- Kundalini Yoga prima parte-

Tratto da:

SWAMI SIVANANDA

KUNDALINI

La parola Kundalini è familiare a tutti gli studenti di yoga, essendo nota
come il potere, sotto forma di un serpente avvolto a spirale, residente nel
muladhara chakra, il primo dei sette chakra; gli altri sei chakra sono,
nell'ordine: svadhishthana, manipura, anahata, vishuddha, ajna e sahasrara.

Tutte le sadhana sotto forma di japa, meditazione, kirtan e preghiera, come
pure ogni sviluppo delle virtù, e l'osservanza di austerità come verità,
non-violenza e continenza sono intese, nella migliore delle ipotesi, solo
per ridestare il Potere del Serpente e farlo passare in successione
attraverso tutti i chakra, dal svadhishthana al sahasrara. Quest'ultimo è
chiamato anche loto dai mille petali, sede di Sadavisa o Parabrahman o
dell'Assoluto, separata dal quale giace la Kundalini o Shakti nel muladhara,
e per unirsi al quale la Kundalini passa per tutti i chakra, come spiegato
prima, conferendo la liberazione all'aspirante che pratica assiduamente lo
yoga (o la tecnica di unire Lei al suo Signore) e ottiene successo nel suo
sforzo.

Nelle persone del mondo, date al godimento dei piaceri sensuali e sessuali,
il potere di Kundalini è addormentato per mancanza di qualsiasi stimolo,
sotto forma di pratiche spirituali, poiché solo il potere generato da queste
pratiche ridesta il Potere del Serpente, e non un qualsiasi altro potere
derivato dal possesso di ricchezze e abbondanze mondane. Quando l'aspirante
pratica seriamente tutte le discipline come prescritto negli Shastra, e
secondo l'istruzione del precettore, nel quale la Kundalini dev'essere già
desta e aver raggiunto la sua dimora o Sadasiva - solo acquisendo questa
benedetta realizzazione una persona viene intitolata ad agire come guru o
precettore spirituale, a guidare e ad aiutare anche gli altri a conseguire
lo stesso fine - allora i veli o strati che avviluppano Kundalini cominciano
ad aprirsi e infine sono fatti a pezzi, e il Potere del Serpente è spinto o
per così dire guidato verso l'alto.

Visioni sovrasensibili appaiono davanti all'occhio mentale dell'aspirante,
nuovi mondi con meraviglie e fascini indescrivibili si rivelano davanti allo
yogi. Piani dopo piani svelano la loro esistenza e grandiosità al
praticante. Lo yogi ottiene conoscenza, potere e beatitudine divina in grado
crescente, quando Kundalini attraversa chakra dopo chakra, facendoli fiorire
in tutta la loro gloria - mentre prima del tocco di Kundalini non
esprimevano i loro poteri - emanando la loro fragranza e luce divina) e
rivela i fenomeni e i segreti divini che stanno nascosti dall'occhio delle
persone mondane, che rifiutano di crederne la stessa esistenza.

Quando Kundalini ascende un chakra, o centro yogico, anche lo yogi ascende
un gradino, o piolo, nella scala yogica; egli legge una pagina in più,
quella seguente, nel libro divino; più Kundalini si muove verso l'alto, più
anche lo yogi avanza in relazione verso la meta o perfezione spirituale.
Quando Kundalini raggiunge il sesto centro o ajna chakra, lo yogi ottiene la
visione di Dio Personale o saguna Brahman; e quando il Potere del Serpente
raggiunge l'ultimo centro sul capo, il sahasrara chakra o loto dai mille
petali, lo yogi perde la sua individualità nell'oceano di Sat-Chit-Ananda o
Esistenza-Conoscenza-Beatitudine Assoluta e diviene uno con il Signore o
Anima suprema. Egli non è più un uomo comune, e nemmeno un semplice yogi, ma
un saggio pienamente illuminato, avendo conquistato l'eterno e illimitato
regno divino; un eroe, avendo vinto la battaglia contro l'illusione; un
mukta o liberato, avendo attraversato l'oceano dell'ignoranza o l'esistenza
trasmigratoria; e un superuomo, avendo l'autorità e la capacità di salvare
le altre anime che lottano nel mondo relativo.

Le Scritture acclamano lui e la sua realizzazione nel modo più grande e
glorificante possibile. Gli esseri celesti lo invidiano, inclusa la Trinità,
cioè Brahma, Vishnu e Shiva.


KUNDALINI E SADHANA TANTRICA

Il kundalini yoga appartiene invero alla sadhana tantrica, che dà una
descrizione dettagliata del Potere del Serpente e dei chakra, come
menzionato prima. La Madre Divina, l'aspetto attivo
dell'Esistenza-Conoscenza-Beatitudine Assoluta, risiede nel corpo di uomini
e donne nella forma di Kundalini, e tutta la sadhana tantrica ha lo scopo di
ridestarLa e farLa unire con il Signore Sadasiva nel sahasrara, come
descritto all'inizio. Nella sadhana tantrica, i metodi adottati per
conseguire questo fine sono il japa del nome della Madre, la preghiera e
vari altri rituali.


KUNDALINI E HATHA YOGA

Anche l'hatha yoga costruisce la sua filosofia attorno a Kundalini, ma i
metodi adottati sono differenti da quelli della sadhana tantrica. L'hatha
yoga cerca di risvegliare Kundalini mediante la disciplina del corpo fisico,
la purificazione delle nadi e il controllo del prana. Attraverso una serie
di posizioni fisiche, chiamate asana, esso tonifica l'intero sistema nervoso
e lo porta sotto il controllo cosciente dello yogi; tramite bandha e mudra
controlla il prana, ne regola i movimenti e perfino lo blocca e lo sigilla,
impedendogli di muoversi; per mezzo di kriya purifica gli organi interni del
corpo fisico, e infine mediante il pranayama porta la stessa mente sotto il
controllo dello yogi. Kundalini è fatta ascendere verso il sahasrara
attraverso questi metodi combinati.


KUNDALINI E RAJA YOGA

Il raja yoga non menziona niente di Kundalini, ma propone un sentiero ancora
più alto e sottile, filosofico e razionale, e chiede all'aspirante di
controllare la mente, di ritirare tutti i sensi e d'immergersi in
meditazione. Diversamente dall'hatha yoga, che è meccanico e mistico, il
raja yoga insegna una tecnica con otto passi, appellandosi al cuore e
all'intelletto degli aspiranti. Sostiene lo sviluppo morale ed etico con
yama e niyama, promuove lo sviluppo intellettuale e culturale con svadhyaya,
o studio delle sacre scritture, soddisfa l'aspetto emotivo e devozionale
della natura umana, ingiungendo di abbandonarsi alla volontà del Creatore,
ha un elemento di misticismo includendo il pranayama come uno degli otto
passi, e infine prepara l'aspirante alla meditazione ininterrotta
sull'Assoluto mediante un penultimo passo di concentrazione. Né nella
filosofia, né nella prescrizione dei metodi il raja yoga fa menzione di
Kundalini, ma pone la mente umana e il chitta come gli obiettivi da
distruggere, giacché fanno dimenticare all'anima individuale la sua vera
natura e le causano nascita e morte, e tutti i guai dell'esistenza
fenomenica.


KUNDALINI E VEDANTA

Ma quando passiamo al vedanta, non vi è questione di Kundalini né di
qualsiasi tipo di metodi mistici o meccanici. È tutta ricerca e speculazione
filosofica. Secondo il vedanta la sola cosa che dev'essere distrutta è
l'ignoranza circa la propria vera natura, e quest'ignoranza non può essere
distrutta, né dallo studio, né dal pranayama, né dall'azione, né da un certo
numero di torsioni e torture fisiche, ma solo conoscendo la propria vera
natura, che è Sat-Chit-Ananda o Esistenza-Conoscenza-Beatitudine. L'uomo è
sempre divino, libero e uno con lo Spirito supremo, che egli dimentica,
identificandosi con la materia, la quale è un'apparenza illusoria e una
sovrapposizione sullo Spirito. Liberazione è libertà dall'ignoranza, e
all'aspirante viene consigliato costantemente di dissociarsi da tutte le
limitazioni e d'identificarsi con l'onnipervadente, non-duale, beato,
pacifico e omogeneo Spirito o Brahman. Quando la meditazione viene
intensificata, l'aspirante perde la sua individualità nell'oceano
dell'Esistenza ,o piuttosto l'individualità è assorbita completamente. Come
una goccia d'acqua sulla padella è immediatamente assorbita e svanisce alla
percezione, così la coscienza individuale è sorbita dalla Coscienza
Universale e assorbita in Essa. Secondo il vedanta non ci può essere vera
liberazione in uno stato di molteplicità; lo stato di completa Unità è la
meta a cui aspirare, verso cui soltanto l'intera creazione si sta lentamente
muovendo.


INTRODUZIONE


ESSENZA DEL KUNDALINI YOGA

La parola YOGA viene dalla radice yuj che significa unire, e nel suo senso
spirituale è quel processo mediante il quale lo spirito umano è immerso o
portato in intima e cosciente comunione con lo Spirito Divino, secondo che
la natura dello spirito umano si consideri separato da (dvaita,
visishtadvaita) o uno (advaita) con lo Spirito Divino. Poiché nel vedanta è
affermata quest'ultima proposizione, lo yoga è quel processo per cui
l'identità dei due (jivatman e Paramatman) - identità che in effetti esiste
sempre - è realizzata dallo yogi. È realizzata perché lo Spirito ha allora
penetrato il velo di maya, che come mente e materia oscura questa
conoscenza. Il mezzo col quale si raggiunge ciò è il processo yoga, che
libera il jiva da maya.

Perciò la Gheranda Samhita dice: « Non c'è legame simile in forza a maya, e
nessun potere più grande per distruggere questo legame che lo yoga ». Dal
punto di vista advaita o monistico, lo yoga nel senso di un'unione finale è
inapplicabile, poiché l'unione implica un dualismo tra lo spirito umano e il
Divino. In questo caso, denota il processo piuttosto che il risultato.

Quando i due sono considerati distinti, yoga può applicarsi ad entrambi. Una
persona che pratica yoga è chiamata yogi. Non tutti sono in grado di provare
lo yoga; solo pochissimi lo sono. In questa, o in altre vite, uno dev'essere
passato per il servizio disinteressato e le osservanze ritualistiche senza
attaccamento alle azioni o ai loro frutti, e per l'adorazione devozionale
(upasana), e deve averne ottenuto il frutto, cioè una mente pura
(chittasuddhi).

Questo non significa semplicemente una mente libera dall'impurità sessuale.
Il conseguimento di questa e altre qualità è l'A B C della sadhana. Una
persona può avere la mente pura in questo senso, e tuttavia essere
completamente incapace di yoga. Chittasuddhi non consiste semplicemente
nella purezza morale di ogni tipo, ma in conoscenza, distacco, capacità per
il puro funzionamento intellettuale, attenzione, meditazione e cosi via.
Quando, mediante il karma yoga e l'upasana, la mente è portata a questo
punto e quando, nel caso del jnana yoga, c'è non attaccamento e distacco dal
mondo e dai suoi desideri, allora il sentiero yoga è aperto alla
realizzazione della Verità ultima. Invero, pochissime persone sono idonee
allo yoga nella sua forma più alta. La maggioranza deve cercare
l'avanzamento lungo il sentiero del karma yoga e della devozione.

Secondo una scuola di pensiero, ci sono quattro forme principali di yoga,
cioè: mantra yoga, hatha yoga, laya yoga e raja yoga; il kundalini yoga è in
realtà laya yoga. C'è un'altra classificazione: jnana yoga, raja yoga, laya
yoga, hatha yoga e mantra yoga. Questa è basata sull'idea che vi sono cinque
aspetti della vita spirituale: - dharma, kriya, bhava, jnana e yoga; il
mantra yoga viene considerato di due tipi, a seconda che viene seguito lungo
il sentiero del kriya o del bhava. Ci sono sette sadhana di yoga, cioè:
sat-karma, asana, mudra, pratyahara, pranayama, dhyana e samadhi; che sono:
pulizia del corpo, posizioni a sedere a fini yogici, l'astrazione dei sensi
dai loro oggetti, controllo del respiro, meditazione ed estasi, che è di due
tipi - imperfetta (savikalpa) in cui il dualismo non è completamente
superato, e perfetta (nirvikalpa) che è completa esperienza monistica, la
realizzazione della Verità del Mahavakya AHAM BRAHMASMI, una conoscenza nel
senso di realizzazione che, si deve osservare, non produce la liberazione
(moksha) ma è la stessa liberazione. Il samadhi del laya yoga è detto
savikalpa samadhi e quello del completo raja yoga è detto nirvikalpa
samadhi. I primi quattro processi sono fisici, gli ultimi tre mentali e
sovramentali. Con questi sette processi si guadagnano rispettivamente certe
qualità, cioè: purezza (sodhana), fermezza e forza (dridhata), coraggio
morale (sthirata), uniformità (dhairya), leggerezza (laghava), realizzazione
(pratyaksha) e il distacco che porta alla Liberazione (nirliptattva).

Quanto è conosciuto come yoga dagli otto passi (ashtanga yoga) contiene
cinque delle suindicate sadhana (asana, pranayama, pratyahara, dhyana e
samadhi) più altre tre, e cioè: yama o autocontrollo per mezzo di castità,
moderazione, non violenza (ahimsa), e altre virtù; niyama o osservanze
religiose, carità e così via, e devozione al Signore (Ishvara-pranidhana); e
dharana, il fissare l'organo interno sul suo oggetto, secondo la pratica
yoga.

L'uomo è un microcosmo (kshudra brahmanda). Qualunque cosa esiste
nell'universo esterno esiste in lui. Tutti i tattva e i mondi sono dentro di
lui e così pure il supremo Shiva-Shakti. Il corpo può essere diviso in due
parti principali, e cioè la testa e il tronco da un lato, e le gambe
dall'altro. Nell'uomo il centro del corpo è tra questi due, alla base della
spina dorsale, dove cominciano le gambe. Sostenente il tronco e lungo tutto
il corpo c'è la colonna spinale. Questa è l'asse del corpo, come il monte
Meru è l'asse della terra. Perciò la colonna spinale dell'uomo è chiamata
merudanda. Le gambe e i piedi sono grossolani e mostrano meno segni di
coscienza che non il tronco con la sua materia spinale bianca e grigia; in
questo senso lo stesso tronco è immensamente subordinato alla testa
contenente l'organo della mente, o cervello fisico, con la sua materia
bianca e grigia. Le posizioni della materia bianca e grigia nella testa e
nella colonna spinale sono rispettivamente capovolte. Il corpo e le gambe
sotto il centro sono i sette mondi inferiori sostenuti dalle Shakti o Poteri
dell'universo. Dal centro in su, la coscienza si manifesta più liberamente
mediante i centri spinali e cerebrali.

Qui ci sono le sette regioni superiori (o loka), un termine che significa
'cosa è visto' (lokyante), cioè sperimentato, e sono quindi i frutti del
karma sotto forma di una particolare nascita. Queste regioni, e cioè: bhuh,
bhuvah, svah, tapa, jana, maha e satya loka corrispondono ai sei centri;
cinque nel tronco, il sesto nel centro cerebrale inferiore, e il settimo
nella parte più alta del cervello o satyaloka, dimora del supremo
Shiva-Shakti.

I sei centri sono: il muladhara o radice-supporto situato alla base della
colonna spinale a metà del perineo, tra la radice dei genitali e l'ano;
sopra di esso, nella regione dei genitali, dell'addome, del cuore, del petto
e della gola, e nella fronte tra i due occhi, si trovano rispettivamente
svadhishthana, manipura, anahata, vishuddha e ajna chakra.

Questi sono i centri principali, sebbene alcuni testi parlino di altri
ancora, come il lalana, manas e soma chakra. La settima regione oltre i
chakra è il cervello superiore, il centro supremo della manifestazione della
coscienza nel corpo e quindi dimora del supremo Shiva- Shakti. Quando si
dice che ne è la ' dimora ', non significa che il Supremo è localizzato nel
senso del nostro ' essere posto ', cioè è lì e non altrove! Il Supremo non è
mai localizzato, mentre lo sono le sue manifestazioni. È ovunque, sia dentro
che fuori del corpo, ma si dice che è nel sahasrara perché è qui che viene
realizzato il supremo Shiva-Shakti. E deve essere così perché la coscienza è
realizzata entrando e passando attraverso la manifestazione superiore della
mente, il sattvamayi buddhi, sopra e oltre la quale è Chit e le stesse
Chidrupini Shakti.

Dal loro aspetto tattva Shiva-Shakti si evolve la mente [nelle sue forme di
buddhi, ahamkara, manas e i sensi (indriya) associativi], il cui centro è
sopra l'ajna chakra e sotto il sahasrara. Dall'ahamkara procedono i
tanmatra, o elementi sottili, che evolvono le cinque forme di materia
sensibile (bhuta), e cioè: akasa (etere), vayu (aria), agni (fuoco), apah
(acqua) e prithvi (terra).

La traduzione data non implica che i bhuta sono simili agli elementi di
aria, fuoco, acqua e terra. I termini indicano diversi tipi di materia,
dall'etereo al solido. Così prithvi o terra è qualsiasi materia nello stato
prithvi, e cioè che può essere sentito dall'indriya dell'olfatto. Mente e
materia pervadono l'intero corpo. Ma ci sono dei centri in esso in cui sono
predominanti. Così ajna è il centro della mente, e i cinque chakra più in
basso sono i centri dei cinque bhuta; vishuddha dell'akasa, anahata del
vayu, manipura di agni, svadhishthana di apah e muladhara di prithvi.

In breve, l'uomo come microcosmo è lo Spirito onnipervadente (che molto
puramente si manifesta nel sahasrara) condotto dalla Shakti nelle forme di
mente e materia, i cui centri sono rispettivamente il sesto e i cinque
chakra seguenti.

I sei chakra sono stati identificati con i seguenti plessi, a cominciare dal
più basso, il muladhara: il plesso sacrococcigeo, il plesso sacrale, il
plesso solare (che forma la grande unione delle catene simpatiche destra e
sinistra ida e pingala con l'asse cerebro-spinale. Connesso a questo è il
plesso lombare. Quindi, segue il plesso cardiaco (anahata), il plesso
laringeo e ultimo l'ajna o cervelletto con i suoi due lobi. Sopra questo c'è
il manas-chakra o cervello mediano, e infine il sahasrara o cervello
superiore. Gli stessi sei chakra sono centri vitali all'interno della
colonna spinale, nella materia bianca e grigia. Comunque, essi possono e
probabilmente influenzano e governano il tratto grossolano esterno alla
spina dorsale nella regione corporea laterale e coestensiva con quella
sezione della colonna spinale in cui è situato ogni particolare centro. I
chakra sono centri di Shakti come forza vitale. In altre parole, sono centri
di pranashakti manifestati nel corpo vivente dal pranavayu, e le divinità
che vi presiedono sono nomi della Coscienza Universale che si manifesta
nella forma di questi centri.

I chakra non sono percepibili dai sensi grossolani. Anche se fossero
percepibili nel corpo vivente che aiutano a organizzare, scompaiono con la
disintegrazione dell'organismo nella morte. Solo perché l'autopsia del corpo
non rivela questi chakra nella colonna spinale, alcune persone pensano che
essi non esistono affatto e sono mera invenzione di un cervello fertile.

Quest'attitudine ci ricorda di un medico che dichiarò di aver compiuto molte
autopsie senza aver mai scoperto un'anima!

I petali dei loti variano, essendo rispettivamente 4, 6, 10, 12, 16 e 2 a
partire da muladhara e finendo con ajna. Sono cinquanta in tutto, come le
lettere dell'alfabeto che sono nei petali; cioè, i matrika (lettere) sono
associati con i tattva, poiché entrambi sono prodotti dello stesso processo
creativo cosmico che si manifesta come funzione fisiologica o psicologica. È
da notare che il numero dei petali è quello delle lettere, tralasciando ksha
o la seconda la, e che queste 50 moltiplicate per 20 sono nei mille petali
del sahasrara, un numero che è indicativo di infinità.

Ma perché, si può chiedere, i petali variano di numero? Perché, per esempio,
sono 4 nel muladhara e 6 nello svadhishthana? La risposta è che il numero
dei petali in ciascun chakra è determinato dal numero e posizione delle nadi
o nervi-yoga attorno a quel chakra. Così, quattro nadi che circondano e
passano attraverso i movimenti vitali del muladhara chakra gli danno
l'apparenza di un loto di quattro petali, i quali sono perciò raffigurazioni
fatte dalle posizioni delle nadi in ogni centro particolare. Queste nadi non
sono quelle conosciute dai medici; queste ultime sono grossolani nervi
fisici. Ma quelle di cui si parla qui sono chiamate yoga-nadi e sono canali
sottili (vivara) lungo cui scorrono le correnti praniche. Il termine nadi
viene dalla radice nad che significa movimento. Il corpo è pieno
d'innumerevoli nadi. Se fossero visibili all'occhio, il corpo presenterebbe
l'aspetto di una complicatissima carta di correnti oceaniche.
Superficialmente l'acqua sembra una e la stessa, ma l'esame dimostra che
essa si sta muovendo con diversi gradi di forza in tutte le direzioni. Tutti
questi loti esistono nella colonna spinale.

Il merudanda è la colonna vertebrale. L'anatomia occidentale la divide in
cinque parti; e si deve notare, in corroborazione della teoria qui esposta,
che queste corrispondono con le regioni in cui sono situati i cinque chakra.
Il sistema spinale centrale comprende il cervello o encefalo contenuto dentr
o il cranio (in cui sono il lalana, ajna, manas e soma chakra e il
sahasrara); come pure il midollo spinale, che si estende dal confine
superiore dell'atlante, sotto il cervelletto, e discendente fino alla
seconda vertebra lombare, dove si rastrema in un punto chiamato filum
terminalis. Dentro la colonna spinale c'è il midollo, un composto di materia
cerebrale bianca e grigia, in cui si trovano i cinque chakra inferiori. È da
notare che il filum terminalis era considerato anticamente un mero cordone
fibroso, un veicolo inadeguato, si poteva pensare, per il muladhara chakra e
la Kundalini Shakti. Recenti ricerche al microscopio hanno tuttavia svelato
l'esistenza di materia grigia altamente sensibile nel filum terminalis, che
rappresenta la posizione del muladhara. Secondo la scienza occidentale, il
midollo spinale non è semplicemente un conduttore tra la periferia e i
centri della sensazione e della volontà, ma è anche un centro indipendente o
un gruppo di centri. La sushumna è una nadi nel centro della colonna
spinale; la sua base è chiamata Brahma-dvara o porta di Brahman

Per quanto riguarda le relazioni fisiologiche dei chakra, tutto quello che
si può dire con qualche grado di certezza è che i quattro al di sopra del
muladhara hanno relazione con la funzione genito-escretoria, digestiva,
cardiaca e respiratoria; e che i due centri superiori, l'ajna (con i chakra
associati) e il sahasrara denotano varie forme dell'attività cerebrale,
terminando nel riposo della Pura Coscienza guadagnato tramite lo yoga. Le
nadi di ciascun lato, ida e pingala, sono i midolli simpatici sinistro e
destro che attraversano la colonna centrale da un lato all'altro. Con la
sushumna, esse formano ad ajna un triplice nodo chiamato triveni, che si
dice sia il punto nel midollo allungato dove si uniscono e da dove traggono
origine i midolli simpatici. Queste nadi, assieme all'ajna a due lobi e alla
sushumna, formano la figura del caduceo del dio Mercurio, che alcuni dicono
rappresenti.

Com'è che il risveglio di Kundalini Shakti e la sua unione con Shiva produce
lo stato di unione estatica (samadhi) e l'esperienza spirituale che si
dichiara?

In primo luogo, ci sono due linee principali di yoga, cioè dhyana o
bhavana-yoga e kundalini yoga; e c'è una differenza marcata tra i due. Il
primo tipo di yoga è quello in cui l'estasi (samadhi) si ottiene per mezzo
di processi intellettivi (kriya-jnana) di meditazione e simili, con l'aiuto,
può darsi, di processi ausiliari di mantra o hatha yoga (diversi dal
risveglio di Kundalini), e con il distacco dal mondo; il secondo sta a parte
come quella porzione dell'hatha yoga in cui, malgrado i processi
intellettivi non sono negati, la Shakti creativa e sostenente l'intero corpo
è effettivamente e veramente unita con la Coscienza del Signore. Lo yogi fa
che Lei lo introduca al Suo Signore, e gode la beatitudine dell'unione
tramite Lei. Sebbene è lui che la desta, è Lei che dà la conoscenza o jnana,
poiché Lei stessa è jnana. Il dhyana yogi ottiene quella conoscenza dello
stato supremo che i suoi poteri di meditazione possono dargli, e non conosce
il godimento dell'unione con Shiva attraverso il fondamentale potere
corporeo. Le due forme di yoga differiscono sia come metodo che come
risultato. L'hatha yogi considera il suo yoga e i suoi frutti come i
migliori; il jnana yogi può pensare similmente del suo.

Kundalini è cosi famosa che molti cercano di conoscerLa. Avendo studiato la
teoria di questo yoga, uno può chiedere: « Si può fare a meno di esso? ». La
risposta è: « Dipende da quello che cercate ». Se volete destare la
Kundalini Shakti, godere la beatitudine dell'unione di Shiva e Shakti
tramite Lei e ottenere i poteri (siddhi) che ne derivano, è ovvio che questo
fine può essere conseguito solo dal kundalini yoga. In questo caso, ci si
espone ad alcuni rischi. Ma se si cerca la Liberazione, senza desiderare
l'unione tramite Kundalini, allora questo yoga non è necessario, poiché la
Liberazione può essere ottenuta dal puro jnana yoga mediante il distacco,
l'esercizio e quindi il quietamento della mente, senza destare affatto il
potere corporeo centrale. Invece di avviarsi nel e dal mondo per unirsi a
Shiva, per ottenere questo risultato il jnana yogi si distacca dal mondo.

Uno è il sentiero del godimento e l'altro dell'ascetismo.

Il samadhi può ugualmente essere ottenuto sul sentiero della devozione
(bhakti) che su quello della conoscenza. Invero, la devozione suprema (para
bhakti) non è differente dalla conoscenza.

Entrambe sono Realizzazione. Ma mentre la Liberazione (mukti) è ottenibile
con ambo i metodi, ci sono altre notevoli differenze tra i due. Un dhyana
yogi non deve trascurare il suo corpo, poiché sa di essere mente e materia,
e che l'una reagisce sull'altra. La noncuranza o la mera mortificazione del
corpo è più atta a produrre un'immaginazione disordinata che una vera
esperienza spirituale. Comunque, egli non è interessato al corpo nel senso
in cui lo è l'hatha yogi. È possibile essere un dhyana yogi coronato dal
successo e tuttavia essere debole nel corpo e nella salute, malato e di vita
breve. Il suo corpo, e non lui, determina quando deve morire. Egli non può
morire di sua volontà. Quando è in samadhi, Kundalini Shakti è ancora
addormentata nel muladhara, e nel suo caso non si osserva nessuno dei
sintomi fisici e la beatitudine psichica o i poteri (siddhi) che si
descrivono accompagnano il Suo risveglio.

L'estasi che egli chiama 'Liberazione mentre ancora vivente' (jivanmukti)
non è uno stato come quello della vera Liberazione. Egli può essere ancora
soggetto a un corpo sofferente da cui si libera solo alla morte, semmai è
liberato. La sua estasi ha la natura di una meditazione che passa nel Vuoto
(bhavana-samadhi), causato attraverso la negazione di ogni forma-pensiero
(chitta-vritti) e il distacco dal mondo - un processo comparativamente
negativo, nel quale non prende parte l'atto positivo di sollevare il potere
centrale del corpo. Con il suo sforzo, la mente (che è un prodotto di
Kundalini come Prakriti Shakti), assieme ai suoi desideri mondani, viene
calmata così che il velo prodotto dal funzionamento mentale è rimosso dalla
Coscienza. Nel laya yoga, la stessa Kundalini, quando risvegliata dallo yogi
(poiché tale risveglio è suo atto e parte), consegue per lui
l'illuminazione.

Ma perché, si può chiedere, uno deve tormentare il corpo e il suo potere
centrale, e ancor più perché si è alle prese con rischi e difficoltà non
comuni? La risposta è già stata data. C'è compiutezza e certezza di
Realizzazione tramite l'agenzia del Potere che è la Conoscenza stessa
(jnanarupa Shakti), un'acquisizione intermedia di poteri (siddhi), e un
godimento intermedio e finale.



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- TORNA -