A Mandres, ai limiti
estremi delle abetaie, s'apriva una volta un grande
prato, esteso sino a lambire il ghiaione del Monte
Faloria e le limpide acque del laghetto di Costalares.
In una capanna, appena fuori dal bosco, tra ciuffi di
rododendri, viveva Nannella, la pastorella.
Piccola di statura, graziosa, disinvolta, allevava
caprette e pecore, cui dedicava tutte le sue cure e che
le consentivano di sopravvivere. 1 funghi ed i frutti del
bosco, che raccoglieva in abbondanza, le permettevano con
scambi, di procurarsi la farina per la polenta, il sale e
quanto le serviva per trascorrere i lunghi periodi
invernali, quando la neve avvolgeva ogni cosa in un
candido manto.
Aveva imparato a provvedersi del necessario dalla mamma,
morta di crepacuore dopo aver perso prematuramente il
marito. Sapeva mettere in pratica i suggerimenti
ricevuti nell'intimità della famiglia e conservava vivi
nella memoria i ricordi del tempo felice e dell'affetto
ricevuto.
Viveva serena, con una grande fede nelle piccole cose, a
contatto con la natura, trovando forza nell'amore dei
suoi che sentiva sempre vivo in lei.
Nannella cullava questi sentimenti anche nel silenzio
della notte, quando il vento infuriava e riusciva a
sentirsi protetta e confortata. 1 giorni trascorrevano in
assoluta semplicità. Al mattino riassettava la
capanna, mungeva pecore e caprette, le portava al
pascolo. Preparava formaggio e marmellate e sapeva
confezionare con le erbe unguenti e tisane medicamentose,
con ricette tramandate in famiglia.
A valle era nota per queste sue doti ed in caso di
necessità molti si rivolgevano a lei.
Trascorreva inoltre buona parte del suo tempo a
contemplare i misteri della natura, a studiare i fenomeni
atmosferici, la vita degli animali, dei fiori, delle
piante. Sovente rivolgeva il pensiero ai suoi cari
e conversava con il loro spirito, che sentiva vivo tra le
crode. Scendeva di rado in paese, appagata dalla sua vita
tra i mille sussurri del bosco.
Un giorno Nannella era al pascolo. Ad un tratto
udì un nitrito che la allarmò. Presa da un istintivo
senso di paura si nascose tra l'erba. Vide sbucare dal
bosco un giovane cavaliere.
Pietro, dei nobili de Zanna, vedendola in apprensione, la
salutò con cordialità e rispetto e subito le chiese se
avesse veduto o incontrato un uomo con una lunga barba
brizzolata, in compagnia di un bambino.
La pastorella, rincuoratasi, rispose che in quella
località vedeva raramente qualcuno, perché esisteva un
solo sentiero che terminava all'ingresso della casetta.
Seppe che il vecchio ricercato, aveva rapito un bambino,
il fratello del giovane cavaliere. Si commosse ed
assicurò Pietro che avrebbe partecipato alle ricerche,
controllando tutti i nascondigli a lei noti.
Avrebbe segnalato eventuali novità.
Rimase turbata per l'accaduto ma, con immediatezza,
pensò di darsi da fare per lenire la disperazione di una
famiglia cosi atrocemente colpita. Lemozione
provata le procurò un'agitazione inconsueta.
Adunò le bestiole, le rinchiuse nell'ovile prima del
tempo e prese la via del bosco. Cercava, correva,
s'affannava. Sali verso le crode, si pose più
volte in ascolto. Nulla. Pensando alle pene
di una mamma che trepidava. per la sua creatura,
raddoppiò le energie e moltiplicò i suoi sforzi.
Era già notte quando, stremata, rientrò nella sua
abitazione. Chiuse porta e finestra e, desolata per
non essere riuscita nel suo intento, si adagiò sulla
branda e si addormentò.
Allo spuntar dell'alba si destò tentando di riordinare
il sogno che la vedeva lontana, in luoghi selvaggi,
esposta a pericoli, con la mamma accanto che l'aiutava ed
incitava.Sorrise ritessendo nella memoria le immagini del
sonno ed invocò le forze del bosco. Raccolta nei suoi
pensieri non udì subito un rumore di passi attorno alla
capanna.Quando distinse un brusio si affacciò alla
finestra.Un uomo dalla lunga barba e con i capelli
brizzolati s'allontanava nel bosco trascinando una delle
sue caprette.
Sbigottita, spaventata, indignata, entrò nell'ovile e
constatò il furto. Non poteva essere diversamente.
Luomo che le aveva sottratto la bestiola era il
rapitore. Si fece forza ed accese sul focolare una
grande bracciata di fieno. Una colonna di fumo si
alzò alta nel cielo. Era il segnale convenuto con
Pietro.
Il nobile cavaliere, adunati alcuni amici, si
diresse immediatamente verso il bosco di Mandres.
Il vecchio, osservate tutte le manovre, si nascose in un
alto anfratto della Val Orita.
La caccia al fuggitivo durò più del previsto.
Pietro giunse a sera alla capanna. Deluso,
addolorato, stanco. Gli amici che lo accompagnavano
erano esausti.
Nannella li ristorò e spiegò che non poteva essersi
sbagliata. Aveva visto l'uomo bigio e nel suo ovile
mancava una capra. Non avrebbe dovuto essere
lontano.
Limpresa non poteva fallire e la pastorella invitò
i ricercatori ad avere fiducia, a proseguire, a frugare
in ogni angolo, a controllare ogni cavità della roccia.
Gli spiriti del bosco e il dio Silvano li avrebbero
aiutati.
Gli uomini, rincuorati, si allontanarono. Nannella stava
pensando di uscire anche lei in ispezione quando udì
belare una pecora. Fra tanto trambusto si era
dimenticata delle sue bestioline. Raggiunse
l'ovile. Non appena varcata la porta si sentì
stringere rabbiosamente alla gola. Non il tempo di
gridare ne di reagire. Si accasciò come morta e fu
gettata in un cantuccio.
Rimase immobile e l'uomo la ritenne svenuta.
Il furfante si sentì sicuro. Gli inseguitori
avrebbero finito con l'allontanarsi e lui, nella notte,
si sarebbe dileguato con la sua preziosa preda, oggetto
di un ricatto che gli avrebbe fruttato il benessere per
l'avvenire.
La pastorella tardava a rinvenire e l'uomo preoccupato la
trasse a sé per osservarla. Aveva gli occhi
sbarrati dal terrore e sentendola inanimata, la ricoprì
di fieno. Non voleva uccidere, ma quale era stata
la forza della sua stretta?
Preoccupato si ritrovò a rimuginare sul male fatto,
quando udì imprecazioni e grida di richiamo.
Rabbrividì. I suoi inseguitori stavano ritornati verso
la capanna.
Che fare?
Che cosa progettare per fuggire?
Nella mente del vecchio si sovrapposero molte
possibilità, quando Pietro mise piede nella casupola
Non vedendo Nannella si allarmò e pensò ad una nuova
sciagura.
Radunò i compagni e udì un grido straziante provenire
dall'ovile.
Superato il primo sgomento, Pietro, spalancata la porta
della stalletta, fece appena in tempo ad afferrare per la
gola il vecchio che, a sua volta, stava soffocando la
pastorella che lo aveva ingannato fingendosi morta.
Luomo lasciò la stretta. Fu acciuffato e
legato.
Nannella tremante, senza voce, continuava a guardare il
mucchio di fieno. In mezzo si agitava qualche
cosa. Pietro spiccò un salto e trovò il
fratellino che, imbavagliato, si divincolava cercando di
liberarsi.
Tutti esultarono. Langoscia di tante ore si
tramutò in gioia.
Pietro, gli amici, Nannella, il vecchio Girilado ed il
piccolo liberato presero la via del Castel de
Zanna. Fu festa grande.
Pietro, grato a Nannella, soggiogato dalla sua dolcezza,
affabilità e generosità decise di farla sua sposa.
A ricordare la poetica storia esiste ancora oggi, nei
pressi di Mandres, una capanna tra gli alberi. La
capanna della pastorella.
Felice Mariotti
"Le Dolomiti
Raccontano"
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