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Anno 1 Numero 3 Mercoledì 24.04.02 ore 00.05 

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Direttore Responsabile Guido Donati

   

Il cancro del collo dell'utero e il papillomavirus

 

 

di Guido Donati *

Anche per il cancro della portio uterina, come per altri tumori, è sempre più certa la relazione con i virus, ed in particolare con il papillomavirus (HPV - Human Papilloma Virus). Questi microrganismi possiedono un DNA e sono capaci di inserirlo in quello delle cellule infettate, potendone determinare la trasformazione in senso neoplastico. Essi, già conosciuti 2000 anni fa col nome di "creste di gallo" per la morfologia che acquisiscono i tessuti genitali, sono chiamati condilomi.

Vi sono circa 80 tipi diversi di HPV  che causano sia le comuni verruche sia i condilomi, alcuni sono altamente cancerogeni, altri a basso rischio o nullo. A seconda del loro DNA sono identificati con un numero: i più comuni sono il 6 (65 %), l’11 (20 %) e il 16 (meno del 10 %), quelli più pericolosi sono il 16, 18, 45, 31 ed altri. E' perciò estremamente importante per identificare il rischio oncogeno del virus, la tipizzazione, cioè l'identificazione del virus tramite amplificazione genica.  Il rischio oncogeno nella portio uterina è 1000 volte superiore  rispetto a quello della vulva e della vagina. Comunque pare non sia sufficiente l'infezione da HPV  a provocare la trasformazione neoplastica ma occorrono altre concause quali: fattori immunologici, cancerogeni chimici, fumo,  associazione ad altre malattie veneree (Herpes simplex, Chlamydia). I condilomi si trasmettono per lo più per via sessuale, talora per scarsa igiene (asciugamani comuni, palestre, piscine, ecc.). Sono una delle malattie veneree più comuni; perciò devono essere combattute dagli specialisti in venereologia nell'ambito dei centri MST (Malattie Sessualmente Trasmesse).

La presenza di leggere escoriazioni o di microlesioni del tessuto genitale può predisporre all'ingresso del virus, le cellule del sistema immunitario riescono a sconfiggerlo nel 30-40% dei casi. Il virus non dà manifestazioni visibili, per un periodo che può andare da un minimo di 3 settimane fino ad 8 mesi.

La lesione è visibile ad occhio nudo in una minoranza dei casi, solo con il Pap test o con la colposcopia, si ha una diagnosi sicura; questi mezzi diagnostici sono di facile applicazione, rapidi ed indolori. Il Pap test si effettua prelevando con una apposita spatolina le cellule di sfaldamento del collo dell'utero e con una microspazzolina quelle del canale cervicale che vengono colorate ed esaminate al microscopio, va eseguito una volta l'anno ed è raccomandato a tutte le donne anche molto giovani dal primo rapporto sessuale; è fondamentale per la prevenzione dei tumori del collo dell'utero.

La colposcopia si avvale di un particolare microscopio (colposcopio) con il quale vengono esaminate le aree genitali, prima al naturale e poi applicando sostanze che reagiscono con i tessuti colorando in modo differente le zone sane e quelle malate. Nelle zone anomale si può effettuare un piccolo prelievo di tessuto il cui esame istologico permetterà una diagnosi certa. Con la biopsia effettuata senza l'ausilio del  colposcopio si rischia di prendere il tessuto da una zona sana e di dare falsi negativi.

La colposcopia permette, inoltre, di delimitare precisamente la lesione. La  migliore terapia soprattutto per i condilomi vulvari e vaginali è la crioterapia che determina il minor danno con migliore "restitutio ad integrum" ed ottimi risultati di guarigione; per quanto riguarda la terapia con il laser, si è costatata la presenza di virus nei fumi emessi durante il trattamento, che contaminando l'ambiente  potrebbero infettare l'operatore con un certo rischio di evoluzione in carcinoma a cellule squamose della laringe, dei seni nasali e dei polmoni.

* Dott. Guido Donati - specialista in venereologia

 

 

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