Il pensiero è debole, ma la faccia è di bronzo
Recensione del libro di Gianni Vattimo "Dopo la cristianità. Per un cristianesimo non religioso", Garzanti, Milano 2003, pp. 148, euro 13.00

di Maria Turchetto, "Il Vernacoliere", dicembre 2003

Gianni Vattimo è professore di filosofia teoretica all'Università di Torino. Non si limita a insegnare filosofia, la produce in proprio - anzi, "è tra i più noti filosofi italiani", come si legge nel risvolto di copertina di questo libro. Vero: è il famoso inventore del pensiero debole, ossia della teoria secondo cui "nella Babele del pluralismo tardo moderno e della fine delle metanarrazioni si moltiplicano i racconti senza centro e senza gerarchia" (p. 20). Non fatevi intimidire dal linguaggio paludato (i filosofi sono parolai tremendi): significa semplicemente tutto fa brodo. Ognuno dice la sua e amici come prima. Svagellamento libero.
Sul piano teoretico è una posizione coraggiosa, difficile da sostenere in quanto priva di senso. Direi che è anche difficile da praticare sul piano professionale: cosa chiederà Vattimo agli studenti che esamina? "Dica una cazzata qualsiasi, con parole sue". Fatto sta che Vattimo ha cambiato mestiere ed è diventato europarlamentare. Questo spiega alcune significative evoluzioni del suo (continuiamo a chiamarlo così) pensiero.
Fare l'europarlamentare è una pacchia: non si fa un tubo e si becca un sacco di soldi. Il Parlamento europeo non conta nulla, i giornali ci ricordano che esiste una volta ogni cinque anni, quando ci sono le elezioni europee, poi nessuno ne parla più. Per questo vengono candidati personaggi stravaganti e sostanzialmente "ornamentali": stilisti, attori, o filosofi come il nostro Vattimo. Il quale, nello svolgimento della dorata sinecura, si è evidentemente impigrito. Da debole, il suo pensiero è diventato debolissimo, addirittura molle. E dolce, per di più: "amicizia, amore, devozione, pietas" (p. 12) - non più semplicemente tolleranza, come nelle prime opere - sono le nuove parole d'ordine della filosofia vattimiana. Non è più un pensiero, è un budino. State a sentire: "Dio è morto, scrive Nietzsche, perché i suoi fedeli [...] alla fine hanno scoperto che Dio stesso è una bugia superflua. Ma questo, alla luce della nostra esperienza postmoderna, vuol dire: [...] per ciò stesso è di nuovo possibile credere in Dio" (p. 9). Non c'è nesso logico, direte voi. Certo che non c'è nesso logico, è pensiero debole, lo avete dimenticato? E proprio qui sta il punto: se non ci sono nessi logici, non si può pensare; e se non si può pensare, cosa si può fare? semplice, si può credere, come ci hanno sempre suggerito i preti, o ancora più debolmente si può "credere di credere" (p. 5), come suggerisce Vattimo che, essendo un filosofo, ama giocare con le parole.
Ma credere in che cosa? Ahimé, qui il filosofo cede il posto all'europarlamentare: un europarlamentare che probabilmente dovrà pronunciarsi sulla bozza della Costituzione europea e a cui probabilmente è stato chiesto di non incaponirsi troppo sulla laicità, di fare al Vaticano quel piacerino, di ricordare le "radici ebraico-cristiane" dell'Europa. E allora ecco qua: la società è multietnica, "le culture altre che hanno preso la parola nelle società occidentali hanno portato con sé anche le loro teologie e le loro credenze religiose" (p. 21), dunque le religioni sono tante, ma quando si tratta di credere non è più vero che tutto fa brodo: il vero buon brodo (come diceva un vecchio Carosello) è quello ebraico-cristiano, meglio cristiano ("la cristianità ossia l'Europa", come dice Novalis, p. 75), meglio ancora cattolico (perché, come dice ancora Novalis, la rigidità della lettera della Bibbia introdotta da Lutero "annulla la sensibilità religiosa", cfr. p. 37, cioè limita il libero svagellamento cui Vattimo pur sempre tiene). Contento, signor papa?
E si può fare ancora di meglio, per confondere i sostenitori della laicità: "lo spazio laico in cui la religione ha cessato di essere conflittuale si è realizzato nell'Occidente moderno entro un più ampio [...] spazio religioso di origine cristiana, o ebraico-cristiana", cioè, in parole povere, la laicità europea è cristiana - diciamolo pure, tanto il principio di non contraddizione non è mica operativo nel sistema del pensiero molle. Del resto i politici ci hanno ben abituati a chiamare "operazioni di pace" le azioni di guerra, volete che un filosofo come Vattimo sia da meno? Forza! La guerra è pace! La schiavitù è libertà! La laicità è confessionale! Il cristianesimo non è religioso! Bravo, questa è la filosofia che va bene per la politica! Trasformismo! Voltagabbana! Nonsenso allo stato puro! Cosa aspettano a rinnovargli il mandato?
Macché. Sembra invece che i Democratici di Sinistra - "un partito pre-stalinista o paleo-centralista", come lo definisce Vattimo sull'Unità del 26/11/2003, dunque poco sensibile al fascino del postmodernismo spinto - vogliano mandarlo a casa. Apriti cielo, Vattimo l'ha presa proprio male. Urli e berci, altro che "amicizia, amore, devozione, pietas". Insulti alla povera Mercedes Bresso, sua probabile sostituta al seggio europeo, altro che carità cristiana. Scomposte esibizioni di narcisismo, altro che le lezioni di umiltà di Gioacchino da Fiore (cfr. p. 29 e ss.). Insomma, il pensiero sarà anche debole, ma la faccia è di bronzo, e il culo ben attaccato alla poltrona, con la colla forte.