Annullare la mente

Michela Montrasi

 


Quando nel Vedanta si usa il termine mente, si intende il manas o
mente empirica, distinguendola dalla buddhi o mente noetica.

Quando si parla di annullare la mente ci si riferisce, in tutti i
cammini che fanno riferimento al Vedanta (e quindi anche allo Yoga di
Patanjali), sempre alla mente empirica.

La mente empirica e' la capacita' dell'individuo di ritenere e
ordinare nozioni e basandosi su queste crearne altre. Ossia
l'individuo definisce la sua conoscenza in funzione di nozioni
apprese che col tempo divengono opinioni e quindi certezze che durano
solo sino al prossimo dubbio.

Questo fa si' che nella mente dell'individuo si muovono un insieme di
nozioni che possono anche non avere alcuna rispondenza con una
realta' oggettiva.

Esempio: Io sono un uomo.

Questa affermazione per esistere necessita della definizione di uomo,
ma essa puo' solo venire dall'esterno, e per giunta esiste in quanto
contrapposizione alla definizione di donna.

Ma in realta' essa e' completamente falsa, perche' al limite si
potrebbe dire "io ho un corpo di uomo", perche' non c'e' in me la
percezione di essere uomo, c'e' la percezione di avere un pene, un
corpo strutturato in una certa maniera, l'incapacita' di concepire e
partorire, etc.

D'altra parte se io fossi un qualsiasi cosa, non potrei affatto
percepirlo. Posso percepire cio' che non sono, perche' altro non e'
la percezione.

Io goccia d'acqua immersa nel mare non ho coscienza percezione di
essere una goccia d'acqua. Mi vedo goccia solo quando schizzo fuori
dalla spuma di un'onda, in quel caso allora, e' la percezione
dell'aria che mi rende cosciente del mio avere una forma di goccia e
costituzione di acqua.

Annullare la mente significa eliminare tutte queste affermazioni-
convinzioni-nozioni-opinioni.

Dato che questo traguardo equivale alla presa di coscienza
dell'essere, cioe' alla rimozione della individualita', si raggiunge
la bodha che e' la consapevolezza-conoscenza diretta, ossia si
utilizza la buddhi o mente noetica.

In questo stato l'ente (la persona) ha una conoscenza diretta delle
cose in quanto le trova al proprio interno, ossia accede a quel mondo
che Platone chiama delle Idee, ove quindi tutta la conoscenza di se'
e' esistente.

Ugualmente quando ci si confronta con aspetti che si sconoscono, la
buddhi provvede a fornire la nozione che serve in quel momento,
quando invece non e' la vita stessa a fornirla.

Quando quindi si parla di annullare la mente, si intende in realta'
togliere le pastoie e i paraocchi all'ente affinche' possa
riconoscersi puro essere.

In realta' la mente e' sempre una, solo che nel caso della mente
empirica essa sopravanza l'individuo che ne diviene schiavo, nel caso
della mente noetica essa e' stata ricondotta alla sua funzione di
strumento.

Alcuni hanno la mente in continuo movimento, confondono l'erudizione
con la conoscenza, ignorano che le piu' grandi scoperte della scienza
umana sono state conseguenza di casi fortuiti o di intuizioni
(funzione della buddhi).

Il cammino spirituale non e' fatto di accumulo di erudizione, non e'
piu' saggio colui che ha tante nozioni, ma colui che non e' schiavo
(ossia non crede) alle sue nozioni. Questo perche' ogni nozione e'
sempre relativa ad un determinato sistema di riferimento (personale,
geografico, emotivo, temporale, etc.). In ambito duale la
molteplicita' del fenomenico fa si' che ogni affermazione necessiti
per esistere del suo opposto, quindi entrambe sono vere, una esiste
grazie all'altra.

L'ignoranza metafisica o avidya e' proprio questo stato: il dipendere
dalle nozioni e dalle percezioni del fenomenico.

Il saggio e' colui che sa di non sapere (per dirla alla Socrate),
perche' e' consapevole che non esiste percezione del fenomenico che
sia assoluta (e quindi ogni nozione e' non reale, o meglio ha un
grado di realta' inferiore) e nel contempo non esiste una percezione
di se'. L'Assoluto o Brahman non e' percettibile, lo si puo' solo
essere, l'Essere o Atman ancora ancora puo' essere intuito come pura
consapevolezza, ma non certo percepito.

Tutta quella che vediamo come saggezza nei Maestri e' il semplice uso
del linguaggio da parte del Puro Essere.

Ramana Maharshi non sapeva di essere un Maestro, uno Jnani, etc. etc.
Lui era quello che era e stop. Poi col confronto con chi gli si
avvicinava chiedendo lumi, seppe che esistevano dei termini del
linguaggio che si riferivano a coloro che come lui vivono certi
stati. Fu leggendo i libri che gli chiedevano di tradurre che
comprese che cio' che era gli uomini lo chiamavano con certi nomi.

Ci accorgiamo facilmente dal livello coscienziale di chi ci avvicina,
vedendo quanto e' avvinghiato alle proprie nozioni e opinioni, e di
prassi i piu' ignoranti sono proprio coloro che sono piu' avvinti
alle proprie opinioni e cercano di imporle agli altri assalendoli.

Bodhananda

 

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