Stella Cometa sul Monte Pizzocco...

 

 


La Montagna racchiude
leggende e fiabe che
vivranno solo se il
nipote, diventato nonno,
continuerà
a raccontarle...

La Pastorella di
Mandres:

A Mandres, ai limiti estremi delle abetaie, s'apriva una volta un grande prato, esteso sino a lambire il ghiaione del Monte Faloria e le limpide acque del laghetto di Costalares.
In una capanna, appena fuori dal bosco, tra ciuffi di rododendri, viveva Nannella, la pastorella.
Piccola di statura, graziosa, disinvolta, allevava caprette e pecore, cui dedicava tutte le sue cure e che le consentivano di sopravvivere. 1 funghi ed i frutti del bosco, che raccoglieva in abbondanza, le permettevano con scambi, di procurarsi la farina per la polenta, il sale e quanto le serviva per trascorrere i lunghi periodi invernali, quando la neve avvolgeva ogni cosa in un candido manto.
Aveva imparato a provvedersi del necessario dalla mamma, morta di crepacuore dopo aver perso prematuramente il marito.  Sapeva mettere in pratica i suggerimenti ricevuti nell'intimità della famiglia e conservava vivi nella memoria i ricordi del tempo felice e dell'affetto ricevuto.
Viveva serena, con una grande fede nelle piccole cose, a contatto con la natura, trovando forza nell'amore dei suoi che sentiva sempre vivo in lei.
Nannella cullava questi sentimenti anche nel silenzio della notte, quando il vento infuriava e riusciva a sentirsi protetta e confortata. 1 giorni trascorrevano in assoluta semplicità.  Al mattino riassettava la capanna, mungeva pecore e caprette, le portava al pascolo.  Preparava formaggio e marmellate e sapeva confezionare con le erbe unguenti e tisane medicamentose, con ricette tramandate in famiglia.
A valle era nota per queste sue doti ed in caso di necessità molti si rivolgevano a lei.
Trascorreva inoltre buona parte del suo tempo a contemplare i misteri della natura, a studiare i fenomeni atmosferici, la vita degli animali, dei fiori, delle piante.  Sovente rivolgeva il pensiero ai suoi cari e conversava con il loro spirito, che sentiva vivo tra le crode. Scendeva di rado in paese, appagata dalla sua vita tra i mille sussurri del bosco.
Un giorno Nannella era al pascolo.  Ad un tratto udì un nitrito che la allarmò. Presa da un istintivo senso di paura si nascose tra l'erba. Vide sbucare dal bosco un giovane cavaliere.
Pietro, dei nobili de Zanna, vedendola in apprensione, la salutò con cordialità e rispetto e subito le chiese se avesse veduto o incontrato un uomo con una lunga barba brizzolata, in compagnia di un bambino.
La pastorella, rincuoratasi, rispose che in quella località vedeva raramente qualcuno, perché esisteva un solo sentiero che terminava all'ingresso della casetta. Seppe che il vecchio ricercato, aveva rapito un bambino, il fratello del giovane cavaliere.  Si commosse ed assicurò Pietro che avrebbe partecipato alle ricerche, controllando tutti i nascondigli a lei noti.
Avrebbe segnalato eventuali novità.
Rimase turbata per l'accaduto ma, con immediatezza, pensò di darsi da fare per lenire la disperazione di una famiglia cosi atrocemente colpita. L’emozione provata le procurò un'agitazione inconsueta.
Adunò le bestiole, le rinchiuse nell'ovile prima del tempo e prese la via del bosco.  Cercava, correva, s'affannava.  Sali verso le crode, si pose più volte in ascolto.  Nulla.  Pensando alle pene di una mamma che trepidava. per la sua creatura, raddoppiò le energie e moltiplicò i suoi sforzi.  Era già notte quando, stremata, rientrò nella sua abitazione.  Chiuse porta e finestra e, desolata per non essere riuscita nel suo intento, si adagiò sulla branda e si addormentò.
Allo spuntar dell'alba si destò tentando di riordinare il sogno che la vedeva lontana, in luoghi selvaggi, esposta a pericoli, con la mamma accanto che l'aiutava ed incitava.Sorrise ritessendo nella memoria le immagini del sonno ed invocò le forze del bosco. Raccolta nei suoi pensieri non udì subito un rumore di passi attorno alla capanna.Quando distinse un brusio si affacciò alla finestra.Un uomo dalla lunga barba e con i capelli brizzolati s'allontanava nel bosco trascinando una delle sue caprette.
Sbigottita, spaventata, indignata, entrò nell'ovile e constatò il furto. Non poteva essere diversamente.  L’uomo che le aveva sottratto la bestiola era il rapitore.  Si fece forza ed accese sul focolare una grande bracciata di fieno.  Una colonna di fumo si alzò alta nel cielo.  Era il segnale convenuto con Pietro.
Il nobile cavaliere, adunati alcuni amici, si diresse immediatamente verso il bosco di Mandres.  Il vecchio, osservate tutte le manovre, si nascose in un alto anfratto della Val Orita.
La caccia al fuggitivo durò più del previsto.
Pietro giunse a sera alla capanna.  Deluso, addolorato, stanco.  Gli amici che lo accompagnavano erano esausti.
Nannella li ristorò e spiegò che non poteva essersi sbagliata.  Aveva visto l'uomo bigio e nel suo ovile mancava una capra.  Non avrebbe dovuto essere lontano.
L’impresa non poteva fallire e la pastorella invitò i ricercatori ad avere fiducia, a proseguire, a frugare in ogni angolo, a controllare ogni cavità della roccia. Gli spiriti del bosco e il dio Silvano li avrebbero aiutati.
Gli uomini, rincuorati, si allontanarono. Nannella stava pensando di uscire anche lei in ispezione quando udì belare una pecora.  Fra tanto trambusto si era dimenticata delle sue bestioline.  Raggiunse l'ovile.  Non appena varcata la porta si sentì stringere rabbiosamente alla gola.  Non il tempo di gridare ne di reagire.  Si accasciò come morta e fu gettata in un cantuccio.
Rimase immobile e l'uomo la ritenne svenuta.
Il furfante si sentì sicuro.  Gli inseguitori avrebbero finito con l'allontanarsi e lui, nella notte, si sarebbe dileguato con la sua preziosa preda, oggetto di un ricatto che gli avrebbe fruttato il benessere per l'avvenire.
La pastorella tardava a rinvenire e l'uomo preoccupato la trasse a sé per osservarla.  Aveva gli occhi sbarrati dal terrore e sentendola inanimata, la ricoprì di fieno.  Non voleva uccidere, ma quale era stata la forza della sua stretta?
Preoccupato si ritrovò a rimuginare sul male fatto, quando udì  imprecazioni e grida di richiamo.
Rabbrividì. I suoi inseguitori stavano ritornati verso la capanna.
Che fare?
Che cosa progettare per fuggire?
Nella mente del vecchio si sovrapposero molte possibilità, quando Pietro mise piede nella casupola
Non vedendo Nannella si allarmò e pensò ad una nuova sciagura.
Radunò i compagni e udì un grido straziante provenire dall'ovile.
Superato il primo sgomento, Pietro, spalancata la porta della stalletta, fece appena in tempo ad afferrare per la gola il vecchio che, a sua volta, stava soffocando la pastorella che lo aveva ingannato fingendosi morta.
L’uomo lasciò la stretta.  Fu acciuffato e legato.
Nannella tremante, senza voce, continuava a guardare il mucchio di fieno.  In mezzo si agitava qualche cosa.  Pietro spiccò un salto e trovò il fratellino che, imbavagliato, si divincolava cercando di liberarsi.
Tutti esultarono.  L’angoscia di tante ore si tramutò in gioia.
Pietro, gli amici, Nannella, il vecchio Girilado ed il piccolo liberato presero la via del Castel de Zanna.  Fu festa grande.
Pietro, grato a Nannella, soggiogato dalla sua dolcezza, affabilità e generosità decise di farla sua sposa.
A ricordare la poetica storia esiste ancora oggi, nei pressi di Mandres, una capanna tra gli alberi.  La capanna della pastorella.

Felice Mariotti
"Le Dolomiti Raccontano"


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