Negazionismo argentino
Il falco nero della chiesa lefebvriana

Horacio Verbitsky, "il manifesto", 22 febbraio 2009


La vicenda del vescovo Williamson, che nega l'esistenza delle camere a gas e minimizza le cifre dell'Olocausto, mette in luce anche il ruolo della chiesa cattolica locale nelle peggiori nefandezze della dittatura
Williamson nasce in Gran Bretagna e da pastore anglicano si converte al cattolicesimo. Dopo il Concilio segue la corrente guidata dall'arcivescovo francese Marcel Lefébvre, che lo ordina vescovo nel 1989. Dirige il seminario della Fraternità San Pio X, di Winona, negli Stati Uniti, e nel 2004 giunge in Argentina, dove ottiene un visto per personale di servizio e amministrativo dell'Associazione Civile «La Tradición» - fondata dal sacerdote francese Hervé Le Lay - per radicarsi nel paese, tenere seminari, corsi culturali e docenze di Letteratura di Oxford. È così che occulta il vero motivo della sua presenza nel paese. Lefébvre stringe profonda amicizia con la Chiesa Cattolica argentina durante il Concilio Vaticano II; la sua obiezione alle riforme conciliari si riassume nello schema della libertà religiosa Dignitatis Humanae e nella Dichiarazione Nostra Aetate: la prima sgretola il pilastro centrale dell'intolleranza cattolica, il concetto per cui non c'è spazio per l'errore, ovvero per le altre confessioni; la seconda condanna, in quanto contraria allo spirito di Cristo, ogni discriminazione dovuta a motivi di razza, di colore, di status o di religione, e rifiuta la messa nelle varie lingue nazionali, con il sacerdote rivolto verso il popolo.
L'ostinazione di Lefébvre trova risonanza nel conservatore vescovado argentino, presieduto allora dal cardinale Antonio Caggiano. Lo stesso Lefébvre disse che Caggiano e due cardinali italiani lo appoggiavano, ma non lo manifestavano apertamente perché temevano di «perdere le loro posizioni che potevano essergli utili più in là». Caggiano, che inoltre era vicario generale castrense, favorisce la penetrazione dei lefébvriani nelle fila delle Forze Armate, dove il discorso tradizionalista e antimoderno prevaleva dai primi decenni del secolo XX ed avrà un peso decisivo nei successivi colpi di Stato. Organizzazioni vincolate al lefébvrismo, come Ciudad Católica, istruiscono gli ufficiali delle Forze Armate alla dottrina della guerra controrivoluzionaria, che distorce dei passi di San Tommaso per autorizzare sequestri, torture ed esecuzioni clandestine. Quando Caggiano lascia la guida dell'episcopato e del vicariato castrense, è rimpiazzato in entrambe le cariche dall'arcivescovo di Paraná, Adolfo Servando Tortolo, che, come lui, condivideva le posizioni di Lefébvre.
Così, nel quarto di secolo che va dalla caduta di Perón nel 1955, fino alla fine dell'ultima dittatura, il lefebvrismo è la forza egemone nel forgiare la condotta e i valori militari argentini. Nel 1976, dopo una messa a Lille, in Francia, Lefébvre propone come esempio alla dittatura argentina «un governo d'ordine, con dei principi» e con cui «si risollevi l'economia». L'anno dopo, in visita a Buenos Aires, incontra per la prima volta il dittatore Jorge Rafael Videla. Quelle visite si ripetono negli anni e Lefébvre decide che l'Argentina è il paese ideale per insediare la sua organizzazione; oltre ai contributi di imprenditori locali legati alla Chiesa, la Fraternidad riceve aiuti internazionali. Secondo alcuni vescovi cattolici, uno dei donatori è l'attore Mel Gibson che firmò una versione antisemita della passione di Cristo. Quando la salute gli viene meno Lefébvre decide di disobbedire alle raccomandazioni di Giovanni Paolo II e ordina quattro vescovi affinché la Fraternidad non si estingua; uno di loro è Williamson, un altro l'argentino Adolfo de Galarreta; Wojtyla scomunica Lefébvre e i suoi quattro successori. Nel 1981, a Tortolo agonizzante, Lefébvre dice che «per la sua fedeltà al rito tradizionale» non era potuto diventare né cardinale né alto prelato d'Argentina.
Negli ultimi anni del papato di Giovanni Paolo II, il cardinale Joseph Ratzinger tesse relazioni per reintegrare la loggia integralista alla piena comunione con la Chiesa. Questi contatti, attivi già dalla sua elezione a pontefice, rimangono in eredità al cardinale Darío Castrillón, responsabile della commissione Ecclesia Dei. Il perdono è preceduto da una lunga serie di chiari segni di un ritorno del Vaticano al tradizionalismo. Nel giugno del 2007, Benedetto XVI approva il documento della Congregazione per la dottrina della Fede con risposte a domande varie su alcuni aspetti della dottrina sulla Chiesa. Di fronte a «interpretazioni erronee», reinterpreta la costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II e indica come unica Chiesa di Cristo la Cattolica Apostolica Romana. Il 7 luglio 2007 reimpianta con il motu proprio Summorum Pontificum l'antica messa in latino, e con questa la supplica per la conversione degli ebrei istituita con il Concilio di Trento nel 1570. Ogni venerdì santo si pregava «per i perfidi ebrei affinché Dio tolga il velo dai loro cuori ed essi riconoscano con noi Gesù Cristo Nostro Signore». Nel 1962 Giovanni XXIII sopprime questa preghiera perché offensiva e perché fomentava l'odio e le persecuzioni antisemite. Per mandato del Concilio Paolo VI approva, nel 1969 un nuovo messale in cui si pregava Dio affinché «il popolo della prima alleanza arrivi ad ottenere la pienezza della redenzione». Benedetto XVI restaura la preghiera tridentina escludendo solo il riferimento alla perfidia degli ebrei.
Il perdono ai lefebvriani arriva in un momento carico di simbolismo: nel giorno in cui si commemora l'Olocausto e si celebrano i 50 anni del Concilio Vaticano II. Tutto sembra indicare che Ratzinger non sia consapevole che Williamson tornava a negare, per l'ennesima volta l'Olocausto. La stessa Fraternità San Pio X chiede a Williamson di ritrattare la dichiarazione, ma il vescovo si limita a chiedere perdono al Vaticano per il disturbo arrecato.

Traduzione di Valentina Manacorda