IL FOLKLORE

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IL FOLKLORE

di Annamaria "Lilla" Mariotti

 

La Tonnara è legata in modo indissolubile alla vita di Camogli.  Qui il primo accenno di primavera non erano solo gli alberi in fiore e l’arrivo delle rondini, ma anche le grosse reti di filetto di cocco stese sul muraglione del molo in tutta la sua lunghezza, in attesa di essere rifinite, cucite insieme e calate in mare.   La calata in mare della Tonnara segnava l’inizio dell’estate più dell’arrivo del sol leone, come, alla fine di Settembre, la processione dell’”asino” e della “poltrona” che venivano riportate in porto alla fine della stagione di pesca, segnavano anche la fine dell’estate.   

C’era poi un altro avvenimento : ad un certo punto delle voci sussurrate attraversavano Camogli, come un tam-tam silenzioso che andava di casa in casa, e tutti correvano alla calata del porto, dove si trova la mancina,  a vedere il “mostro” rimasto impigliato nelle reti della tonnara e che veniva appeso lì, alla vista di tutti.    Una volta era un grosso squalo Lamia di 1.400 Kg.,  un’altra un balenottero, o un pesce martello oppure un pesce diavolo, spaventoso,  e persino una manta di 350 Kg.   Una volta rimase impigliata nelle reti un’enorme tartaruga di 480 Kg., vecchia di 500 anni e nel Settembre del 1970 furono catturati due rarissimi esemplari di marlin bianco.   Il 2 Giugno 1974 venne catturato un pesce enorme, coloratissimo e tanto raro che nessuno lo riconobbe, così una foto del pesce prese la strada della Costa Azzurra e venne sottoposta all’attenzione di Jacques Cousteau che lo identificò come appartenente alla famiglia dei pesci luna (Lampris luna), ma di una specie rara, che vive sia negli Oceani Atlantico e Pacifico che nel Mediterraneo,  ma difficile da catturare perché vive  in alto mare ed a grandi profondità.  Questo in particolare era un pesce imperatore o Lampris regius (Bonnaterre).   Come  sia arrivato a passare vicino a Punta Chiappa rimarrà sempre un mistero.  

Dopo che la folla si era radunata arrivavano i due fotografi di Camogli, Ciotti e Ferraris,  per immortalare l’avvenimento ed il giorno dopo le foto apparivano sui giornali, così tutti andavano in edicola e poi cercavano di riconoscersi in quei volti alzati e incuriositi, assaporando anche un momento di notorietà.  Le foto venivano anche esposte nelle vetrine dei fotografi, con grande curiosità di tutti.   Questo si è verificato con una certa  frequenza tra gli anni ’40 e ‘70, e alcuni di questi esemplari sono ora esposti al Museo di Storia Naturale di Genova.   Si sa che ci sono state delle catture particolari anche prima degli anni ’40, ma dopo gli anni ’70 certo grossi pesci devono aver cambiato rotta perché la Tonnara non ne ha più pescati.  Forse questo è dovuto anche al ridotto traffico marittimo di grosso tonnellaggio diretto a Genova, perché si diceva che quei grossi pesci seguissero la scia delle navi.  Più di una volta nel Golfo Paradiso, in anni passati, erano stati avvistati anche dei capodogli.  Tra l’altro questi grossi mammiferi costituivano un grosso pericolo per la tonnara perché se lasciavano la loro rotta ed entravano nelle reti, le distruggevano. 

C’è poi un altro fenomeno legato in qualche modo alla stagione della Tonnara.   Durante le calme primaverili si vedono improvvisamente sulla superficie del mare delle macchie scure, sembra di veder ribollire l’acqua e si dice che siano banchi di acciughe che salgono a galla per sfuggire ai tonni che nuotano sotto di loro, perché questi pesciolini costituiscono il loro pasto preferito.   Sarà verità o sarà leggenda ?    Non è dato saperlo per certo, ma come tutte le cose collegate al mare ha un suo fascino ed è bello lasciar correre la fantasia.

 

Un altro avvenimento di alcuni anni fa e che richiamò l'attenzione di tutta la comunità riguardò l'asino, la barca che porta il pescato.    La storia di questa barca è anche legata all'inizio della tradizione del falò decorato, il tradizionale falò che si accende la sera del secondo sabato di Maggio, vigilia della festa di San Fortunato, patrono dei Pescatori e che iniziò proprio con il vecchio "Asino".    L'asino di cui si parla era stato costruito a Mola di Bari nel 1922 ed era costato, a quell'epoca, milleseicento lire.  Dopo aver servito per un po' di anni alla tonnara, nel 1936 andò a finire a Santa Margherita dove la barca fu motorizzata e destinata alla pesca con i palamiti.   Nel 1940 subì un'altra trasformazione, divenne addirittura un peschereccio e questa volta venne impiegata per la pesca a strascico, che praticava ancora nel 1946.   Ma la sua avventura non era finita, proprio nell'Agosto del 1946 durante  una terribile libecciata il nuovo Asino della tonnara naufragò miseramente e l'interesse dei tonnarotti camogliesi si rivolse a  quel vecchio scafo che anni prima avevano ceduto ai pescatori di  Santa Margherita e così, da buoni camogliesi con   un occhio alla possibilità di fare un buon affare, lo ricomprarono.   La  vecchia barca, perdute le sue sovrastrutture ed il suo status  di peschereccio, tornò a lavorare a Punta Chiappa e a caricarsi del pescato della tonnara, riprendendo  il vecchio nome di "Asino" o "Aze", come si dice in dialetto.    Passarono gli anni, mani e mani di vernice ogni anno la rimettevano a nuovo e la barca andava avanti e indietro con il suo carico di uomini e di pesci finché un brutto giorno venne deciso che per lei era finita, l'unica soluzione era riempirla di sassi ed affondarla.  Tutto questo succedeva alla vigilia della festa di San Fortunato del 1968  ed i ragazzi già da tempo stavano accatastando sulla spiaggia legna di tutti i tipi per il tradizionale falò che si accende al sabato sera, dopo la processione e i fuochi.   Ma quell'anno nacque una disputa, sembra che per qualche motivo il falò non si dovesse fare  e allora intervenne un altro personaggio storico della nostra città, Ido Battistone, ideatore del "DRAGUN" e delle sue future imprese,  che fece il diavolo a quattro insieme ai ragazzi e non solo ottenne che il falò si facesse, ma ottenne anche da Cen, allora Rais della Tonnara, il vecchio "Asino" per rendere il falò più imponente.    Ma l'avventura non era finita.   La barca fu issata sulla catasta, fu ridipinta,  le fu messo l'albero, una vela, le luci di posizione, fu insomma addobbata e rivestita come se fosse pronta per un varo,  quando improvvisamente, come può succedere qui nel nostro Golfo, si alzò una terribile libecciata che minacciò seriamente il falò e allora avvenne il miracolo: tutta la popolazione si mobilitò per riempire sacchi di sabbia e pietre accatastandole alla base del falò per contendere al mare  quello che ormai riteneva suo di diritto.   Calmatasi la libecciata, la mattina dopo uno strano spettacolo si presentò ai primi che accorsero sulla spiaggia :    tutto intorno alla catasta di legna si era formato un solco, il mare era stato fermato dai sacchi di pietre e sabbia e l'asino troneggiava sulla catasta di legna come l'arca di Noé in cima all'Ararat.   Fu chiamato il Fotografo Ciotti, quello che aveva il negozio sulla Piazza della Chiesa, e tutti coloro che avevano partecipato all'impresa si fecero fotografare con orgoglio davanti all'Asino che troneggiava in cima alla catasta, salvo.   Quella sera la festa ebbe luogo e si diede fuoco al falò.   L'"asino" se ne andò scoppiettando tra le fiamme, in uno sfolgorio di scintille, rendendo felici tutti quelli che assistevano, così la sua fine non fu affatto ingloriosa  anzi,  sembrava una di quelle navi Vikinghe che i guerrieri di quel popolo davano alle fiamme quando un loro eroe moriva, per onorarlo.   Così da quell'anno i ragazzi addetti al falò non si limitarono più ad accatastare legname, ma con il materiale che recuperavano iniziarono a costruire delle strutture, una volta era l'Abbazia di San Fruttuoso, un'altra volta una fontana o un veliero secondo quello che la fantasia suggeriva.  

Così, in qualche modo, la tradizione dei falò decorati che si accendono la sera del secondo sabato di Maggio in onore  del Patrono dei Pescatori, è anche legato alla tonnara.

 

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