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Un anno di hits


Probabilmente il 1971 è l'anno che segna il record di vendite nella carriera di Lucio Battisti; una presenza costante ai vertici delle classifiche cominciata con il singolo dell'anno precedente ("Emozioni"), proseguita con il fortunatissimo singolo "Pensieri e parole" senza dimenticare il primo "vero" long playing "Amore e non amore" e i vari 45 giri "Dio mio no", "Le tre verità", "La canzone del sole" più le canzoni scritte per altri interpreti. Ben quattro sono i singoli targati Battisti - Mogol che entrano nella top dei 45 giri più venduti dell'anno: "Pensieri e parole", "Amor mio", "Amore caro, amore bello", "Eppur mi son scordato di te".

Lo speciale fa il riassunto della situazione relativa alle vendite dei dischi nel 1971. Accanto al titolo e al nome dell'interprete viene indicata la massima posizione raggiunta in classifica e il numero di dischi venduti. ATTENZIONE: IL NUMERO DI COPIE VENDUTE E' UNA MIA ESCLUSIVA ELABORAZIONE!!!

Voglio sottolineare inoltre che il numero di copie non è detto che sia esatto, tutt'altro (ho notato che devo ritoccare alcuni criteri perché per quanto riguarda i dischi delle prime posizioni a volte sbaglio per eccesso, per quelli delle ultime posizioni per difetto), ma serve per dare un'idea della distanza che separa i vari dischi l'uno dall'altro e soprattutto rende l'idea dell'importanza che allora avevano i singoli e i 33 giri nel mercato nazionale.

Speciale realizzato in collaborazione con HITParadeItalia. Un ringraziamento speciale a Mario Bonatti che ha curato i commenti.

 
 

Lucio Battisti

Singoli


1. Pensieri e parole - Lucio Battisti [#1]

997.000

2. Tanta voglia di lei - Pooh [#1]

820.000

3. Amor mio - Mina [#2]

755.000

4. My sweet lord - George Harrison [#1]

701.000

5. Love story - Francis Lai [#1]

694.000

6. Amore caro, amore bello - Bruno Lauzi [#1]

669.000

7. Un fiume amaro - Iva Zanicchi [#2]

659.000

8. 4/3/1943 - Lucio Dalla [#1]

625.000

9. La riva bianca, la riva nera - Iva Zanicchi [#2]

609.000

10. Pensiero - Pooh [#1]

593.000

11. Sing sing Barbara - Michel Laurent [#2]

574.000

12. We shall dance - Demis Roussos [#2]

565.000

13. Vent'anni - Massimo Ranieri [#1]

548.000

14. Tweedle dee tweedle dum - Middle of the Road [#3]

534.000

15. Eppur mi son scordato di te - Formula Tre [#2]

533.000

     
Altri singoli di Battisti - Mogol entrati in classifica nel corso dell'anno:
Io e te da soli - Mina [#2]  
Dio mio no - Lucio Battisti [#5]  
Vendo casa - Dik Dik [#9]  
Io ritorno solo - Formula Tre [#6]  
Le tre verità - Lucio Battisti [#9]  
La folle corsa - Little Tony [#15]  
La folle corsa - Formula Tre [#10]  
La mente torna - Mina [#16]  
Anche per te - Lucio Battisti [#12]  
"La canzone del sole" e "L'aquila" entreranno a far parte della classifica generale del 1972.
   
Il commento di Mario Bonatti

L'annata 1971 è sospesa, non solo per una coincidenza numerica, tra la nostalgia dell'epoca beat appena sfumata con lo scioglimento dei Beatles e le nuove tendenze musicali. La stessa musica italiana cerca di rifarsi il trucco, a prescindere dai cantautori, ancora rinchiusi in una koiné dalla quale usciranno presto. C'è molto disimpegno, nel senso musicale del termine, e di conseguenza anche nei testi. Andiamo per ordine, scorrendo la graduatoria dei più venduti. Inutile dire che le innovazioni più consistenti hanno un nome e un cognome le cui iniziali sono LB.

"Pensieri e parole" è a buon titolo il singolo più venduto, forse il climax del primo percorso artistico di Lucio, che precede la serie di album che faranno la sua fortuna. Più di ogni cosa lascia il segno la sovrapposizione delle due voci, elemento più unico che raro nella nostra musica, mentre la partitura strumentale (a sfondo sinfonico) sembra farsi scarna per lasciare spazio proprio ai pensieri e alle parole. Lucio, insieme alle parole di Mogol, è onnipresente in questa annata, anche con numerose produzioni eccellenti. Scorriamole nell'ordine: al n. 3 c'è Mina con "Amor mio", felice fusione di melodia mediterranea e r&b, con echi di un sentimentalismo molto passionale, che la tigre di Cremona eleverà all'ottimale livello di pathos. Al n. 6 Bruno Lauzi trova uno dei primi successi al di fuori della sua formazione francese, e con "Amore caro amore bello" (il cui testo rievoca "Mi ritorni in mente") trova un nuovo corso artistico che farà da premessa alla sua identità di artista poliedrico.Questi due brani citati colpiscono per l'impianto innovativo, un bridge originale che pur fuggendo il tema principale lo recupera con ancora maggior rigore e dispiego orchestrale.

Tuttavia Lucio è un vulcano di idee e fa la fortuna di un trio di grandi musicisti, la Formula Tre, tra cui spicca Alberto Radius, anch'egli cantautore ma soprattutto tra i migliori chitarristi turnisti italiani. Il maggior successo del trio, capeggiato dal batterista Tony Cicco è "Eppur mi son scordato di te", una chicca r&b condita dall'ironia mogoliana che disegna il classico latinlover goffo che non sa mantenere uno straccio di fedeltà e cerca di rimediare urlando "io ti amo veramente". È passata alla storia la frase del "salame dai capelli verderame". Battisti/Mogol è presente anche nelle parti più basse della graduatoria con "Dio mio no" (n. 38), straordinaria suite soul con una chitarra a manetta che racconta di uno sfortunato amatore soggiogato da una amante vorace (un segno dell'emancipazione incipiente dell'epoca) che divora la cena offertale, e pone le premesse a una analoga supremazia sessuale. La canzone fu censurata dalla Rai sia per il contenuto erotico sia per la presenza del vocabolo religioso vicino alla negazione (come se dire di no a Dio fosse peccato a prescindere! ed era solo una banale esclamazione).

Altri brani battistiani sono: "Vendo casa" dei Dik Dik (apocalisse di un amore con un Mogol in versione sceneggiatore), la sanremese "La folla corsa" (se avesse voluto l'avrebbe portata lui stesso) nelle due versioni di Little Tony (n. 75) e la Formula Tre (n. 77) dove la figura femminile viene divinizzata. C'è anche "Io ritorno solo" (n. 53) con un ostinato riff "rock" e il singolo meno fortunato dato a Mina, "La mente torna" (n. 88), meno immediato ma comunque ardito nelle sue volute barocche e dal tema originale. Sempre della stessa scuderia Numero Uno, Adriano Pappalardo al n. 92 con la delicata "Una donna".

Dicevamo di Mina, che, insieme al successo targato Battisti, è naturalmente nel pieno del suo splendore artistico: infatti la troviamo con la languida "Uomo", quindi con "Una donna una storia". Ma il 1971 è anche l'anno di numerosi altri colpi discografici: a cominciare dai Pooh che, già pentiti del beat, trovano subito una strada accessibile al grande pubblico. "Tanta voglia di lei" (secondo posto) e "Pensiero" (al n. 12) restano a tutt'oggi le loro canzoni paradigmatiche. La prima come canzone d'amore che descrive situazioni con un gusto nuovo, anche se colui che urla "mi dispiace devo andare" suoni un po' falso (malgrado la voce melodiosa di Riccardo Fogli), alla pari di molti artisti che consumano l'amore nell'arco di una notte e poi tornano dalla ragazza ufficiale (se non moglie!) di cui hanno tanta voglia (sarà!). Impeccabile tuttavia la partitura. L'altro successo dei Pooh è il primo di una serie di inni generazionali che ancora oggi vengono cantati a squarciagola nei loro concerti: ispirato a un simbolico prigioniero politico, è diventato un caposaldo della libertà che scaturisce dalla musica, tra i primi successi dei Pooh dove spicca la voce graffiante di Roby Facchinetti. Musicalmente il gruppo (sempre al passo con le tecnologie) segnerà negli anni 70 una stagione felice di connubio tra melodia e ricerca progressiva, seppure con la prevalenza della prima, laddove negli anni 80 si dovranno occupare di far sopravvivere il loro mito inossidabile.

Al quarto posto l'ex Beatle George Harrison, il primo a staccarsi dal quartetto e di conseguenza il primo a proporsi da solista. "My sweet lord" (mio dolce Signore) risente della sua indefessa ricerca di trascendenza, ma presenta diverse crepe: innanzitutto un finale ripetitivo e dunque stancante, un sincretismo religioso alla buona che partendo da un "Lord" cristiano, termina con gli Hare Krishna; non ultimo, il primo vero plagio della storia del pop: provate a sentire "He's so fine" (1963) dal terzetto di colore delle Chiffons e ve ne accorgerete! Il mistico baronetto compare nelle posizioni di rincalzo con una freschissima "What is life" e con l'impegnata "Bangla Desh", legata anche a un happening musicale tenutosi proprio in favore di questa popolazione tra le più povere al mondo.

Quinto posto per una colonna sonora che ha lanciato di fatto la moda dei temi strumentali, che faranno follie nella prima metà del decennio, non solo di provenienza cinematografica. Anche "Love story" è un film generazionale (regia di Arthur Hiller), storia strappalacrime di due giovani, innamorati ma senza la benedizione dei genitori di lui, che restano uniti fino alla morte prematura di lei. Davvero un bel colpo, questo del direttore d'orchestra Francis Lai (con evidenti origini sarde!), che pur firmando altri temi non ripeterà questo exploit. Patty Pravo canterà magistralmente questo pezzo (con testo di Sergio Bardotti) e infatti lo troviamo al n. 56, ma c'è anche la versione al maschile di Johnny Dorelli (n. 116) e una cover strumentale del maestro Henry Mancini (n. 85): non era insolito per quell'epoca appropriarsi dei successi altrui. Quanto alla ragazza del Piper, questa annata la ricorda soprattutto per i suoi omaggi alla scuola francese, nella fattispecie la maestosa "Tutt'al più", con ampie sezioni in un recitato di delicata fattura, molto difficile da rendere credibile, e con "Non ti bastavo più", più melodica fino a un finale anch'esso teatrale.

Nella Top 15 ha spazio e gloria la Iva Zanicchi, invaghitasi dei suoni ellenici di Theodorakis: sua è infatti "Un fiume amaro" (n. 7), sirtaki al 100% con un retrogusto tragico che fa molto antica Grecia (forse troppo). L'aquila di Ligonchio propone al n. 9 un pezzo invece molto italico, anche perché ispirato alla nostra guerra civile. "La riva bianca la riva nera" (storia di un soldato che ferisce a morte un capitano nemico accecandolo, ma lo assiste fino alla morte sul campo) dosa i contenuti tragici con una bella melodia e un'assenza di quel pietismo del quale si imbevevano diversi autori di canzoni degli anni precedenti. Iva è presente anche al n. 74 con "Una storia di mezzanotte".

Un promettente cantautore, arrivato terzo a Sanremo, è all'ottavo posto della graduatoria: Lucio Dalla è già alla sua terza partecipazione, stavolta in coppia con una Équipe 84 già in fase di popolarità calante. A tutt'oggi ama la sua "4/3/1943" come nessun'altra, aldilà del fatto che gli ha letteralmente spalancato le porte della sua carriera folgorante. Cullandola proprio come il bambino di cui si narra, l'ha condotta attraverso la pericolosa censura di Stato, che ne bocciò il titolo originario "Gesù Bambino" cambiandolo d'ufficio nella data di nascita del cantautore, inopinatamente, dato che la storia non è affatto autobiografica, ed è stata scritta dalla poetessa Paola Pallottino, ispirata alla campagna d'Italia che vide numerose donne italiane concepire figli insieme a soldati alleati: la canzone è una straordinaria elegia dell'amore materno, tema molto caro alla manifestazione canora, che non impedì invece che fossero modificate diverse parole, riproposte da Dalla nella giusta versione soltanto negli ultimi tempi. Inconfondibile l'introduzione al violino, dal più famoso sessionmen ad archi del panorama pop, Lucio Fabbri.

All'undicesimo posto un successo internazionale della vicina Francia: Michel Laurent, transfuga del gruppo Mardi Gras, spopola con "Sing sing Barbara", fantasma dell'epopea dei figli dei fiori: non a caso il registro mischia country a beat, e francese con inglese, proponendo ingenui calembour nel refrain" bye bye bye Barbara". Chi si è innamorato a quei tempi sulle note di questa canzone, alzi la mano! Altro modello di fascino latino è piuttosto il greco Demis Roussos, dal disciolto trio degli Aphrodite's Child, dove c'era anche quel gran genio di Vangelis. Demis non sarà bello come un figlio di Afrodite, ma molte donne cadranno preda della sua voce possente, e delle sue solari melodie, che filtrano la mediterranea melodia con sonorità eteree che sulle prime risentiranno delle sperimentazioni dello stesso Vangelis. Questo uno dei suoi primi successi, "We shall dance" ha un dispiego vocale non indifferente e chiude con un delicato coro femminile a suggellare l'unione a due di una danza che in canzone è sempre stato e sempre sarà la metafora di una unione carnale (fateci caso ogni volta che si parla di ballare in una canzone, di tutti i tempi!). Altro successo di Demis presente tra i più venduti si intitola "Fire and ice" e risente maggiormente delle merende con l'etereo Vangelis.

In tredicesima posizione, il fenomeno melodico dell'anno. Ragazzo dalla faccia pulita proveniente dal quartiere Santa Lucia di Napoli, Giovanni Calone si vede attribuire uno pseudonimo che gli possa conferire spessore da artista, e nascondere così le sue umili origini: Massimo Ranieri (superlativo + casata nobile) sarà un autentico fenomeno musicale della prima metà del decennio, in virtù della sua netta affermazione in "Canzonissima" del suo primo smash hit "Vent'anni", (li compie infatti proprio il 3 maggio di quest'anno): canzone d'amore e di… iniziazione, che risente di uno stile magniloquente, ma non privo di fascino e di atmosfera targato Giancarlo Bigazzi, che insieme al suo team formato da Cassella,Polito e dal maestro Antonio "Toto" Savio, firmeranno numerosi successi per numerose voci del nostro panorama. Questa "Vent'anni" è una canzone incentrata più sulle abilità di Ranieri che su un messaggio vero e proprio: infatti ne restano nella memoria i cori di Nora Orlandi e la frase multivocalica del ritornello "IO crEdO chE lAssU'", biglietto da visita dell'interprete napoletano. Più complete nel loro insieme gli altri successi di quest'anno dello stesso Ranieri, "Io e te", dalla partitura sinfonica e la situazione idilliaca, e "L'amore è un attimo" (Disco per l'Estate), straordinaria sintesi di pathos in canzone, applicato a un incipiente gusto musicale dei giovani acquirenti di microsolchi di quel periodo.

Tra i 15 più venduti trova posto infine (n. 14) anche una situazione molto molto leggera, al punto che la si ascolta ancora volentieri, malgrado abbia fatto il suo tempo: a proporla è un quartetto partorito dall'epopea dei figli dei fiori, che si fanno chiamare non a caso come coloro che stanno "in mezzo a una strada". I Middle of the Road ruotano intorno a Annie Chancel, in arte Sheila, cantante francese che nel finire dei '70 si farà largo con la discomusic e le sue produzioni anglofone firmate Nile Rodgers (con i mitici B. Devotion!), mentre in Francia si faceva già notare con situazioni più autarchiche come questa "Les rois mages" ("ti seguirò come i re magi in Galilea seguivano la stella cometa") che sempre dalla sua stessa voce diventa uno scioglilingua ambientato nella notte dei tempi: più facile ad ascoltare che a spiegare questa "Tweedle dee tweedle dum".

Pooh

Mina

George Harrison

tema dal film "Love Story"

Bruno Lauzi

Iva Zanicchi

Lucio Dalla

Iva Zanicchi

Pooh

Michel Laurent

Demis Roussos

Massimo Ranieri

Middle of the Road

Formula Tre

 
 

Album


1. E fu subito Aznavour - Charles Aznavour [#3]

407.000

2. Del mio meglio - Mina [#1]

381.000

3. Anonimo Veneziano - colonna sonora [#1]

293.000

4. Pendulum - Creedence Clearwater Revival [#3]

266.000

5. Emozioni - Lucio Battisti [#1]

260.000

6. Amore e non amore - Lucio Battisti [#1]

215.000

7. Love Story - colonna sonora [#1]

213.000

8. Quando tu mi spiavi in cima a un batticuore... - Mina [#1]

209.000

9. Concerto grosso per i New Trolls - New Trolls [#3]

206.000

10. La buona novella - Fabrizio De Andrè [#2]

205.000

11. Ah! L'amore l'amore quante cose fa fare l'amore! - Ornella Vanoni [#4]

184.000

12. Tarkus - Emerson Lake & Palmer [#1]

163.000

13. Fireball - Deep Purple [#3]

154.000

14. Abraxas - Santana [#4]

152.000

15. Aqualung - Jethro Tull [#2]

148.000

  
Il commento di Mario Bonatti

Nell'anno di grazia 1971, il 33 giri è detto soprattutto, oltre che nella dizione ortodossa di Long Playing, anche "disco grande", un boccone ghiotto per appassionati, insomma. Del resto, il mercato era piuttosto ridotto rispetto a quanto lo sarebbe stato già di lì a cinque - sei anni (probabilmente in virtù delle radio private). Scorrendo la classifica dei singoli, poco meno della metà poteva vantare un album corrispondente nella chart degli album dello stesso periodo, e quasi mai gli album avevano un singolo a rappresentarli nelle medesime posizioni. Anche perché erano molto più ristretti i generi e gli artisti che investivano su questo formato, e di conseguenza anche le major ci pensavano bene prima di produrre dieci o dodici pezzi tutti in una volta. Ecco perché nelle classifiche che ci sono state tramandate (anche queste molto ridotte), troviamo un gruppo molto ridotti di interpreti e di generi: attraverso questi diamo una scorsa alla tabella.

Comanda Charles Aznavour, proveniente dall'industria discografia francese, già avanti come mentalità. Il suo album non fa che tradurre i suoi successi d'oltralpe, grazie alla penna del fido paroliere Calabrese e del gusto "esotico" che colpiva il target dell'acquirente medio di 33 giri, ancora piuttosto adulto. Lo chansonnier di origine armena, è presente anche con l'album "Morir d'amore" (27), oltre all'omaggio rivoltogli dalla nostrana Iva Zanicchi che canta sue canzoni in un album (31). L'album leader racchiude non a caso i suoi pezzi da novanta: dal suo manifesto "L'istrione", al suo quadro crepuscolare "Com'è triste Venezia", fino al trionfo del tradimento e della gelosia, raccontato con maestria e perfidia in "Ed io tra di voi" (in francese con un titolo più significativo: "et moi dans un coin", ed io in un angolo). Secondo posto per Mina, pioniera degli album tra gli interpreti nazionali. Già in quest'anno può permettersi una raccolta "Del mio meglio" (prima di una lunga serie), con i successi pubblicati in precedenti album dei primi anni PDU, compreso il più vicino e dello stesso anno (in ottava posizione) che sceglie come titolo: "Quando tu mi spiavi in cima a un batticuore". L'antologia contiene in facciata A un collage dal vivo che parte con Battisti ("Io vivrò senza te") e chiude con Battisti legando gli applausi con l'inizio di "Io e te da soli", passando per Tenco, Beatles e "La voce del silenzio", nel confronto con Dionne Warwick che la cantò a Sanremo. La facciata B è un concentrato di evergreens, tra cui spicca "Bugiardo e incosciente" di sei minuti e mezzo, scritta da Paolo Limiti e lanciata arditamente come singolo, malgrado il registro confidenziale e la durata: "Io la canto" disse Mina a Limiti "ma venderemo due copie, una la compro io e una la compri tu". L'altro album può dirsi di inediti, anche se non lo saranno ancora in assoluto: la signora Mazzini di questi tempi era solita ricantare pezzi già lanciati (oltre a numerose cover) piuttosto che tenerli a battesimo ex novo, pratica che andrà sviluppando più avanti fino a pareggiare le due scelte artistiche nella ventennale serie di album doppi (metà cover metà nuovi).

In terza posizione ecco una delle numerose colonne sonore, quasi tutte da film: primeggia nel settore "Anonimo veneziano", sotto l'egida di Stelvio Cipriani: segue "Love story" curata da Francis Lai con inserti classici, piuttosto saccheggiati non solo nelle idee per le melodie originali, ma anche presi in toto per dare un tocco di classe in più al prodotto (film o disco che sia, perché non sempre è il primo a subordinare il secondo!). Nelle posizioni più basse ci sono le musiche da "Sacco e Vanzetti" (18), curati da un certo Morricone, "Morte a Venezia" (dal capolavoro letterario di Thomass Mann e cinematografico di Luchino Visconti) (33), interamente classico, anzi romantico (Mahler, Beethoven, Mussorgsky), oltre a "Borsalino" (50) firmato Claude Bolling in piena atmosfera jazz degli anni 30 dove operava il famoso gangster. Dischi di non facile ascolto, in definitiva, ma in grado di fare bella mostra vicino al giradischi di papà. Da segnalare anche "Jesus Christ Superstar" (40), in una versione dissimile da quella che conoscerà una stagione più felice tre anni dopo quando l'opera teatrale diventerà film, e la cui colonna sonora toccherà il primo posto divenendo la versione tramandata ai giorni nostri.

Prima di arrivare a Battisti, la quarta posizione è occupata dal gruppo rock country Creedence Clearwater Revival con "Pendulum" (tra i brani "Hey tonight" e "Have you ever seen the rain?"). Se la musica discendente del western è ben rappresentata con il terzetto di country puro Crosby Still & Nash uniti a filo doppio con Neil Young e l'acustico James Taylor, numerosa è anche la schiera dei gruppi internazionali presenti nelle charts; la maggior parte sono di hard rock e di progressive, genere i cui esponenti "inventeranno" i dischi dal vivo come valido evento discografico, e che poi coinvolgerà con successo anche band italiane (come vedremo). Dunque troviamo, nel genere canonico, i Deep Purple (tredicesimi con il loro disco culto "Fireball"), Ten Years After, gli inossidabili Rolling Stones, l'onnipresente Bob Dylan (ma farà maggior fortuna tra qualche anno), Black Sabbath, i più soft Chicago (storici i loro primi album, tutti intitolati in numeri ordinali), Uriah Heep, Osibisa, Nice, l'eclettico scatenato Frank Zappa, fino a includere anche il progetto Jimi Hendrix Experience, incentrato sulle performance del più grande virtuoso di chitarra mai esistito. Meglio di tutti in termini di presa sul pubblico, saprà fare Santana (quattordicesimo con "Abraxas", dominatore delle charts per l'intero decennio), ma allargando di molto la sua ricerca musicale e rendendola quindi molto meno "rumorosa". Nell'ambito del rock sinfonico svettano su tutti Emerson Lake & Palmer (dodicesimi con "Tarkus"), seguiti dai Jethro Tull (quindicesimi con "Aqualung"); quindi gli ancora emergenti Pink Floyd, prossimo anello di congiunzione con un pop più accessibile ma non meno psichedelico, fino ai Colosseum e ai gruppi italiani, tutti alle prime armi: Le Orme, i napoletani Osanna, la più accessibile Formula Tre, fino al disco evento firmato New Trolls. Il loro "Concerto grosso", musicato da Luis Enrique Bacalov figura in nona posizione ed è un incontro di rara armonia tra le istanze sinfoniche (i quattro movimenti in cui è suddiviso), le architetture vocali delle avanguardie (gli inserti cantati ivi inseriti), le partiture orchestrali, che apparentano il rock agli stilemi di certa musica rinascimentale e barocca (dall'omaggio a Hendrix alla citazione dell'Amleto shakespeariano), fino allo sperimentalismo della musica contemporanea, celebrato nella facciata B intitolata "Nella sala vuota improvvisazioni dei New Trolls registrate in diretta" (anche un certo Battiato ha cominciato nel 1971 così a costruire il suo genio, ma se nessuno si accorse del suo "Fetus", non passerà inosservato il seguente "Pollution" del 1972).

E veniamo a Lucio Battisti, la cui presenza si risolve molto semplicemente nei suoi due album, presenti rispettivamente nelle posizioni quinta e sesta. "Emozioni" raccoglie la maggior parte dei singoli pubblicati fino ad allora con la Ricordi, quale summa dei suoi esordi, che fanno sia da premessa ai suoi percorsi futuri, sviscerati sotto forma di Album, sia da autonomo periodo artistico, ricco di reminescenza r&b, blues, jazz, ed echi epigoni di beat. Tutto questo nei suoi classici per eccellenza che culminano in "Mi ritorni in mente", "Il tempo di morire", la psichedelica "Non è Francesca", la pluridecorata "Acqua azzurra acqua chiara", fino a "Anna" e la stessa "Emozioni", uscite come singoli insieme alla raccolta. Un artista che ha suscitato una mole di consensi tra pubblico e critica, al punto da trovare senza problemi il successo commerciale anche con il suo primo album concettualmente inteso, questo "Amore e non amore", dall'ascolto tutt'altro che facile, di chiara matrice r&b, grezzo nei suoni di chitarra, anarchico nell'impostazione vocale, audace nei temi, sperimentale nella durata dei pezzi, spiazzante nella sua "'scenografia", sia dalla copertina che ritrae una donna senza veli, ai titoli chilometrici dei quattro pezzi strumentali, che affondano nelle avanguardie musicali più colte (una sorta di Luigi Nono sapientemente miscelato con le innovazioni postbeatlesiane d'oltremanica). Tutto questo senza però intaccare la sua popolarità, che poi saprà progredire attraverso soluzioni meno ardite ma non per questo compromissorie, nei successi che conosciamo.

Nel 1971 i cantautori della seconda generazione ancora non erano sulla breccia, se non addirittura nati. Tra quelli della prima, il solo Gino Paoli (presente al n. 46 con un suo album) tiene i contatti con un vasto pubblico. Fabrizio De André è tra i primi a realizzare concept album sin dal 1968: "La buona novella", è dunque una conferma del suo valore, sia culturale (la storia di Gesù e Maria riletta attraverso i vangeli apocrifi), sia musicale (l'orchestrazione di Reverberi e una tavolozza multicolore che alterna atmosfere sacrali a ritmi popolari e talvolta popolareschi). Questo in sintesi l'album capolavoro che sosta nella posizione n. 10 della classifica annuale 1971. Ultima citazione per Ornella Vanoni, undicesima con uno dei primi recital dal vivo tratto dalla sua tournée teatrale e intitolato "Ah l'amore l'amore quante cose fa fare l'amore". La cantate milanese dimostra, oltre a una sana concorrenza artistica con Mina, che anche senza strafare con le apparizioni televisive, che per Mina erano il motore del suo successo, si può tuttavia raggiungere i gusti del pubblico. A questo si aggiunge una scelta del repertorio più orientata verso la moda francese e brasiliana, quindi tendezialmente esotica, come la sua voce calda e sensuale poteva suggerirle, oppure dialettale, come testimonia la riproposizione delle "canzoni della mala" dei suoi esordi teatrali col maestro Strehler. Più immediato invece l'altro album "Appuntamento con Ornella Vanoni", raccolta di successi televisivi e sanremesi. Ma il fenomeno Mina e Ornella è solo una parte della ricca schiera di interpreti presenti nella classifica e sul mercato, la quale andrà scomparendo con il progredire della colonia cantautoriale. Cantautori che naturalmente a volte compaiono tra gli autori dei dischi di questi cantanti: a cominciare da Patty Pravo ("Di vero in fondo" e "Bravo Pravo"), Iva Zanicchi (l'album su Aznavour di cui abbiamo detto), e negli anni seguenti anche Mia Martini. Discorso differente per Gigliola Cinquetti ("Cantando con gli amici") e Gabriella Ferri ("Lassatece passa'"), con un repertorio folk, lombardo-padano per l'una, romanesco per l'altra. Quanto agli interpreti maschili, c'è spazio per Massimo Ranieri, fresco vincitore di Canzonissima, Gianni Morandi, che vanta già il suo settimo album, Peppino Di Capri, che rilegge la tradizione napoletana, la cui musica è sempre foriera di un largo seguito di pubblico, e il messicano José Feliciano, che ha trovato fortuna in Italia con la sanremese "Che sarà" e ne ha colto l'occasione per ricantare i classici internazionali del momento.

La classifica dei più veduti è così definita. A completarne il quadro vanno menzionati alcuni artisti inglesi: a cominciare dagli ex - Beatles, fino a Tom Jones, i Moody Blues, il principe del soul James Brown, Steve Winwood, Rod Stewart, i Grand Funk Railroad e il gruppo pop T.Rex. Altro fenomeno in crescita, quello dei session men, con album interamente strumentali, che accontentavano chi cercava solo le melodie da fischiettare piuttosto dei dischi originali. Nel 1971 fanno la loro apparizione Santo & Johnny e Fausto Papetti (che conoscerà le prime posizioni di qui a qualche anno). Al n. 49 appaiono per la prima volta i Pooh con "Opera prima" (anche se non è il loro primo disco!): album crocevia tra il beat e la loro melodia che costituirà il loro marchio di fabbrica, da riscoprire. Detto anche di un disco di musica classica (un concerto di Paganini, ovviamente per violino), segnaliamo anche quattro compilation, lontane anni luce da quelle modernamente intese che fecero la loro prepotente apparizione nella prima età degli anni 80. Ben lungi dal mischiare artisti di diverse case discografiche, le raccolte presenti in quest'annata sono: lo Zecchino d'Oro (raccolta di nome ma non di fatto), "Sanremo 1971" (con metà dei brani originali e metà no, per le questioni legate appunto alle case di appartenenza), e due dischi evento "on stage", legati all'Atlanta pop festival e a Woodstock.

Una classifica quindi molto composita, in grado di definire un panorma musicale ancora variegato, ma di qualità, in quanto un Long Playing di quei tempi era ancora sinonimo di qualità, o quanto meno di "prima scelta" all'interno del singolo genere che rappresentava.

Charles Aznavour

   

Mina

colonna sonora del film "Anonimo Veneziano"

Creedence Clearwater Revival 

Lucio Battisti 

Lucio Battisti

colonna sonora del film "Love story"

Mina

New Trolls

Fabrizio De Andrè

Ornella Vanoni

Emerson Lake & Palmer

Deep Purple

Santana

Jethro Tull