L'Iraq e il nucleare

di Ornella Sangiovanni, "Notizie da "Un ponte per..."", n. 17, settembre 2002

In questi giorni molto è stato scritto sul nucleare iracheno. Su quasi tutti i giornali sono comparsi titoli allarmistici sul fatto che l’Iraq sarebbe a un passo dall’atomica e su come questo costituisca una minaccia di portata mondiale. Riteniamo utile in proposito ricostruire innanzitutto l’origine delle notizie (distorte) di questi giorni e poi puntualizzare alcuni fatti sulla questione dell’Iraq e del nucleare.

Come è nato l’allarme

Venerdì 5 settembre sul New York Times esce un articolo in cui si dice che alcune immagini riprese dal satellite in possesso dell’IAEA (l’Agenzia internazionale per l’Energia Atomica, un organismo dell’Onu) mostrerebbero che l’Iraq sta ricostruendo siti nucleari. La sera stessa la IAEA diffonde un comunicato stampa in cui dice di non avere nuove informazioni sul programma nucleare iracheno dal dicembre 1998, data in cui gli ispettori lasciarono l’Iraq. Il giorno dopo, sabato 7 settembre, poco prima di iniziare il loro incontro a Camp David, il presidente americano Bush e il Premier britannico Blair, fanno entrambi riferimento alle foto citate e a un rapporto dell’IAEA "uscito venerdì" [5 settembre NdR], nel quale l’agenzia affermerebbe di aver identificato nuove costruzioni in diversi siti collegati in passato allo sviluppo di armi nucleari da parte di Baghdad.
Essi citano inoltre un rapporto IAEA del 1998, secondo il quale Saddam Hussein sarebbe a sei mesi dallo sviluppo dell’atomica. "Non so di che altre prove ci sia bisogno", dichiara Bush. "Basta guardare il rapporto dell’agenzia internazionale dell’Energia Atomica, che mostra quello che sta succedendo negli ex siti di armamenti nucleari per capire che la politica dell’inerzia non è una politica a cui possiamo responsabilmente aderire", gli fa eco Blair. Queste affermazioni vengono riportate con enorme rilievo su tutta la stampa internazionale, ma quella italiana, come spesso accade, è particolarmente zelante ma molto meno accurata. Già sabato sera infatti l’esistenza di un "nuovo rapporto" della IAEA (diverso, cioè, da quello del 1998) è stata smentita, e ila smentita è riportata dai grandi mass-media. Sia la CNN che la NBC e MSNBC riferiscono che non esiste
nessun nuovo rapporto della IAEA, citando anche le parole del suo portavoce, Mark Gwozdecky: "Non c’è nessun rapporto.
Bush e Blair stanno dando credito a un articolo del New York Times di ieri che non ci ha proprio preso. Ieri sera abbiamo
diffuso un comunicato stampa che dice che non ci sono nuove informazioni su alcuna attività nucleare irachena, e che finché
gli ispettori non torneranno sul terreno non potremo trarre alcuna conclusione sul fatto che l’Iraq sia o meno in ottemperanza con le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza rispetto alle attività nucleari." (CNN, Bush, Blair make case against Iraq – Confusion over Iraqi nuke report, 7 September 2002). Le foto a cui si riferisce il New York Times, precisa Gwozdecky, sono
immagini satellitari commerciali che l’agenzia dell’Onu ha da oltre due anni. Quanto al rapporto del 1998 citato, esso non dice affatto che Saddam sarebbe a sei mesi dall’atomica, spiega Robert Windrem di NBC News. Quello che la IAEA diceva nel 1998, è che l’Iraq era arrivato a essere dai sei ai 24 mesi da tale capacità nel 1991, prima della guerra del Golfo e delle ispezioni dell’Onu che seguirono. In un riassunto del suo rapporto del 1998 – è sempre Windrem a precisarlo – la IAEA dice che "sulla base di tutte le informazioni credibili a oggi … la IAEA non ha scoperto indizi che l’lraq abbia raggiunto gli obiettivi del suo programma di produrre armi nucleari o che abbia mantenuto una capacità fisica di produrre materiale nucleare
per armamenti o abbia ottenuto clandestinamente questo materiale." Potrebbe bastare, ma c’è di più. Perfino un alto funzionario della Casa Bianca è costretto a riconoscere che il rapporto del 1998 non traeva le conclusioni citate da Bush e da Blair.
"Quel che è successo è che ci siamo fatti delle nostre conclusioni sulla base di quel rapporto", dichiara il funzionario a Norah O’Donnell di NBC News. Ecco quindi che già sabato 7 settembre la versione corretta dei fatti era disponibile per chiunque avesse voluto darsi la pena di fare una semplice verifica. Non è stato questo il caso della gran parte dei giornalisti italiani.
 
Lo stato della questione

Ma come stanno attualmente le cose sul nucleare iracheno? Innanzitutto occorre premettere che il dossier del nucleare è, fra quelli relativi alle armi di distruzione di massa in possesso dell’Iraq, quello in fase più avanzata di conclusione. Più di una volta la IAEA è stata sul punto di dichiarare ufficialmente chiuso il file nucleare, ma è sempre stata bloccata dal Consiglio di Sicurezza.
Riportiamo di seguito alcune note utili.
Secondo l’ex ispettore capo dell’UNSCOM Scott Ritter, la "massiccia infrastruttura" del programma nucleare iracheno "era
stata eliminata entro il 1995" dall’IAEA. "Al Athir, l’impianto per la produzione di armamenti nucleari era stato distrutto —fatto saltare in aria sotto la supervisione dell’IAEA — e tutti i principali impianti relativi al programma nucleare iracheno erano stati
o smantellati o sottoposti a una delle forme più rigorose di monitoraggio continuato e di ispezioni di verifica mai attuate in base a
un accordo sul disarmo. Al 1996, l’IAEA aveva creato un regime di ispezione basato sul monitoraggio che forniva una assoluta certezza del fatto che l’Iraq non sarebbe stato in grado di ricostituire i suoi programmi di armamenti nucleari a meno di non procurarsi un’arma nucleare completa all’estero. (…)Non sono state fornite prove di alcun tentativo da parte dell’Iraq di procurarsi un’ arma nucleare o componenti relativi importanti dal 1991 (L’Iraq ha tentato di procurarsi degli articoli a "duplice uso", alimentando ipotesi sulle sue intenzioni, ma tutti questi articoli erano di scarsa importanza e non avrebbero avuto alcun impatto significativo sulla creazione di un programma nucleare vero e proprio). Inoltre, data l’alta qualità dell’approccio della
IAEA al monitoraggio in Iraq, qualunque articolo di questo tipo, se non rilevato immediatamente dagli ispettori della IAEA, avrebbe dovuto essere nascosto dagli iracheni in un modo che ne avrebbe precluso loro l’utilizzo in qualunque attività di riarmo coperta, perché qualsiasi tentativo di riarmo sarebbe stato scoperto dalle ispezioni di monitoraggio. … E’ plausibile che l’Iraq possa aver mantenuto alcuni componenti di un congegno nucleare. Tuttavia, di questo non ci sono prove credibili, e anche se questo materiale fosse stato conservato, esso non sarebbe di alcuna utilità per l’Iraq, data la portata dello smantellamento del programma nucleare iracheno da parte dell'IAEA. Il modo migliore per garantire che l’Iraq non ricostituisca il suo programma di armamenti nucleari è far rientrare gli ispettori in Iraq, dove potranno riprendere il loro compito di monitorare l’ottemperanza
irachena." (Fonte: Scott Ritter, The Case for Iraq’s Qualitative Disarmament, Arms Control Today, June 2000)
Nel 1998 la IAEA affermava: "Le attività di verifica non hanno rivelato indizi del fatto che l’Iraq abbia conseguito l’obiettivo di
programma di produrre armamenti nucleari o del fatto che l’Iraq abbia prodotto più di pochi grammi di materiale nucleare
utilizzabile per armamenti o che si sia procurato clandestinamente questo materiale." (Rapporto IAEA 1998. Citato anche sul Guardian, 5 settembre 2002).
"Non si sono indicazioni che in Iraq rimanga una qualunque capacità di produzione di quantità di materiale nucleare
utilizzabile per armamenti di un qualche significato pratico". (Fonte: IAEA, Iraq Action Team, Scheda informativa sul programma nucleare iracheno. http://www.iaea.org/worldatom/Programmes/ActionTeam/nwp2.html)
Recentemente (28 agosto 2002) l’ex ispettore dell’UNSCOM, Scott Ritter, ha dichiarato: "Dellle quattro categorie [di armi di distruzione di massa NdR], il nucleare è quella che è stata più completamente sradicata; Due sono gli aspetti del programma, la costruzione delle armi e l’arricchimento [dell’uranio [NdR]. L’arricchimento è sradicato al 100%. Abbiamo distrutto gli impianti. Abbiamo distrutto i mezzi di produzione. E, di tutti gli aspetti delle armi di distruzione di massa, questo è quello più
difficile da ricostituire. Richiederebbe una grande ricostituzione di tecnologia, gran parte della quale è tecnologia controllata, molto difficile da ottenere anche nelle circostanze più favorevoli, in particolare non facile quando si hanno sanzioni economiche e l’apparato di intelligence di tutto il mondo che ti guarda. E poi bisognerebbe ricostruire gli impianti, il che, di nuovo, è facilmente individuabile, non è qualcosa che si possa fare sottoterra o in uno scantinato o in una caverna. E, di nuovo, senza alcun dato o fatto che mostrino che l’Iraq lo ha fatto, non c’è bisogno di preoccuparsi dell’arricchimento. Questo significa che se l’Iraq deve avere un’arma [nucleare NdR], deve acquisire il materiale fissile, l’uranio altamente arricchito o il plutonio,
da una fonte esterna. E, al contrario di quanto comunemente si crede, non c’è fuori un mercato praticabile per l’uranio altamente arricchito. Non è sul mercato. Non ci sono venditori là fuori. Non è qualcosa di prontamente disponibile. L’Iraq ha un progetto per armamenti. Hanno risolto il problema di progettare e costruire un ordigno e credo che sia possibile che l’Iraq oggi lo costruisca usando capacità locali. Ma quel congegno senza l’uranio altamente arricchito o il plutonio è solo una
bomba altamente esplosiva molto costosa. Non è un’arma nucleare. Quindi, di nuovo, non sono troppo preoccupato del programma nucleare iracheno." (Fonte: "Iraq, What’s the Threat?", Intervista con NPR-National Public Radio, 28 agosto 2002)