ERNANI NEL SEMINARIO
"Tutto
è relativo!” avrebbe detto Einstein.
Mentre Ernani Capone raccontava
la sua storia, mi pareva di rivivere, con dovute proporzioni, ameno
tre films (
nell’ordine Il Camorrista, Fuga da Alcatraz e Torna a casa Lassie)
“
Quando avevo 10 anni mia madre mi mandò a studiare nel seminario di Nola. Negli
anni immediatamente successivi alla guerra, in tanta miseria, mandare un figlio
dai preti era quasi una scelta obbligata se si voleva dare loro
un po’ di istruzione senza pagare molto.
Lasciare Torre a 10 anni ed andare in un luogo sconosciuto, lontano da
genitori ed amici
è una cosa veramente terribile. Ricordo ancora che mia madre mi fece fare
un paio di scarponcini con le “centrelle” (le bullette) da Pasquale
Capone, un
ciabattino nostro parente, che
abitava in una casetta accanto alla mia. Erano scarpe pesanti, sdrucciolevoli ed
eterne. E così, in un giorno di settembre, partendo dalla stazione di Montemiletto,
dopo cinque sei ore di treno, mi portarono a Nola.
Dopo
aver parlato con un prete, i miei genitori
mi salutarono, lasciandomi lì, solo e triste, ma non disperato, perché
non è nel mio carattere
perdermi d’animo. Sapevo
che in quell’istituto studiava anche
un mio paesano, Enzino, detto Pelle-Pelle e chiesi ad un istitutore dove
avrei potuto trovarlo. Mi dissero che
a quell’ora sicuramente stava nella sala ricreazione.
Andai e
mi trovai in uno stanzone dove c’era una grande agitazione. Vidi
una trentina di ragazzi disposti a
cerchio,
dal cui interno provenivano le grida disperate
di un bambino. Mi feci largo e vidi due ragazzi sui tredici anni che
picchiavano selvaggiamente il piccolo Pelle-Pelle. Io sono torrese e non potevo
permettere che si battesse un mio compaesano ; e poi mio padre era “Ncicchiello
ra le Jerete longhe” ( Francesco dalle dita lunghe), che aveva mani grandi
quanto racchette da tennis e riusciva a sedare le risse solo con un paio di
ceffoni. Mi lanciai sui due e bastarono un paio di calci dati alle “cannele
re li pieri” (gli stinchi) con i miei scarponi corazzati, per
vedere i due ragazzi ( napoletani)
rotolare per terra e gridare dal dolore.
Mi conquistai subito una ottima reputazione, anche se, per
mantenerla,
fui costretto nelle settimane successive, a far a botte quasi con tutti.
Divenni un capo e nessuno disturbò più né me né il mio amico .
Purtroppo Pelle-Pelle soffriva molto in quell’istituto; Per lui era
come una prigione e tutte le sere si disperava. Voleva tornare a casa,
voleva stare con sua madre. Mi dispiaceva vederlo così.
Una sera stava davvero male e decisi di dargli una mano; In cambio del
suo tubetto di dentifricio
lo aiutai a scappare e lo feci nel più classico dei modi. Legai insieme
tre lenzuola e lo calai da terzo piano fin giù nel cortile. A pensarci ora mi
vengono i brividi: avrei potuto ammazzarlo quel ragazzo. Invece Pelle-Pelle
riuscì a toccare incolume terra ed a raggiungere, dopo aver vagato
per una
notte, un suo zio ad Atripalda. Quale ragazzo, oggi, a 10 anni, avrebbe il
coraggio di fare questo?
Ma una volta
noi torresi eravamo diversi”