Storia di Roma con riferimento alla storia letteraria.

Il periodo delle origini (? - 241 a.C.)

 

 

 

La nascita di Roma: tra leggenda e storia.

Leggenda. Conosciute soltanto attraverso fonti piuttosto tarde (III-II sec. a.C.) - che furono utilizzate, tra gli altri, da Livio e da Plutarco - le origini di Roma furono abbellite dagli storici antichi con leggende che lusingavano l'orgoglio romano: cominciamo da queste.

Secondo Varrone la città fu fondata nel 753 a.C. da Romolo, discendente dal troiano Enea, che - dopo la caduta di Troia - sarebbe venuto a stabilirsi lungo le rive del Tevere (XII sec. a.C.). Romolo, il primo dei "sette re", segnò con un solco i limiti dello stanziamento originario ("Roma quadrata") e fece della città un vero e proprio asilo per vagabondi e fuorilegge. Poiché i Romani, poi, avevano rapito le Sabine, per farne le loro donne, una guerra scoppiò con quel popolo, ma terminò felicemente con la fusione delle due compagini.

 

 

A Romolo (m.715), successero proprio 3 re sabini:

- Numa Pompilio (715-672): organizzò la vita religiosa;

- Tullo Ostilio (672-640): trionfò su Albalonga (667-65: episodio degli Orazi e dei Curiazi);

- Anco Marzio (640-616): fu un re "costruttore", ed estese l'influenza di Roma fino al mare, fondando il porto di Ostia.

Alla morte di quest'ultimo, un colpo di mano diede il potere al tutore dei suoi figli, l'etrusco Tarquinio Prisco (616-578), il quale riportò delle vittorie sui Latini e abbellì la città iniziando grandi lavori pubblici (Cloaca Massima, Circo Massimo, Tempio Capitolino). Fu seguito da altri due re etruschi:

- Servio Tullio (578-34): diede a Roma una nuova cinta muraria (comprendeva i sette colli), divise il popolo in 4 tribù e in 5 classi censitarie (ordinamento centuriato), riorganizzò l'esercito, ma fu ucciso per istigazione del genero e successore

- Tarquinio il Superbo (534-509): portò a termine i grandi lavori pubblici dei suoi predecessori, condusse guerre vittoriose contro i Latini, ma abolì la costituzione di Servio e governò con l'arbitrio e la violenza (esemplare il tragico episodio di Lucrezia)

I nobili romani, guidati da Bruto, sollevarono allora il popolo, cacciarono il tiranno e proclamarono la Repubblica (509).

Fin qui la leggenda. Ora, la vera (presunta) storia.

 

Storia. Situata in una buona posizione geografica, al centro della pianura del Lazio, e avvantaggiata strategicamente dai sette colli, Roma fu abitata fin già dal X sec. a.C.; verso l'VIII sec. si costituì una lega di sette villaggi latini ("Septimontium"), che subì il dominio dei Sabini, stanziati fra il Quirinale e il Viminale. Ma alla fine del VII sec., gli Etruschi invasero il Lazio: sono loro i veri fondatori di Roma, poiché riuniscono i piccoli villaggi latini in una sola città, "Rumon" (nella loro lingua, "città del fiume"). In questo contesto, la rivoluzione repubblicana del 509 appare, piuttosto, come una rivolta "nazionale" del Latini contro i dominatori e come una rivincita dei patrizi rurali sul popolo romano più umile, le cui attività commerciali ed industriali erano strettamente legate all'impero etrusco appunto.

 

La conquista dell'Italia (509-272).

La repubblica. Con la cacciata dell'ultimo tiranno etrusco, l'aristocrazia romana detenne finalmente il potere e istituì il consolato.

Politica interna. All'interno, questo periodo fu caratterizzato dalla lotta fra patrizi e plebei, dalla lenta ascesa della plebe che, cosciente della propria importanza militare nelle guerre d'espansione, si solleva (secessione sul Monte Sacro, 494-3) e ottiene gradualmente, ma decisamente, l'uguaglianza civile (legge delle "XII Tavole", 451-49): i plebei ottennero così successivamente il consolato (366), la dittatura (356), il sacerdozio (300).

Politica estera. All'esterno, invece, Roma si trovò sulla difensiva, e dovette combattere contro i vicini prossimi: Etruschi a nord (presa di Veio da parte di Camillo, 395), Equi ad est (dittatura di Cincinnato, 457), Volsci a sud-est (tradimento di Coriolano, 488). La città, ch'è ancora un borgo rurale, subisce inoltre l'incursione dei Galli ("sacco di Roma", 390), respinti finalmente dall'eroico Camillo, ma fin da 343 lotta contro i suoi più temibili avversari, i Sanniti - coraggiosi montanari degli Abruzzi (le 3 guerre sannitiche: I, 343-1, II 326-04, III 298-90), riuscendone a piegare solo dopo molti sforzi (ad es., scacco delle Forche Caudine, 321) l'ostinata resistenza, e assurgendo, di fatto, ad unica padrona della Campania (inizio III sec. a.C.).

Questo nuovo ruolo comporta l'inevitabile frizione coi Greci dell'Italia meridionale: la guerra contro Taranto e il suo alleato Pirro, re dell'Epiro, termina - dopo alterne e drammatiche vicende - con la sfolgorante vittoria di Benevento (275) e con la presa di Taranto (272). Roma domina oramai tutta l'Italia centrale e meridionale.

L'ordinamento repubblicano. Il governo repubblicano presenta, in questo momento, la sua definitiva forma costituzionale (tanto vagheggiata in seguito): si regge idealmente sull'equilibrio e il controllo reciproco di un potere monarchico (i magistrati), di un potere aristocratico (il senato) e di un potere democratico (l'assemblea del popolo): ovvero, i magistrati (consoli, pretori, edili, tribuni della plebe, questori), eletti dal popolo (comizi centuriati e comizi tributi), esercitano il potere esecutivo sotto la tutela del senato, autorità permanete e suprema della Roma repubblicana [i suoi membri, nominati a vita e reclutati dai censori (dopo il 318), sono per la maggior parte ex magistrati (i plebei sono entrati al senato all'inizio del IV sec.)]. Numerose precauzioni, poi, e in particolare la collegialità di tutte le magistrature (con l'eccezione di quelle straordinarie: dittatura, comando della cavalleria), vengono apportate per scongiurare la restaurazione di una qualsivoglia tirannide.

 

L'inizio dell'espansione imperialista.

L'inizio dello scontro con Cartagine. Il dominio di Roma nell'Italia meridionale sancisce inevitabilmente l'inizio del duro e lungo scontro con Cartagine, per l'egemonia sul mediterraneo occidentale: il successo nella I guerra punica (264-41) permette ai Romani di annettere la Sicilia (241) e la Sardegna (238), che diventano le due prime loro province.

 

Breve profilo sulla cultura e sulla produzione letteraria delle origini. [per un'adeguata trattazione, si rinvia ovviamente ai relativi capitoli contenuti nell'indice della letteratura].

Le manifestazioni letterarie, o meglio "pre-letterarie", del cosiddetto periodo delle origini hanno un carattere (quasi) esclusivamente utilitario, e sono strettamente connesse con la vita politica e religiosa dell'urbe. I primi monumenti e documenti riguardano, quindi, soprattutto il campo religioso ("Carmina Saliara", "Carmen Fratrum Arvalium"…) e giuridico (Leggi delle "XII Tavole"). Come visto, fioriscono le leggende sulla storia di Roma, e germi di poesia mitica ed epica si scorgono, ad es., nei "Carmina Convivalia", così come germi di poesia comica e satirica s'intravedono nelle "Atellane", nei "Fescennini", nelle "Saturae" drammatiche. Dall'anonimato di questa produzione, si eleva almeno la figura di Appio Claudio Cieco (inizio III sec. a.C.), il cui nome è legato soprattutto a quei prodromi d'oratoria, di diritto e di tradizione moralistico-sentenziosa, che da qui caratterizzerà permanentemente la successiva letteratura.

 

 

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