Una finanziaria d'assalto

Toni Iero, "Cenerentola" N. 87, gennaio 2007

Con la definitiva approvazione da parte del Parlamento, la manovra finanziaria è diventata legge dello Stato. Peccato. Ci mancherà un po’ il clima che l’ha accompagnata, un mix tra sceneggiata napoletana e “reality” televisivo. Protagonisti: un governo che proponeva, a giorni alterni, tutto e il contrario di tutto e una maggioranza parlamentare pervasa dagli psicodrammi di comunisti che toglievano denaro ai lavoratori per darlo ai padroni e di pacifisti che votavano per l’aumento delle spese militari. Speriamo che la Rai abbia programmato un nuovo spettacolo di intrattenimento che riempia il vuoto lasciato dalla fine dell’iter della manovra di bilancio.
Il provvedimento del governo Prodi è un insieme di numerose misure. Analizzarlo nel dettaglio richiederebbe ben altri spazi che non l’esiguo numero di pagine di Cenerentola. Non ci proverò neanche.
Mi interessa, invece, cercare di enucleare il senso generale di questa manovra.
Secondo i calcoli del governo, la finanziaria del 2007 dovrebbe muovere circa 34 miliardi di euro. Le entrate dello Stato crescerebbero di 24 miliardi e le sue uscite diminuirebbero di 10 miliardi. Quali sono le destinazioni di questa enorme quantità di denaro? Il piano prevede di utilizzare circa 15 miliardi per abbattere il deficit di bilancio dello Stato nel 2007. In questo modo l’Italia tornerebbe a rispettare i parametri di Maastricht, facendo rientrare l’incidenza del deficit pubblico sul prodotto interno lordo sotto la soglia del 3%. Tale intervento era, in certa misura, “dovuto”. Era quello che il resto dell’Europa chiedeva all’Italia dopo cinque anni di allegri governi della Casa delle (loro) Libertà. D’altra parte, va ricordato, il nostro paese aveva sottoscritto l’impegno di rispettare i cosiddetti parametri di stabilità.
Però i conti ancora non tornano. Il governo si ritroverà con 34 miliardi in più e afferma di migliorare il suo bilancio di 15 miliardi. E gli altri 19 (la maggior parte) che fine fanno? Ci viene in soccorso la Banca d’Italia che, dopo aver studiato i provvedimenti contenuti nella finanziaria, ci spiega che, nel 2007, lo Stato intende destinare 5 miliardi per ridurre alcune entrate e altri 14 miliardi per aumentare le spese.
Provo a sintetizzare: il governo Prodi incassa 34 miliardi in più. Se ne tiene 15 per sé e gli altri 19 li distribuisce agli Italiani. Siamo quindi di fronte ad una manovra finanziaria con un impianto fortemente redistributivo. Ma a chi andranno questi soldi?
Su questo punto ci aiuta Prometeia, l’istituto bolognese di previsioni economiche vicino all’attuale area governativa. Secondo tale autorevole fonte, nel corso del 2007, gli effetti della finanziaria sul reddito disponibile delle famiglie determineranno una riduzione di 3,6 miliardi di euro, mentre le imprese beneficeranno di trasferimenti per un miliardo di euro. La manovra che il governo ha varato, in pratica, sposta il reddito dalle tasche delle famiglie a quelle delle imprese. È purtroppo ovvio chi pagherà, i soliti: lavoratori dipendenti, proprietari di auto vecchie, cittadini che si rivolgono al servizio sanitario nazionale. Questo flusso di denaro finirà, in buona parte, nei conti economici delle aziende, aumentandone i profitti. Beh, è proprio una bella trovata! Ci voleva un governo di centro sinistra (al cui interno hanno un peso rilevante post comunisti, comunisti italiani,  rifondatori comunisti ed ecologisti) per studiare e realizzare una manovra di questo genere?
D’altra parte, anche alla luce della sua formazione politica ed accademica, è verosimile pensare che Prodi abbia in mente un programma a medio termine. Il suo piano sarebbe, in sostanza, un intervento keynesiano. Lo Stato incorpora risorse (34 miliardi nel 2007) che solo in parte usa per risanare i suoi conti (15 miliardi). Con il resto del denaro a disposizione (19 miliardi nel 2007) si avvia una politica di rilancio dell’intervento pubblico destinato   a sostenere   le imprese italiane. Almeno fino a quando non riparte la congiuntura mondiale.
Fin qui niente di nuovo. È dagli anni ’30 del secolo scorso che, quando sorgono problemi economici, i governi intervengono per aiutare la congiuntura. È inoltre prevedibile che, nel momento in cui si manifesterà una significativa ripresa, lo Stato faccia marcia indietro riducendo la sua presenza.
Sorge però un dubbio: quali saranno i settori di intervento pubblico? Le infrastrutture (strade, ponti, gallerie, etc.)? Non è detto, i Verdi (al governo) e altri (vedi Val Susa) potrebbero frapporre ostacoli. Le attività produttive, magari quelle tecnologicamente avanzate? Difficile, l’Unione Europea non accetterebbe il ritorno dello Stato imprenditore. La spesa sociale? No, è proprio quella che vogliono tagliare: la finanziaria prevede, per il 2007, una spesa sanitaria uguale a quella del 2006, mentre per la prossima primavera è previsto un ulteriore intervento per ridurre le prestazioni pensionistiche.
Ma allora dove potrebbe essere impiegata la maggior parte di queste risorse? Rimane aperto un campo su cui la macchina propagandistica sta lavorando già da molto tempo, un terreno su cui è difficile opporsi: la spesa militare. Le prove generali le abbiamo già viste. I nostri soldati sono stati ritirati dall’Iraq, ma solo per essere dispiegati immediatamente in Libano. Naturalmente, sotto l’egida della bandiera dell’Onu. Da questo punto di vista, l’uso di tale vessillo rischia di essere la principale differenza tra governi di centro destra e governi di centro sinistra.
Ma è proprio qui che sta la buona notizia! Finalmente lo Stato torna ad intervenire efficacemente nell’economia, costruendo occupazione e benessere grazie agli investimenti nell’esercito. Poi, come è ovvio, occorrerà utilizzare tali spese, anche se solo per nobili cause. Gli Italiani dovranno ringraziare i nostri previdenti governi se nei prossimi anni avranno qualche soldo in più in tasca. E, anche se questo non dovesse avvenire, se cioè non ci fosse un aumento di reddito per i lavoratori, volete mettere il beneficio che ne trarrà l’orgoglio nazionale nel vedere il tricolore sventolare sui principali campi di battaglia di tutto il mondo? E che dire del prestigio internazionale del nostro paese? Altro che campionato mondiale di calcio! Il primo ministro israeliano ha già espresso gradimento per una eventuale presenza militare italiana a Gaza (“visto che ci tengono tanto, se la vedano loro con gli islamici di Hamas”, deve aver pensato). E poi il mondo è pieno di conflitti piccoli e grandi che abbisognano di missioni umanitarie …
Restano, come piccoli granelli di sabbia in un oceano, alcune sconclusionate domande: perché i soldi dei contribuenti devono essere sperperati in avventure militariste? Perché i cittadini italiani devono essere coinvolti in guerre che non potranno che peggiorare la loro sicurezza? Dove sono finiti i pacifisti “senza se e senza ma”? Vogliamo davvero che i nostri politici ci trattino come dei soldatini con cui fare i loro giochi?
Ma, si sa, sono i soliti dubbi di chi non ha la capacità di comprendere gli innegabili vantaggi che la partecipazione (con intenti pacifici, naturalmente) ai conflitti militari genera. Non ci si può far fermare da vacui pregiudizi.