Protezione e conservazione


Tutti i Paphiopedilum, senza eccezione alcuna, sono segnati nell'Appendice I del Cites. Questo significa in teoria che sono trattati come specie in pericolo di estinzione, che è proibito il commercio internazionale di piante raccolte in natura, che anche per le piante riprodotte artificialmente occorrono permessi e nullaosta che certifichino che la pianta in questione proviene da coltivazione e non da una raccolta in natura.

L'acquisto di piante al di fuori dell'UE è pertanto regolato da tutta una serie di normative e l'importazione di queste piante comporta la richiesta di permessi e certificati vari. Ed in ogni caso NON di piante raccolte in natura. Alcuni paesi, come la Papua - Nuova Guinea proibiscono in toto l'esportazione di piante, per qualsivoglia scopo.

Ma sono effettivamente così rari? E sono in effettivo pericolo di estinzione?
La risposta possibile è una sola: si, sicuramente.

Tutte le orchidee tropicali ma i Paphiopedilum in particolare, devono affrontare un doppio pericolo. Da una parte la scomparsa degli habitat, dall'altra una raccolta spesso eccessiva che ne viene fatta per l'alta richiesta da parte di amatori e collezionisti occidentali.
Anzi, spesso più sono rare in natura, maggiore è il numero di piante raccolte. Spesso, leggendo in qua e la, si trovanno storie incredibili di piante raccolte a metri cubi, sia cento anni fa che ancora adesso. Specie vendute nei mercati asiatici un tot al chilo, interi habitat devastati, quintali o tonnellate di piante fatte passare illegalmente alle frontiere dei paesi di mezzo mondo.

Mi ricorda molto la raccolta dei funghi delle mie parti. Quandi si arriva a ottobre, intere flotte di automobili si sparpagliano nelle strade delle colline toscane per settimane, e quando, finalmente, la stagione dei funghi finisce, sembra che nei boschi siano passati interi eserciti in guerra, con migliaia di ettari di sottoboschi interamente devastati e decine di tonnellate di prelibati porcini asportati.
Certo, da queste parti i funghi crescono appunto "come funghi" … e l'anno successivo il fenomeno si ripete, con uguale abbondanza di "prodotto".
Ma le orchidee non sono funghi e non crescono "come funghi". Il loro ciclo vitale è lunghissimo e la crescita molto lenta. Al punto che un seme, per arrivare a fiorire, impiegherà anche 15 anni di lenta, lentissima crescita. Cosa succederebbe ai nostri porcini se avessero un tale, lento ritmo? Quanti anni di raccolta occorrerebbero per estinguere il Boletus edilus in natura? Pochi, a mio parere.

Ed i Paphiopedilum stanno subendo un simile ritmo di raccolta da circa 150 anni (si, vabbè, ho esagerato ... tuttavia ...)

La parte positiva del discorso è che le orchidee (perlomeno queste orchidee) non si mangiano, e le piante non sono rimangono vive, ma si riproducono pure nelle nostre case. Non occorre asportare piante in natura per soddisfare le odierne richieste di mercato, almeno in teoria.
L'unica pianta di P. delenatii rimasta in coltivazione negli anni 20 ha avuto una lunga e sana discendenza, decine di migliaia di discendenti, uno dei quali potrebbe essere adesso in casa vostra.
Le tecniche di semina dei riluttanti Paphiopedilum sono oramai state affinate e non occorre espiantare diecimila piante in natura per soddisfare la richiesta di mercato: occorre UNA capsula di semi e (purtoppo l'accrescimento accellerato è solo fantascienza) 5/10 anni di tempo.

Ciò non vuol dire che la raccolta di queste piante in natura sia da demonizzare e da proibire in ogni caso.
Sarebbe, secondo me, necessaria tuttavia una sorta di "programmazione" delle raccolte in natura, soprattutto per quelle specie più rare e ricercate.

Oggi sento tanto parlare di Cites, di restrizioni, di vietare, proibire e condannare. Eppure mi sembrerebbe più logico che questo organismo, si facesse carico di una sorta di distribuzione "condizionata" di queste piante così in pericolo.
Un qualcosa tipo <<Io Cites, fornisco a te vivaista questa pianta rara, gratuitamente, a condizione che entro 3 anni tu possa essere in grado di vendere ad un prezzo non più alto di "tot", 10.000 piantine della stessa specie.>>
Potrebbe essere un sistema per far felici gli amatori che avrebbero le piante cercate, i vivaisti che potrebbero guadagnarci diversi quattrini, gli ambientalisti che vedrebbero diminuire di una grossa percentauale le raccolte e devastazioni ed il Cites stesso che raggiungerebbe più facilmente gli scopi che si prefigge.

Dite che non è fattibile? Beh, è una proposta come un'altra …
In ogni caso le proibizioni servono sempre a poco, anzi, sono spesso talmente tanto controproducenti da avere l'effetto opposto a quello che si vorrebbe. Come tutti sappiamo, vietare una cosa non serve a fermarla … solo a renderla più costosa.

Tra l'altro, visto che le raccolte "illegali" hanno un'altissima percentuale di perdite, credo che raccolte "controllate" potrebbero immettere sui mercati un numero forse solo poco inferiore di piante sane rispetto a quello (totalmente illegale) odierno. Ritengo quindi che sia possibile una certa raccolta "eco-compatibile" di piante in natura, scegliendo piante desiderabili e senza intaccare la sopravvivenza di queste.
Comunque sia, per adesso non viene fatto nulla in tal senso, quindi, se avete specie di paphiopedilum, cercate di coltivarle al vostro meglio, di tenerle sane, di moltiplicarle quando potete, magari scambiando le divisioni ottenute con altri amatori. Se poi volete provare ad ottenere una capsula e seminarla tanto meglio, anche se non è ne facile ne di sicuro successo.

Se volete tentare una semina io non posso aiutarvi che più di tanto, ma altri amatori o associazioni possono darvi una mano. Inoltre, se avete una specie rara e/o particolarmente bella e volete andare sul sicuro, sappiate che esistono laboratori specializzati, i quali, a prezzi passabili, possono effettuare la semina per voi.

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