Valerio Flacco

 

 

 

 

 

Caio Valerio Flacco Balbo Setino

(n. Setia?, od. Sezze, nel Lazio - m. 93 ? d.C.)

Vita.

Nulla si sa di lui, tranne che fu dei "quidecemviri sacris faciundis", preposto cioè all'organizzazione dei ludi secolari e all'interpretazione dei libri sibillini. La sua attività si compie, comunque, sotto l'impero di Domiziano, secondo la testimonianza di Quintiliano. Non visse abbastanza a lungo per portare a termine il suo capolavoro.

 

Opera e considerazioni.

In tacita polemica con Lucano, che aveva trattato un tema d’attualità, F. tornò al mito e scrisse un poema epico mitologico in esametri, dedicato a Vespasiano: "Argonautica" ("Storie degli Argonauti"), iniziato verso l’80, ma interrotto bruscamente al libro VIII.

La materia, derivata liberamente dall’omonimo poema di Apollonio Rodio, racconta la conquista del vello d’oro (e nell’enfasi sul dominio del mare, contenuta soprattutto nel proemio, c’è forse un riferimento all’ideologia vespasiana) e la passione di Medea per Giàsone; nella seconda parte del poema, poi, F. - distaccandosi dal mito - inserisce una vicenda bellica (guerra contro Perse): la struttura narrativa dell'opera viene così a riprodurre sostanzialmente quella bipartita dell' "Eneide": alla narrazione del viaggio segue quella della guerra e delle altre vicende in Colchide.

Proprio questa sottesa "ispirazione" virgiliana spinge il nostro ad una poetica, come dire, "reazionaria", nell’apparato mitologico e divino e nell’impostazione edificante. Nei punti, invece, in cui egli segue da vicino il testo greco, la sua rielaborazione appare guidata dalla ricerca dell’effetto, per ottenere il coinvolgimento emotivo del lettore.

L'elemento romano è rappresentato, se vogliamo, dal tentativo del poeta di comparare l'impresa degli Argonauti a quella di Vespasiano che esplora i mari intorno alla Bretagna. Più sensibilmente stoica di quanto non fosse già in Virgilio, è poi la presenza di Giove come provvidenza, aspetto per il quale F. subiva l'influenza del pensiero contemporaneo. E’ evidente, inoltre, che il poeta ha conosciuto e apprezzato le tragedie romane, in modo particolare, forse, quelle di Seneca. Come quest'ultimo, si mostra sensibile alla poesia "cosmica" (le evocazioni del cielo stellato, dei venti, del mare sono introdotte non tanto come forme spettacolari, quanto come presenze di forze naturali).

 

 

Discepolo dei poeti tragici, F. lo è pure nelle sue motivazioni "soggettive" e psicologiche (il che fa pensare anche a Lucano), e nel dar valore all'eroe (Giàsone, ma anche Medea, ecc.) quale eroe "universale", mentre nell' "Eneide" esso era collegato maggiormente al suo contesto religioso e sociale.

Questa poesia "riflessa" ed elaborata – talora "manieristica" – rischia a volte di disperdersi sotto tali molteplici spinte, non sempre armonizzate: ma se F. fallisce spesso nella creazione di strutture narrative articolate, al contrario riesce elegante e raffinato nel particolare, nel dettaglio descrittivo, nella notazione appunto psicologica. Da tutto ciò, risulta un testo narrativo assai difficile, spesso oscuro, che si caratterizza come estremamente dotto anche per quanto riguarda la sua destinazione di pubblico.

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