Traiettorie oscure. Tre domande sulla morte di Carlo Giuliani

da "Umanità Nova" n. 27 del 1 settembre 2002

La verità è in un pozzo (Democrito)

A distanza di oltre un anno, le dinamiche dell'uccisione di Carlo Giuliani rimangono confuse ed anzi, secondo un classico copione italico, col passare del tempo la verità ufficiale appare allontanarsi sotto un fuoco di fila di ipotesi fantasiose, depistaggi di Stato e manovre difensive.
In molti - e noi tra questi - per mesi si sono chiesti quanto fosse credibile la versione secondo la quale un atterrito carabiniere di leva ventenne avrebbe sparato per legittima difesa e tale interrogativo diventa sempre più fondato e documentato, grazie anche al lavoro svolto da numerosi compagni su diversi siti e testate, oltre che dalle sempre più evidenti incongruenze delle ricostruzioni ufficiali.
Da parte nostra, vogliamo solo sottolineare alcune questioni.
Primo punto. Chi ha colpito Carlo non era certo un novellino né tanto meno poteva essere in preda al panico come racconta Placanica. Colpire un bersaglio piccolo e per di più in movimento come la testa di Carlo, a circa 3 metri e mezzo di distanza, è tutt'altro che cosa semplice; se poi si considerano anche i movimenti del Defender, il lancio di oggetti e l'animazione dentro e fuori l'abitacolo, viene proprio da dubitare che si sia trattato solo di un colpo sparato a casaccio e disgraziatamente andato a segno: troppa micidiale precisione per una pallottola vagante.
Secondo punto. Come è noto il proiettile che ha ucciso Carlo non è stato mai rinvenuto, per cui sul suo calibro si possono fare solo alcune considerazioni.
Sul luogo dell'omicidio sono stati ritrovati due bossoli cal. 9 Parabellum, uno all'interno del Defender ed uno a terra; secondo le prime perizie tecniche risultavano esplosi da armi diverse e soltanto, in un secondo momento, è risultata la loro "compatibilità"; ma oltre a questa evidente contraddizione, inizialmente dopo l'esame sul corpo di Carlo erano stati espressi considerevoli dubbi sul fatto che potesse essere stato colpito da un cal. 9 parabellum, ossia da un proiettile esploso dalle Beretta d'ordinanza in dotazione ai Carabinieri.
Tale mistero è accresciuto dal fatto che, non solo in Piazza Alimonda tra i veri reperti non è stato rinvenuto il proiettile che ha ucciso Carlo, ma risulta scomparso anche un pezzo metallico rilevato dalla Tac encefalica effettuata sul corpo di Giuliani appena dopo il suo trasporto presso l'ospedale Galliera di Genova. Come denunciato dall'avvocato Pisapia (vedi intervista su Liberazione del 18 luglio 2002) "nell'autopsia che viene disposta immediatamente dal pubblico ministero e che viene consegnata con ritardo inconcepibile, dopo oltre quattro mesi e dopo numerosi solleciti formali e informali del pm, il pezzo di ferro non risulta".
Pur senza possedere grandi cognizioni balistiche, ma guardando le foto tragiche che tutti conosciamo l'effetto relativamente devastante sul volto del povero Carlo viene da pensare ad un calibro inferiore (cal. 22 lungo?). Inoltre, il foro d'uscita di un cal. 9, avrebbe determinato conseguenze ancor più distruttive. Tale argomentazione, è macabra ma anche questo aspetto andrebbe verificato da chi ne ha la possibilità. Se infatti il misterioso quarto uomo sul Defender intravisto da più testimoni, fosse stato un agente speciale, con licenza e magari ordine di uccidere, forse avrebbe avuto un'arma diversa (e maggiormente precisa) rispetto alla Beretta d'ordinanza.
Terzo punto. Placanica ha comunque sparato e solo partendo da questo presupposto, si può capire come è stato possibile "incastrarlo", al punto da essersi addossato subito dopo il fatto ogni responsabilità, mentre adesso si registrano da parte sua ritrattazioni, nomine di nuovi avvocati e dubbi che somigliano ad "avvertimenti" nei confronti di chi doveva coprirlo: "Un anno dopo non mi rendo conto se sono stato io, perché io ho sparato in aria. Non ho sparato contro persone. Davanti a me non c'era nessuno, non c'era Carlo Giuliani. Spero che si farà luce su questa questione" (Corriere Mercantile / Corriere della Sera, 20 luglio 2002); "Adesso posso solo confermare di avere sparato in aria. Sono sicuro di questo. Però, secondo me, c'è un mistero: tutte quelle pietre che deviano proiettili, non si capisce niente" (Liberazione, 21 luglio 2002).
Il fatto che sia proprio lui ad affermarlo è quantomeno emblematico.
Ulteriori recentissime dichiarazioni rafforzano i nostri sospetti: "...Ero frastornato e non vorrei che qualcuno oltre a me abbia sparato (…) Nella posizione in cui mi trovavo, semidisteso nell'auto, potevo sparare solo verso l'alto. La mia mano con la pistola era al di dentro dell'auto, ne sono certo, e non fuori come appare in qualche strana immagine" (la Repubblica, 23 agosto 2002).
Inevitabile cercare ancora di conoscere cosa è realmente accaduto, dato che il corpo di Carlo sull'asfalto rimane l'unico dato di fatto certo e incancellabile.