Da quando ha detto che batteremo il governo con
un sorriso, Sergio non ha più smesso di ridere...,
scherza uno stretto collaboratore del leader della Cgil.
«Speriamo che non gli sia venuta una paresi».
Macché: a meno di tre mesi dalla scadenza del mandato
come segretario generale della Cgil, Sergio Cofferati
vive una seconda giovinezza. Percorre la penisola su e
giù, da Avellino a Brescia. Alla Aprilia di Treviso i
lavoratori ragazzini lo accolgono con le trombe da
stadio. Al congresso del Ppi non apre bocca e lo
acclamano. Nicola Mancino nella confusione lo chiama «onorevole
Cofferati». E Francesco Rutelli rivendica: «L’hanno
applaudito quando l’ho citato nel mio intervento. Gli
ho alzato una bella palla...».
Ma entusiasmi e invidie sono comprensibili. Di questi
tempi il Cinese è l’unico oppositore che fa tremare
Silvio Berlusconi. Sull’articolo 18 ha picchiato duro
contro il presidente di Confindustria Antonio D’Amato
costringendolo a un pesante ultimatum al governo. Ha
spaccato il Polo. E ora il premier lo teme. Qualche
giorno fa il sondaggista preferito del Cavaliere, Luigi
Crespi di Datamedia, gli ha spiegato il motivo di tanto
appeal: «Attenzione, presidente: gli altri la attaccano
per quello che lei rappresenta, il conflitto di
interessi, i guai giudiziari; Cofferati per quello che
lei fa. È lui l’avversario più pericoloso». Sabato
23 marzo il Cinese lancerà la sfida finale. Un duello
mortale, il sindacato contro il governo di
centro-destra, di fronte a oltre un milione di persone.
La più grande manifestazione del dopoguerra. Un raduno
paragonabile solo a quello dei papa-boys a Tor Vergata
dell’agosto 2000. «Con una bella differenza, però»,
dice Achille Passoni, 51 anni, direttore generale della
Cgil. «I ragazzi arrivarono a scaglioni. Mentre i
nostri sbarcheranno tutti insieme, all’alba. Comunque,
non escludo di chiamare qualche monsignore per un
consiglio».
È lui il motore della gigantesca macchina
organizzativa. Al quarto piano di corso Italia parla con
la questura, il comune, i compagni della Liguria che
offriranno 40 mila rose e 80 mila garofani rossi ai
manifestanti. Fedeli all’ordine di Cofferati: «Venite
con un tamburo in meno e con un fiore in più. Voglio
una mattinata gioiosa». Tocca a Passoni metterla in
piedi. Lui si aggira tranquillo tra cifre da brivido.
Sei cortei che partono da altrettante zone periferiche
della capitale per convergere nella zona del comizio. Più
di 8 mila pullman già prenotati a pochi giorni
dall’evento. «Li abbiamo rastrellati ovunque. In
Italia abbiamo raschiato il fondo del barile, così ci
siamo rivolti all’estero: Germania, Francia, Austria,
Svizzera». Oltre 50 treni speciali, voli charter e tre
navi dalle isole. «C’è un’enorme domanda inevasa.
O riusciamo a soddisfarla oppure sicuramente la gente si
organizzerà e verrà a Roma da sola». I costi
trapelano con il contagocce: ma si sa che solo per
affittare un pullman ci vogliono in media 1500 euro (tre
milioni di lire). «Dopo questa spesa la Cgil non potrà
organizzare più nulla per anni», dice qualcuno. «Non
è vero. E poi ne vale la pena», replica Passoni.
Un entusiasmo contagioso. In periferia si moltiplicano
gli sforzi. Volantinaggi davanti agli stadi e nei
mercati. Autofinanziamenti. Collettivi nelle fabbriche,
nelle scuole e nelle università. Nuove figure simbolo:
Antonella Barbi, l’operaia licenziata per essersi
rifiutata di confezionare i fegatini di pollo avariati,
Nicoleta Kasacu, giovane vedova di un lavoratore rumeno
bruciato vivo dal suo padrone di Gallarate perché
chiedeva il rispetto dei suoi diritti. E Silvio
Berlusconi, neoiscritto alla Cgil di Como, tuta blu in
un’azienda metalmeccanica, omonimo del
premier-operaio. Grande mobilitazione dello star system
con Sabrina Ferilli, Sabina Guzzanti, Jovanotti, gli
Avion Travel, Dario Fo. Si schierano gli intellettuali,
con un appello firmato da Alberto Asor Rosa, Paolo Sylos
Labini, Antonio Tabucchi, Paul Ginsborg, Luciano Gallino
e Umberto Eco. E Nanni Moretti? Annuncia: «Sì, il 23
ci sarò anch’io. Mi pare che Cofferati stia facendo
molto più di un sorriso contro questo governo».
Nel nome del leader della Cgil, insomma, si ritrovano in
piazza tutti i protagonisti della stagione politica. Per
la prima volta insieme, dopo aver marciato sempre
divisi. Studenti e immigrati. No global e girotondisti.
Vittorio Agnoletto e Antonio Di Pietro. Paolo Flores
d’Arcais e Fausto Bertinotti. Piero Fassino e Pietro
Bernocchi dei Cobas, tra i più ostili all’idea di
venire sotto le bandiere dell’odiata Cgil. Alla fine,
però, ha ceduto pure lui. In vista del 23 marzo,
infatti, la manifestazione di Roma si sta trasformando
nel mega-appuntamento di tutte le opposizioni. Un
laboratorio politico a cielo aperto. Con ambiguità,
contraddizioni e sospetti. L’Ulivo cerca di lasciare a
casa le divisioni, ma non è facile. Il leader Rutelli,
impegnato a Parma, non ci sarà. Medita di intervenire
in collegamento video. I verdi hanno colto l’occasione
per annunciare di voler correre da soli alle
amministrative e la raccolta di firme per sette
referendum su rogatorie, falso in bilancio e sui temi
ambientali. Dalla Quercia arrivano segnali di
mobilitazione, ma anche i distinguo di Massimo D’Alema.
Il 19 marzo la fondazione Italianieuropei del presidente
ds metterà a confronto le anime della sinistra
riformista in un convegno al teatro Eliseo. Cofferati?
Non è invitato. Quel giorno risulta impegnato a Firenze
e Massa Carrara.
Ancora più frastagliato il fronte sociale. A Bologna,
la settimana scorsa, il movimento del Social Forum ha
discusso per ore se partecipare o no alla manifestazione
di Cofferati. Con la Cgil i rapporti non sono stati
idilliaci. Per mesi ha pesato lo strappo di Genova,
quando Cofferati organizzò un incontro con Cisl e Uil
alla vigilia del G8 condannando ogni violenza. Poi, dopo
i fatti di Genova, nella sede nazionale della Fiom a
Roma Vittorio Agnoletto e Luca Casarini lanciarono la
campagna d’autunno del movimento no global: scuola,
immigrazione e difesa dell’articolo 18 dello Statuto
dei lavoratori. Le stesse battaglie di Cofferati. Così,
quando 100 mila persone hanno manifestato a metà
gennaio contro la legge Fini-Bossi sull’immigrazione
il Cinese era lì, silenzioso come sempre, ma applaudito
come un vero leader. Riconoscimento arrivato poi da
“Carta”, settimanale dei Social Forum.
«L’idea è entrare nel corteo con le nostre bandiere
e la nostra identità, ma in quel mare di simboli sarà
difficile distinguersi», dice il fiorentino Tommaso
Fattori, che collega il Social Forum al movimento dei
professori di Paul Ginsborg e Francesco “Pancho”
Pardi. Due soggetti che si guardano a distanza, non si
amano troppo ma provano a parlarsi. L’università di
Firenze, qualche sera fa, ha ospitato un faccia a faccia
tra Ginsborg e Agnoletto. Ma la vigilia è agitata dalla
proposta di Pardi di riunire i movimenti che hanno dato
vita all’incontro del Palavobis per mettere in piedi
un coordinamento nazionale. Un’idea che non piace al
popolo dei girotondi, geloso della sua autonomia.
Sullo sfondo resta Berlusconi, il nemico da battere. Nel
governo prevale la linea dura, voluta dal trio Giulio
Tremonti, Maurizio Sacconi (sottosegretario al Welfare)
e Stefano Parisi, direttore di Confindustria. E
Cofferati ripensa a quanto gli confidò il Cavaliere
durante uno dei primi incontri: «Nel ’94 sono caduto
perché avevo contro insieme sindacati e Confindustria.
Questa volta non posso fare lo stesso errore». Dovendo
scegliere, ha scelto D’Amato. Ma il Cinese non si fa
impressionare. Dopo i fiori e i tamburi del 23 marzo avrà
dalla sua anche Cisl e Uil, pronti per lo sciopero
generale. E un popolo di militanti e elettori del
centro-sinistra che non vedono l’ora di incoronarlo
leader. Qualcuno già pensa al suo futuro. Si dice che
Antonio Bassolino sia intenzionato a proporgli un seggio
di senatore a Parma che la prodiana Albertina Soliani
lascerebbe in caso di sua elezione a sindaco. Ma il
Cinese, a scadenza mandato, giura di voler tornare a
fare l’operaio alla Pirelli. «Vi ho mai raccontato
balle?», sorride.
(da "L'Espresso",
14.03.2002)
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