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"LA PRIMA ASCENSIONE UFFICIALE"

di Patrizio De Cian

"1798. Prima salita del Monte Pizzocco nelle Dolomiti di Feltre ad opera del barone von Zach, ufficiale mappatore".
Così si legge sulle guide e sui testi di storia delle Dolomiti, che si rifanno tutte alla relazione di Angelo Guarnieri "Una ascesa sul Monte Pizzocco", presentata all'adunanza straordinaria dei soci del Club Alpino Italiano – Sezione di Agordo il 22 agosto 1875 in Vedana…
Ma chi era dunque questo barone von Zach? E fu veramente il primo salitore? A quest’ultima domanda non e possibile dare una risposta sicura, anche se è estremamente probabile che la vetta del Pizzocco fosse stata raggiunta ben prima del 1798. Ma sarebbe sbagliato credere che sul Pizzocco, "che si erge come un poderoso torrione a forma di corno ducale", attirati dallo splendido panorama che offre la sua posizione dominante sulla media Val Belluna, salissero comitive di signorotti in escursione, magari partiti dalle numerose ville sparse nelle amene campagne ai suoi piedi: la fruizione della montagna per fini ricreativi ed estetici è ancora di là da venire.
Ed anche gli stessi abitatiti dei paesi circostanti sicuramente a quei tempi non sentivano particolari motivazioni interiori che li spingessero a scalare una montagna: questa interessava finché rappresentava qualcosa da sfruttare ed utilizzare concretamente nella vita quotidiana. Nelle rappresentazioni a stampa dei territori feltrini e bellunesi infatti la nostra montagna comincia a comparire solo nelle carte del Giampiccoli (1780), dello Zatta (1783) e del Bacler d'Albe (1802), ma come "M.te de Palia", a riprova del fatto che allora interessavano i pascoli, non certo le vette; il nome M. Pizzoc appare per la prima volta solo nella carta "Il Ducato di Venezia" del barone Anton von Zach (1806). Tuttavia la facilità e brevità del percorso a partire dai pascoli di Palia, già sfruttati in epoca medievale (vedi Bersaglio, Cergnai e i suoi dintorni, 1967), fanno ritenere per certo che pastori e cacciatori locali abbiano raggiunto precedentemente la cima; è forse ipotizzabile anche la salita da parte di naturalisti e botanici, le cui escursioni compiute nel Settecento per erborizzare sui monti dell'Alpago e sulle Vette Feltrine sono ben documentate. E perché escludere del tutto che qualcuno, precorrendo i tempi, sia arrivato in vetta solo per "l'orgoglio di poter dire d'essere stato lassù, per la curiosità di ammirare la propria e l'altrui valle", cioè mosso, "su un piano artigianale, dagli stessi sentimenti di ogni alpinista" (Piero Rossi, Cento anni di alpinismo dolomitico italiano, R.M. 1963); come giustificare altrimenti l'ascensione al Palmar del pievano di Cesio don Francesco Munaro che così cantava nel 1665 l'incantevole panorama del suo amato feltrino:
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