Tra reale e "perturbante" il confine si assottiglia

di PIERANGELA ROSSI

Tutto ciò - tutte le sfumature - che il "perturbante" assume e ha assunto nella storia delle categorie psicoanalitiche si ritrova oggi nelle biotecnologie come possibile avvenimento reale: le peggiori - più inquietanti - fantasie possono diventare realtà: la confusione tra vita e morte, il sosia, fantasmi di onnipotenza e autorigenerazione, in genere il familiare che diventa estraneo, lo spaesamento rispetto alle origini e così via. Nello stesso tempo, la psicoanalisi è costretta a ripensare, in un certo senso, anche le geometrie mentali all'interno del dicorso psicoanalitico. Come possono gli esseri umani ragionare eticamente su fenomeni del tutto nuovi - tecnicamente possibili - che attengono alle più intime sfere della persona senza doverli vivere in assenza di ogni riflessione? "Pensare" ciò che sta accadendo nei laboratori e soprattutto alle persone è compito (anche) della psicoanalisi, in un fecondo confronto con la bioetica. Così Loredana Preta presenta "Nuove geometrie della mente. Psicoanalisi e bioetica" (Laterza, pagine 234, lire 35.000). Nel libro, vari psicoanalisti, ma anche (per il diritto) Stefano Rodotà e Sebastiano Maffettone (per la filosofia), discutono su scenari imprevisti che ora si profilano sempre più "vicini". A cominciare dai fantasmi distruttivi degli stessi ricercatori (Fausto Petrella) per continuare con i possibili usi perversi dell'autonomia del sapere scientifico-tecnologico, rispetto ai quali va elaborata una ricerca di senso che sia invece anche umana (Roberto Contardi). In assenza di una seria riflessione, dice Olga Pozzi, il luogo concreto della riproduzione e consumazione della bioetica sarà inevitabilmente solo quello industriale e commerciale. Dalle protesi tecnologiche possono svilupparsi angosce catastrofiche: perché si oltrepassano limiti finora "delegati" al destino (Eugenio Gaburri). Vi sono conseguenze psichiche di "operazioni" sul corpo che possono presentare esiti mentali diversi dalle aspettative (Giuseppe Di Chiara). Anche Gabriella Bonacchi vede attivarsi nuove angosce in relazione alle biotecnologie. Ma i contributi nel volume sono poi moltissimi e i più diversi, sempre su questioni di, frontiera. Tra i tanti, fa riflettere lo scritto di Giorgio Bartolomei che mette in guardia sul rischio di una "deriva eugenetica" ("Intorno a un'etica del limite nell'età della Tecnica"). Bartolomei richiama anche alcune considerazioni di Freud nel "Disagio della civiltà", là dove si dice che "le età future porteranno con sé nuovi e forse inimmaginabili passi avanti nel campo della scienza, accresceranno ancora la somiglianza dell'uomo con Dio. Ma non dimentichiamo che l'uomo d'oggi, nella sua somiglianza con Dio, non si sente felice".

Avvenire, 27/10/1999