanzatini e andiamo a cena
fuori? Mmmm, carini. Meno male che Halloween era ieri…dove sono i fiori e i
cioccolatini?”
“Quelli li ho saltati, mea culpa. Ma ho di meglio. Le aprì la porta, per
condurla fuori. Un’auto. Elegante. Scura.
“Sono colpita. Hai rubato qualcos’altro stasera?”
“Sì. Un po’ di libertà.”
Lui le aprì lo sportello. Faith rideva come una scema…Ma salì di corsa. Spike
mise in moto, accese lo stereo e partì a tutta velocità. Lei aprì il
finestrino, per godersi l’aria umida della sera. Sorrideva alla notte nascente.
Andarono fuori città, in un piccolo locale lontano dal mondo. Quando scese
dalla macchina lei lo bloccò un attimo, per guardarlo negli occhi. Nessuna
parola. Lesse il suo stesso dolore. Identico. Riconoscerlo in lui. Rabbia e
voglia di uscirne.
“Per una sera…ti prego, non voglio essere quello che sono. Niente di quello che
sono. Di quello che sei. So cosa ti sto chiedendo, ma ti prego…” Con un dito lo
zittì. Semplicemente. Un sorriso. In fondo faceva comodo anche a lei. Sedersi
in un tavolo appartato. Criticare le altre coppie “convenzionali” presenti nel ristorante.
Flirtare con lo sguardo, e con i piedi…Bere dell’ottimo vino. Ordinare un dolce
al cioccolato.
Uscire un po’ brilli, e trovarsi appoggiati al muro, avvinghiati in un bacio
caldissimo, mentre le persone che andavano via da quel posto li squadravano
scandalizzati. E fare un segnaccio, con la faccia deformata in una smorfia
cattiva, e poi ridere, mentre osservava quella gente allungare il passo e
borbottare.
“Mi dispiace, non riesco…ad essere una brava ragazza, una brava
fidanzata…nessuno mi ha insegnato le buone maniere…mi sento così ridicola…”
“Sei perfetta. Molto meglio di quelle persone laggiù. Sei viva. Sei vera.”
Ridere ancora e baciarsi, e sfiorarsi, e sentire i corpi reagire sin troppo in
fretta. Correre verso il parcheggio, verso la macchina, e fermarsi ancora a
divorarsi con la bocca… E cercare un qualsiasi posto per stare soli. Trovarlo
poco lontano, in una stradina poco battuta. Una casa abbandonata davanti. Spike
fermò l’auto. Faith tornò a baciarlo, cercando di spogliarlo per accarezzare la
sua pelle. Smania, follia. Come altro chiamarlo? La pioggia intanto si era
decisa finalmente a venir giù dal cielo. Lei si fermò ad osservarla, cercando
di chiudere il finestrino prima di allagare tutto.
“Faith, io…” Lei si girò a guardarlo. Per quel poco che poteva vedere in quel
posto dimenticato da Dio. Un accendino, la fiamma che tremava al suo respiro.
La ragazza tornò a sfiorargli il viso, e cercare la sua bocca, mentre lui
cercava di dire qualcosa.
“Ricordi quello che hai detto prima? Oggi non siamo quello che siamo. Allora fa
l’amore con me, Spike. Adesso. Tutto il resto mandalo al diavolo.” Leggere i
suoi occhi. Tutta la passione di cui era capace. In quei sedili. In quell’auto
rubata. In quella sera rubata al loro destino, al loro dovere, al vuoto che
provavano…
Rimanere avvinghiati e scomodi. I finestrini appannati da un solo respiro. Un
solo cuore che batte. Ma abbastanza per due. Abbastanza per perdere ogni
cognizione del mondo. Ogni ricordo di dolore. E tornare a ridere di se stessi,
nel buio della notte. Uscire seminuda dalla macchina per respirare un po’
d’aria fresca. Con gli odori del dopo pioggia, fortissimi, sensuali. Spike che
alzava i fari per vederla ballare, svestita, con l’autoradio che urlava.
Accendersi una sigaretta e andare a raggiungerla, per abbracciarla e ballare
con lei. E baciarla ancora, come se non riuscisse a saziare la sua sete.
Tornare dentro l’auto, accendere il riscaldamento, e rimanere ancora un po’
sdraiati. Sentirsi normali. Senza esserlo mai stati prima.
Spike la coprì con la sua vecchia giacca. Faith si lasciò accarezzare ancora,
per poi chiudere gli occhi e addormentarsi. Sembrava serena, tranquilla. Lui
continuava a guardarla, sconvolto dalle sensazioni che provava. Così forti ed
intense. “Oggi non siamo noi”. E cosa siamo, allora? Due solitudini che si
incontrano? Due corpi che cercano di scaldarsi? Si sentiva un idiota. Non era
mai stato un granché con le rime, con le poesie. Neanche da vivo, figurarsi da
morto…Sistemò meglio Faith, e poi mise in moto la macchina.
Il viaggio fu lentissimo, ma quelle poche miglia furono coperte lo stesso
troppo velocemente. Non aveva molta voglia di tornare alla realtà. Si sentiva
così strano…per una volta aveva avuto il desiderio di non essere un vampiro. Di
rimanere in quella stradina abbandonata e guardare l’alba insieme a lei. Ma poi
non poteva fare a meno di pensare al suo sapore, al gusto del suo sangue.
Giocare. Sembrava che quella ragazza si concedesse sempre un po’ di più, per
poi tornare indietro e scappare. E in fondo gli faceva comodo, perché in quel
momento lui non capiva chi cazzo era, non solo cosa voleva.
Erano arrivati. Scese dall’auto e prese Faith in braccio delicatamente. Non
voleva svegliarla. Era immerso nei suoi pensieri, tremendamente confusi, e
neanche si accorse che nella magione doveva essere entrato qualcun altro.
Rimase bloccato quando se lo ritrovò davanti.
“Che cosa le hai fatto?” Angel sembrava proprio incazzato.