Ci sono dei momenti in cui un paese sta in
sospeso attendendo un evento che potrebbe cambiare il
corso della sua storia. Immagino che così si sentissero
i romani dopo l'uccisione di Cesare e prima del discorso
di Antonio, o più modestamente gli italiani dopo che la
radio nel 1943 aveva sobriamente annunciato che il
Cavalier Benito Mussolini era stato sollevato dal suo
incarico e il governo era stato assegnato al maresciallo
Badoglio. In base all'esperienza personale, e alle
almeno due pagine complete che domenica scorsa ciascun
grande quotidiano ha dedicato all'evento, così è
accaduto per l'attesa apparizione di Benigni a Sanremo.
Ferrara non è uno sciocco e se ha promesso quello che
poi non ha fatto (lancio di uova ed ortaggi al
"comico di regime" nemico del nuovo regime)
doveva avere qualche piano in testa. Certo solo un
indotto di comunicazioni di massa (quale Ferrara certo
non è) o un infiltrato del partito comunista nelle file
del Polo (quale Ferrara non può essere, visto che il
partito comunista esiste ormai solo nella fervida mente
del presidente del consiglio) poteva ordire una trama
che, comunque fosse andata, avrebbe danneggiato il
partito di governo. Per calcolare gli effetti dirompenti
della faccenda, bisognava considerare che Benigni è un
personaggio di culto internazionale. A qualcuno può non
piacere, ma sta di fatto che quello che fa interessa la
stampa di tutti i paesi. In effetti, una volta lanciata
la minaccia, le possibilità erano tre:
Prima possibilità. Benigni appare a Sanremo, Ferrara e
altri rappresentanti delle brigate Tebaldi interrompono
il suo spettacolo e lanciano uova. Inutile dire che la
stampa internazionale avrebbe gridato al nuovo fascismo
(smentendo D'Alema) e alla conculcazione della libertà
di espressione. Berlusconi avrebbe fatto una figura
peggiore di quella che ha fatto con Schroeder, se mai
fosse possibile essere trattati in modo ancora più
sarcastico.
Seconda possibilità. Benigni va in scena, parla di
"topa" ed altri ammennicoli perineali che
hanno caratterizzato questo Festival, e non parla di
politica. Peggio che peggio. La stampa internazionale
sarebbe insorta contro questo chiaro esempio di
terrorismo psicologico, che è una forma di censura. In
Italia nessuno è più libero di esprimere le proprie
opinioni perché ci sono le squadracce.
Terza possibilità. Benigni appare, parla del bello e
del cattivo tempo, e poi prega Baudo di non provocarlo,
perché certe cose non si possono dire, non è mica più
come un tempo, siamo tornati ai giorni che si ascoltava
di nascosto radio Londra, per piacere non fatemi parlare
che ho famiglia, eccetera. Clamorosa denuncia
dell'esistenza di un regime, raccolta da tutta la stampa
internazionale.
Benigni è stato più saggio. Io credo abbia fatto
quello che avrebbe fatto anche se non c'era la
provocazione di Ferrara. Sapeva che non appariva come
privato cittadino a una trasmissione di Biagi ma come
attore a una trasmissione che coinvolge milioni di
italiani, di tutte le opinioni, non ha evitato le sue
polemiche consuete (ma senza cambiare troppo un copione
ormai noto), ha fatto un appello all'amore, ha bloccato
la platea con una recitazione dantesca (Benigni è un
prodigioso lettore di Dante - e, come molti forse non si
accorgono, è persona di raffinatissima cultura), e
voglio ben vedere a questo punto chi si mette a
fischiare la vergine madre figlia del tuo figlio. Il
colpo dantesco (a Sanremo!) non se lo aspettava nessuno.
Bisognava essere un genio per pensarci. Standing ovation,
delirio, Benigni vince, come da copione. Non ti devi mai
mettere contro chi è più bravo di te.
Credo si consideri vincitore anche Ferrara. Se non
agitavo le acque con la mia provocazione, pensa
probabilmente, Benigni avrebbe fatto peggio. Ma cosa di
peggio, visto che è bastato alludesse a conflitti di
interessi e falsi in bilancio perché la platea si
scompisciasse dalle risa? Quello che ha detto Benigni lo
sanno tutti, e lo considerano (bontà loro) argomento
comico (o più tragicamente, grottesco) anche se lui non
ne avesse parlato.
Ma, finita la storia, rimangono alcune malinconiche
riflessioni. Da un po' di tempo tutto quello che accade
in Italia, e che crea subbuglio e inquietudine, è
dovuto ai comici. Alle molte vignette, d'accordo, ma
soprattutto agli "scoop" di Striscia la
notizia e delle Iene. Vi ricordate il tempo in cui i
mali d'Italia erano denunciati dell'"Espresso"
(Capitale corrotta, nazione infetta), dall'opposizione,
dalla magistratura? Finito. Che cosa accada in
Parlamento non interessa più nessuno (Berlusconi dice
che non vale la pena di andarci per ripetere cose che
sanno tutti), i partiti vanno a rimorchio dei girotondi,
il massimo shock dell'anno non è stato dato da un
politico ma da un artista (Moretti). È sano un paese
dove solo i comici danno il via alle polemiche, al
dibattito, senza ovviamente poter suggerire le
soluzioni?
Ma, a ripensarci bene, questo non è dovuto al fatto che
i comici stanno andando al Parlamento, bensì che il
governo è caduto in mano ai comici, o che molti, che in
altri tempi sarebbero stati figure da avanspettacolo,
sono andati al governo.
(da "L'Espresso", 21.03.2002)
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