Caro Nanni, mettiti in gioco pure tu
di Piero
Fassino
Caro Nanni,
la politica è prima di tutto ascolto, per capire il sentire delle persone, le
domande di una società, le tensioni morali e materiali di un paese. E chi ha
responsabilità dirigenti deve ascoltare con umiltà, tanto più quando, come
nelle tue parole, c'è malessere e frustrazione. Come dici tu, bisogna
"sentire quello che dice chi ti vota", sempre. E ti assicuro che gran
parte del mio lavoro quotidiano è a questo dedicato, in ogni parte d'Italia.
Perché per poter cambiare gli altri occorre innanzitutto cambiare se stessi, e
la sinistra ha spesso avuto timidezze in questo senso. Non a caso nel candidarmi
a Segretario dei DS ho detto "o si cambia o si muore". E la tua
"invettiva" non può essere archiviata come uno sfogo umorale di un
momento. Nelle tue parole si è manifestato il sentire di tanti cittadini che
non si sentono adeguatamente rappresentati - tanto più dopo le travagliate
vicende vissute dall'Ulivo in queste settimane -, e chiedono al centrosinistra
di essere opposizione incalzante, efficace, visibile. I nostri elettori ci
chiedono di fare di più, di chiamarli a raccolta, di mobilitare le energie -
che sono davvero molte - che guardano al centrosinistra. E' un sentimento che
conosco bene per averlo registrato in questi mesi in tante occasioni di incontro
in giro per l'Italia. Insomma: hai tolto il tappo ad uno stato d'animo che era
compresso da tempo.
E allora discutiamo apertamente delle nostre difficoltà, di come rendere la
nostra opposizione credibile e convincente. D'altra parte una vera discussione
sulle ragioni della sconfitta e sui caratteri dell'opposizione fin qui l'abbiamo
fatta solo parzialmente. E si sa, non ci si libera di un lutto - in questo caso
la sconfitta elettorale - se non lo si elabora. Questa discussione sarà tanto
più utile se ci libereremo di uno schema di analisi che a me non pare
convincente: e cioè che fin qui non ci sia stata opposizione o comunque essa
sia stata timida. E chi la giudica così, vede in tale assenza o timidezza il
proseguimento di un atteggiamento ritenuto benevolo e concessivo verso
Berlusconi che affonderebbe le sue radici in alcuni passaggi critici del
centrosinistra: la caduta del Governo Prodi, la Bicamerale, la mancata soluzione
del conflitto d'interessi. Del resto questo era il senso dell'intervento del
prof. Pardi sabato a Piazza Navona.
Ora, io credo che ciascuno di quei passaggi sia stato insufficientemente
indagato e, dunque, avverto anch'io la necessità di ritornarvi con una
discussione non reticente, anche perché fino a che non rimuoveremo ombre e
sospetti sui nostri comportamenti, difficilmente ricostruiremo quella fiducia
che è condizione imprescindibile per tornare a vincere. E tuttavia, caro Nanni,
resto convinto che ritenere che Berlusconi abbia vinto le elezioni perché si è
fatta la Bicamerale - proposta peraltro contenuta nel programma dell'Ulivo con
cui Prodi vinse le elezioni - sia riduttivo e fuorviante. Così come non credo
che se il conflitto d'interessi fosse stato risolto - e avrebbe dovuto esserlo -
il centrosinistra non avrebbe perso le elezioni.
In realtà Berlusconi ha vinto le elezioni perché in una parte dell'elettorato
è passata l'idea che con il centrodestra al governo l'Italia sarebbe stata più
dinamica, più moderna, più libera, e gli italiani avrebbero avuto più
opportunità. Berlusconi si è presentato come l'uomo del
"cambiamento" - un tempo una nostra parola - e in nome di una più
ampia "libertà", altra nostra parola di cui la destra si è
impadronita senza che noi ce ne preoccupassimo molto. Se non partiamo da qui,
difficilmente riusciremo a rendere la nostra opposizione più efficace.
Non è in discussione tra noi la necessità di un'opposizione incalzante, che
non faccia sconti, che inchiodi il centrodestra alle sue contraddizioni. Ma per
farlo dobbiamo ripartire dalla società italiana, dalle sue domande, dai suoi
bisogni. Nonostante l'ottimismo di Berlusconi, sette mesi di governo sono più
che sufficienti per dimostrare non solo che non è "tutto oro quel che
luccica", ma anche per far emergere le molte inquietudini che le scelte di
questa destra suscitano nella società, ivi compresi in settori di elettorato
moderato o conservatore. Le proposte di Bossi sull'immigrazione creano
preoccupazione in quegli imprenditori che hanno bisogno di poter assumere
legalmente lavoratori extracomunitari; le scelte della Moratti incontrano una
vasta opposizione non solo tra gli studenti, ma anche tra genitori e insegnanti;
le proposte di Maroni su pensioni e articolo 18 hanno indotto milioni di
lavoratori - e tra essi non pochi che hanno votato per Berlusconi o per la Lega
- ad aderire agli scioperi promossi unitariamente dai sindacati; e sulle tasse -
tema cruciale del consenso elettorale della destra - la gente comincia a fare
due conti, scoprendo che forse il prelievo fiscale diminuirà nel 2005, ma
intanto nel 2002 aumenterà perché alla fiscalità nazionale (che non è stata
diminuita) si aggiungono nuove tasse locali a cui regioni e comuni sono
costretti a ricorrere per sopperire alle minori risorse date dal governo per i
servizi. Per non parlare della scandalosa proposta del governo di discriminare
milioni di coppie di fatto dai sussidi e dai sostegni per la famiglia. E' su
questi temi - centrali nella vita quotidiana di milioni di italiani - che si
gioca lo scontro con una destra che - in nome di un esasperato individualismo -
divide l'Italia e ne sacrifica le potenzialità.
Ed è qui che occorre un salto di qualità dell'opposizione: fino ad oggi
abbiamo detto molti "no" - del tutto sacrosanti! - ma una sequenza di
"no" non fa una politica, e soprattutto non rappresenta ancora
un'alternativa credibile. Ripeto quel che ho detto a Pesaro: "rendere
chiaro che noi non siamo loro è essenziale, ma non basta. Occorre dimostrare
anche che noi siamo meglio di loro, perché proponiamo agli italiani un progetto
per l'Italia più convincente e più credibile". Serve, insomma, un
"di più" di proposta, soprattutto perché viviamo in tempi - la
globalizzazione, l'Europa unita, le nuove tecnologie, la società
dell'informazione - nei quali nulla è più come prima, e ogni società è
chiamata a reinventarsi il suo futuro, assicurando a ciascuno sicurezze e
diritti.
Si può ascoltare e lavorare insieme, per trovare queste nuove idee. Con grande
umiltà, tanta voglia di fare, consapevoli che i voti raccolti il 13 maggio
dall'insieme delle forze di opposizione - Ulivo, Italia dei valori, Rifondazione
Comunista - rappresentano più della metà dell'Italia, e costituiscono un
prezioso giacimento di intelligenze, passioni, professionalità, risorse da
mobilitare. Consapevoli che quei valori di libertà, uguaglianza, solidarietà
per cui la sinistra è nata e vive sono più che mai necessari per far sì che
una società di individui sia anche una società di cittadini. E qui a Te, caro
Nanni, come ai tanti intellettuali che guardano alla sinistra e all'Ulivo,
chiedo di renderti disponibile, di metterti in gioco, di lavorare insieme.
Sì, l'Ulivo non può essere solo una somma di organizzazioni politiche, né
tantomeno la sua strategia e le sue proposte possono essere delegate ad un
ristretto stato maggiore di dirigenti. Serve rimettere in moto forze,
intelligenze, passioni. Se credi, ne possiamo discutere insieme, magari anche
con altre persone che hanno condiviso il tuo breve intervento a Piazza Navona,
ed avviare un lavoro comune di confronto e di impegno per elaborare le nuove
idee di cui abbiamo bisogno per poter condurre un'opposizione veramente
efficace, capace di conquistare la maggioranza degli elettori. Facciamolo
insieme.
Con amicizia
Piero Fassino
(da "l'Unità" del 4 febbraio 2002)