Anno 1 Numero 13 Mercoledì 03.07.02 ore 00.05 

Intervista

Direttore Responsabile Guido Donati

 

Intervista all'archeologo Italo Biddittu  

 

a cura di Alina Galluzzi (Accademia di Belle Arti di Firenze)

 

Dal cognome si intuisce l’origine sarda. Tu puoi essere considerato uno dei primi immigrati in terra Ciociara  nel dopoguerra, visto che abiti a Frosinone dal 1957. Qual buon vento...? Un vento occasionale...che spirava da est verso ovest, visto che ha spinto mio padre, appena andato in pensione,  a lasciare Ancona, dove avevamo vissuto per quattro anni, per trasferirsi a Frosinone con l'idea che sarebbe stato più facile in seguito, per noi tre fratelli, trovare una occupazione...rispetto un progettato e forse sperato ritorno alla sua patria di origine..

Appena arrivato hai cominciato ad effettuare ricerche archeologiche; sulla base di quale spinta interiore ? Ci sono stati due precedenti importanti: il primo a Finale Ligure, dove eravamo stati prima di Ancona. Nel breve periodo in cui siamo stati a Finale, ho avuto modo di visitare il museo, allestito a Finalmarina, in cui erano esposti reperti e sepolture rinvenuti nella vicina Grotta delle Arene Candide, importante archivio della preistoria e protostoria ligure, esplorata da archeologi come Luigi Cardini e Luigi Bernabò Brea. Frequentavo il IV ginnasio e il programma di studi comprendeva anche la preistoria. Il destino ha voluto che, in seguito, ottenuto un distacco presso l'Istituto Italiano di Paleontologia Umana, io abbia lavorato proprio con Luigi Cardini e anche con Bernabò Brea in occasione della pubblicazione dei risultati degli scavi alla Grotta del Santuario della Madonna a Praia a Mare, Cosenza. La seconda occasione importante si è verificata ad Ancona: ho conosciuto l'archeologa Delia Lollini che in quell'epoca (1952) stava scavando un abitato Protovillanoviano cui si sovrapponevano livelli della cultura Picena. Ho frequentato gli scavi per qualche tempo e ho cominciato ad approfondire le conoscenze sulla preistoria.

E i risultati delle prime ricerche in Ciociaria ? Inizialmente non c'era un piano ben preciso. Le prime esplorazioni sono state nel territorio del comune di Frosinone, con la segnalazione dell'abitato volsco e pre-volsco nell'area di Frainale, venuto alla luce in seguito agli scavi per la realizzazione della caserma dei carabinieri e del nuovo ospedale; poi l'area delle Fontanelle... In seguito l'abitato nella contrada Canale ad Alatri...  

Poi la collaborazione con l'Istituto Italiano di Paleontologia Umana... Dopo aver conosciuto Alberto Carlo Blanc e Luigi Cardini, si sono create le condizioni per ottenere nel 1962  una mia assegnazione presso l'Istituto Italiano di Paleontologia Umana a Roma, che è una delle prime istituzioni (1927)  tra quelle fondate per  le ricerche e gli studi sulla preistoria italiana. Ho lavorato quindi per quattro anni all'Istituto, che aveva allora sede in alcuni locali presso lo zoo di Roma e un laboratorio alla facoltà di Lettere dell'Università. Ho partecipato in quel periodo, tra l'altro, alle campagne di scavo in Puglia, Sicilia, Calabria, Liguria, Lazio, e alle attività didattiche con gli studenti del prof.Cardini (M. Piperno, G. Bulgarelli, A. Anzidei...) In seguito, dopo la scomparsa del prof. Cardini e l'interruzione dell'assegnazione all'Istituto per problemi burocratici, ho continuato l' attività di ricerca e di studio in collaborazione col prof. Aldo G. Segre, geologo specialista in problemi del Quaternario.

Si è così definita una direzione ben precisa: la ricerca delle testimonianze sulle prime frequentazioni umane del territorio. C'erano le premesse per ottenere buoni risultati ?

 L' indagine bibliografica ha messo in evidenza come il territorio del Lazio meridionale fosse stato già parzialmente indagato da Giustiniano Nicolucci, uno studioso di Isola del Liri che nella seconda metà dell'Ottocento (non possiamo più dire del secolo scorso, ormai!), insieme ad una piccola schiera di precursori, si è dedicato allo studio dell'Età della pietra. Le  mie indagini, iniziate nel 1957, sono state indirizzate alla osservazione dei depositi quaternari, degli antichi bacini lacustri, alla presenza dei prodotti di vulcani estinti...tutte condizioni paleoambientali positive per la ricerca delle testimonianze preistoriche. Risale al 1957 la mia collaborazione con Pietro Fedele, allora sindaco di Pofi, che aveva iniziato, con il supporto di A.C. Blanc e L. Cardini le sue ricerche sul territorio comunale, che hanno portato alla scoperta nel 1961 dell'Uomo di Pofi.  

Il cerchio si chiude...ora hai allestito il Museo preistorico di Pofi, che rappresenta il compendio delle ricerche sulla preistoria nel territorio. Il percorso didattico può essere considerato anche una sintesi dei risultati delle ricerche... Il museo preistorico di Pofi, fondato da P. Fedele nel 1959 come museo civico,  rappresenta, in seguito allo sviluppo attuale, il centro di studio ed esposizione dei ritrovamenti preistorici del territorio provinciale per gli importanti risultati ottenuti con le ricerche e gli studi che durano da oltre quaranta anni.

E' quindi un museo sulle fasi più antiche della presenza umana nel Lazio meridionale interno:parliamo dell'uomo, appunto... Qual'è l'importanza del cranio umano che hai scoperto a Ceprano nel 1994 ? Nel panorama relativo alle fasi iniziali del popolamento europeo, l'uomo di Ceprano rappresenta una testimonianza importante: la posizione stratigrafica, gli studi geologici, la morfologia dei caratteri anatomici, che hanno molte affinità con Homo erectus, suggeriscono di attribuire al fossile l'età di 800.000 anni, età quindi contemporanea a quella dei resti umani trovati ad Atapuerca in Spagna e attribuiti alla nuova specie Homo antecessor. La presenza di ominidi dai caratteri differenziati in Europa in una fase così antica non era ritenuta possibile da alcuni studiosi, in contrasto con i dati archeologici (compresi quelli del Lazio meridionale interno), che testimoniavano la presenza di manufatti più antichi di 500-600 mila anni.

Oltre il significato scientifico della scoperta, che è certamente il più importante, cos'altro ha rappresentato, personalmente, l'aver trovato un resto umano così antico ? La realizzazione di un sogno e inoltre la ricompensa per gli anni di assidue, mirate ricerche e non di occasionali passeggiate domenicali da  cacciatore d'ossa come qualcuno vorrebbe far credere. Per i ricercatori europei che si interessano al problema delle prime fasi della preistoria, la scoperta di un fossile umano rappresenta un evento molto raro. Non come in Africa, dove  vasti territori presentano una morfologia in cui l'erosione degli antichi strati consente l'affioramento di migliaia di ossa fossili di animali con la conseguente superiore possibilità di trovare, così come avviene, anche resti di ominidi. Quindi puoi immaginare cosa abbia provato quando ho unito i due frammenti del frontale dell'uomo di Ceprano, che erano rimasti in situ nell'argilla affiorante sulla scarpata da poco sezionata a Campogrande. Lo spessore notevole delle arcate sopraorbitarie, la posizione dell'argilla, che è sottostante alle ghiaie con manufatti acheuleani, erano dati già sufficienti per avere immediatamente un quadro dell'importanza della scoperta. Finalmente un uomo e non soltanto i suoi manufatti in pietra, che da oltre 30 anni trovavo nella stessa area...

I fossili umani sono spesso definiti amichevolmente con un nome. Nel caso di Ceprano hai suggerito Argil. Per quale ragione ? L'attribuzione di un nome di carattere affettivo ad un ominide fossile nasce quasi sempre da occasioni od osservazioni legate agli avvenimenti o al luogo in cui la scoperta avviene. In un primo tempo, dati i caratteri del cranio, pensavo che Erec fosse un nome significativo, essendo un reperto che si opponeva all'opinione diffusa che Homo erectus non poteva essere arrivato in Europa. In seguito, quando gli studi antropologici di A. Ascenzi, G. Manzi e F. Mallegni hanno definito meglio le caratteristiche anatomiche del reperto, ho creduto opportuno pensare al nome Argil. Questo suggerimento è nato dal contrasto tra l'aspetto massiccio delle ossa del cranio, che sono particolarmente spesse, e il fatto che il reperto giaceva isolato  in uno strato di argilla, che per quanto si poteva osservare, non mostrava contenesse altri tipi di reperti. Ho pensato a quest'uomo che scopre la coscienza e forse intuisce una idea di tempo più ampia di una giornata solare e che poi, dopo la morte,  ha i suoi neuroni sostituiti dall'argilla, in una "sepoltura" non voluta da congiunti o dai membri del gruppo cui apparteneva, ma originata dalla tettonica, dalla deriva dei continenti... 

Per concludere, quali ricerche sono in atto sul territorio e quali prospettive ci sono per il futuro ? Molto tempo è stato dedicato in questi ultimi anni alle ricerche nel giacimento di Isoletta (Arce), nel sito in cui i lavori di sbancamento per la realizzazione di due gallerie TAV hanno messo in luce una sezione stratigrafica alta più di 25 m. Il museo di Pofi ha collaborato allo scavo della Soprintendenza Archeologica del Lazio (Dr.ssa Annalisa Zarattini), che ha messo in evidenza due livelli archeologici del Paleolitico inferiore, resti di faune fossili, di molluschi, di piante torbizzate. Data l'importanza dei giacimenti preistorici di questa area è stata concordata una collaborazione internazionale tra Italia, Francia e Spagna  sia per lo studio comparativo tra i manufatti litici italiani e quelli dei giacimenti più antichi europei e del Caucaso. Due equipe di francesi, dirette dal prof. Henry de Lumley,  hanno lavorato  presso il museo di Pofi alla fine del 1999; tra le attività svolte si ricorda la campionatura della sezione di Isoletta che consentirà di avere, a studi effettuati, una importante documentazione completa sull'evoluzione degli ambienti nel Pleistocene medio e superiore di tutta l'area. Altre ricerche sono in corso nella Val di Comino e alle Grotte di Pastena in collaborazione con l’Università di Perugia (Prof. G. Carancini).

 

 


 

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